Lissner sovrintendente, l'ira di Valcuha: «Nuovo vertice? Lascio il teatro San Carlo»

Lissner sovrintendente, l'ira di Valcuha: «Nuovo vertice? Lascio il teatro San Carlo»
di Stefano Valanzuolo
Martedì 8 Ottobre 2019, 13:00 - Ultimo agg. 16:18
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Le notizie sono due. La prima, a stretto giro, è che sabato, al San Carlo, s'inaugura la stagione di concerti con un programmone sinfonico che mette insieme Ligeti e Mahler e riporta sul podio Juraj Valcuha. La seconda, inattesa e a medio termine, riguarda sempre il direttore musicale ed il suo rapporto con il San Carlo. «So - spiega Valcuha - che si va profilando un cambio di gestione artistica in teatro. Grazie all'impegno della direzione artistica attuale e al sostegno della sovrintendente, in questi anni abbiamo lavorato per far crescere l'orchestra e contribuire, con questo, al consolidamento della dimensione internazionale del San Carlo. Onorerò gli impegni già assunti con il teatro, ma non sono intenzionato a proseguire il rapporto di collaborazione, oltre la scadenza fissata dal contratto, laddove la dirigenza artistica non fosse più la stessa».
 
Tradotto in termini concreti: Valcuha lascerà il San Carlo tra due anni circa (settembre 2021). A meno che - siamo sempre noi a tradurre il pensiero del direttore musicale il nuovo soprintendente non riconfermasse la squadra che con Valcuha ha sin qui lavorato. Ovvero, Paolo Pinamonti e Franco Andolfi. Ma di nomi, sia chiaro, il maestro non ne fa. Neppure quello di Lissner, mai. «Non è importante per me chi sia a subentrare a Rosanna Purchia. La questione è più generale: quando si comincia un lavoro su certi presupposti, che sono anche frutto di rapporti umani, non è semplice reimpostarli su referenti diversi. Tutto qui. La nostra professione è fatta di scelte e le scelte sono regolate da tempi spesso strettissimi. È giusto prendere decisioni prima che altri decidano per te; dopo, potrebbe essere tardi».

A proposito di scelte: non si è mai pentito di avere abbracciato la causa del San Carlo?
«Assolutamente no, neanche per un istante. Sono orgoglioso dei progressi fatti con l'orchestra del teatro negli ultimi anni. Sabato affrontiamo un repertorio complesso e molto europeo. Ci arriviamo in esito ad un lavoro di avvicinamento duro e significativo, con rispetto ma senza timore reverenziale».

Se dovesse citare un aspetto particolarmente felice della collaborazione con il gruppo?
«Ho visto aumentare il senso di disciplina dei singoli e del collettivo settimana dopo settimana. E la disciplina rappresenta la base del lavoro di qualsiasi orchestra».

Sotto la sua direzione, insomma, questi musicisti sono diventati rigorosi, quasi tedeschi...
«Non saranno mai tedeschi. E aggiungo: meno male. Rispetto ad altri complessi europei, quelli italiani hanno altri pregi. Non meno rilevanti. E comunque, io ho ancora nelle orecchie il suono dell'eccellente Sesta di Mahler eseguita dall'orchestra del San Carlo. Che sarebbe un'orchestra d'opera per tradizione, ma ha imparato a fare tanto altro, e a farlo bene».

Immaginiamo che le dispiaccia tanto pensare di lasciarla...
«Calma, ci sono ancora due anni di contratto e abbiamo un mucchio di scadenze da onorare, alcune anche molto importanti. E poi, con l'orchestra della Rai di Torino, per esempio, continuo ad avere un rapporto di frequentazione non casuale, come ospite. Potrebbe succedere lo stesso, vedremo... Comunque sì, mi dispiace».

Noi ci riproviamo: sicuro che non vuole ripensarci? In fondo, il soprintendente uscente le aveva proposto un prolungamento di contratto...
«Il mio non è un capriccio, come si sarà capito. Credo che in teatro, come nella vita, sia importante dare un senso di continuità alle cose. Ognuno è libero di prendere la propria via, ma per proseguire sulla via già intrapresa vorrei poter contare sugli stessi compagni di viaggio. E mi riferisco, lo ripeto, allo staff artistico del teatro».

Dica la verità, un pizzico di amarezza c'è?
«No. È solo una questione di consapevolezza. Sono molto sereno e molto lucido. Molto concentrato sulla musica e sul lavoro da portare avanti con l'orchestra».

Certe decisioni, chiaramente, toccano la sostanza della vita teatrale. Ma non è che qualcosa nella forma, ossia nel modo in cui è stata gestita tutta la vicenda dei cambi al vertice, le abbia dato fastidio?
«Sinceramente non ho neanche fatto caso ai dettagli formali di questa storia. Vivo immerso nella musica e il mio ruolo lascia poco tempo per pensare ad altro che non sia l'offerta sinfonica e d'opera».

A proposito di opera, che ne pensa dell'idea di tenere «La traviata» come fil rouge ricorrente nella programmazione del San Carlo?
«Va bene, purché non si trascuri l'altro repertorio, meno consueto, e si cerchi di indicare nuove vie allo spettatore, oltre che assecondarne i gusti».

«Kat'a Kabanova» e «Lady Macbeth» restano spettacoli di gran pregio, protesi non a caso verso territori poco esplorati.
«Sì, infatti, penso a titoli del genere. È importante fare opere così, farle bene, e far sapere alla gente di cosa si tratti. Fidelizzare il pubblico attraverso la novità: sono felice di vedere uno spettatore che venga al San Carlo per la prima volta, ma ancora di più quando ci torna. Vuol dire che è rimasto soddisfatto da quanto ha trovato».

Cosa troveranno, allora, quelli che verranno sabato al San Carlo?
«Lontano di un autore come Ligeti che va considerato tra i giganti musicali del ventesimo secolo. E poi Das Lied von der Erde di Mahler: messi così in fila, sembrano nascere l'uno dall'altro, sull'onda dello stesso senso di smarrimento, di straniamento emotivo».

Qualche integralista classico potrà pensare: «Oddio, un altro programma complicato»...
«Ma è un programma bellissimo, che semplicemente richiede la giusta disposizione d'animo da parte di chi ascolti. Niente intellettualismi, solo grande musica. Il modo in cui Ligeti tratta gli strumenti in Lontano, con una grazia quasi cameristica e modernissima negli esiti, è straordinario. Quanto a Mahler, siamo di fronte ad un racconto senza una trama rigida, un viaggio nell'anima che termina in un clima intimo, suadente, di sospensione. Di complicato al di là del lavoro di chi esegua non c'è nulla».

Magari, sabato ad applaudirla ci sarà un nuovo soprintendente...
«Farebbe parte della vita di un teatro. L'importante è che ci siano il pubblico ed un'orchestra preparata. Oltre spero -ai miei interlocutori di sempre. Poi, si vedrà».
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