Vayer, una «madame» della danza al San Carlo

La direttrice del corpo di ballo racconta "Il lago dei cigni"

Vayer, una «madame» della danza al San Carlo
di Donatella Longobardi
Sabato 17 Dicembre 2022, 08:48
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«È un balletto difficile, ci sono passi complicati, dobbiamo mettercela tutta per un risultato di grande qualità». Clotilde Vayer arriva in sala prove, al San Carlo, con uno scialle nero sulle braccia. E, senza preamboli, chiede il massimo ai ballerini della sua compagnia, agli aggiunti e ai giovani scelti dalla scuola di danza che faranno parte del «Lago dei cigni», in scena dal 22, prima sostenuta anche dalla riconfermata partnership con La Reggia Outlet, al 30 dicembre con tre matinée in versione ridotta per le famiglie. Mercoledì 21 (ore 20), gala benefico con l'anteprima del balletto, degustazione offerta da Iginio Massari e incasso devoluto ai licei musicali di Ischia, presente il ministro della Cultura Sangiuliano. La Vayer lavora senza sosta per allestire lo spettacolo con la coreografia di Patrice Bart - già vista a dicembre scorso - che apre il cartellone della nuova stagione. Chiede al pianista di ripetere le battute, ai ragazzi di rifare qualche passo e tutti rispondono semplicemente: «Oui, madame». Parole che sembra la divertano molto.

È così, Madame Vayer?
«Lo trovo molto simpatico, ormai chiunque mi incrocia in teatro, sapendo che sono francese, mi chiama così, madame.

Sono tutti gentili, espansivi, amo la città, la gente, ormai non saprei farne a meno».

Prima di essere chiamata alla guida della compagnia dal sovrintendente Lissner conosceva Napoli?
«Ero stata qui una volta sola circa trent'anni fa. Mio marito Jonathan Darlington direttore d'orchestra, aveva un'opera al San Carlo. Passai un week end con lui...».

E poi?
«Quando ebbi la proposta restai in città tre giorni, per rendermi conto del lavoro che avrei dovuto fare. Restai affascinata dal teatro, il più bello del mondo. E dalla sfida che mi attendeva. E dissi di sì».

Ora è soddisfatta?
«All'inizio in compagnia c'erano solo una quindicina di ballerini stabili. Oggi, dopo i concorsi, ne abbiamo 40. E c'è una nuova graduatoria di aggiunti cui attingiamo in caso di produzioni importanti, come per questo Lago dei cigni».

E gli innesti cosa comportano?
«Un gran lavoro in più, anche se per motivi di budget non possiamo sforare. Ogni aggiunto ha una sua storia, viene da una parte diversa d'Italia. Con gli stabili è più semplice, sono ormai un gruppo affiatato, lavorano sempre insieme e sono cresciuti moltissimo. Però in scena devono essere tutti allo stesso livello, non si può sbagliare».

Dalla scorsa primavera sono stai nominati due primi ballerini, Luisa Ieluzzi e Alessandro Staiano, promossi sul campo. Ce ne saranno altri?
«Lo spero! Il mio obiettivo è sempre stato quello di valorizzare sopratutto le forze interne e realizzare balletti di grandi coreografi. Penso a Mats Ek, Balanchine, MacMillan, Fokine, Bournonville, un giusto mix tra classico e contemporaneo».

Qualcuno però critica l'assenza di grandi star.
«Non ho nulla contro lo star system. E certamente, in futuro, ci saranno nomi celebri. Ma il San Carlo deve brillare con le proprie stelle. In tal modo l'offerta complessiva si alza di livello. Prendiamo quello che è successo recentemente al Politeama in occasione del balletto di Forsythe».

Lo vuole raccontare?
«I primi ballerini la sera del debutto avevano il Covid. Ci fu panico, poi una mobilitazione generale. Tutti facevano a gara per dare una mano per il buon esito dello spettacolo. Ecco, questo è il modello di gruppo che intendo portare avanti».

C'è in Italia un movimento di ballerini che spingono perché i teatri lirici sostengano i corpi di ballo, cosa ne pensa?
«Più danza c'è meglio è. È terribile chiudere le compagnie. Vedo tanta voglia di balletto, il pubblico c'è. Spero che i teatri abbiano sempre i mezzi per fare danza. Ci sono tanti giovani danzatori italiani bravissimi anche a Parigi».

Lei è cresciuta alla scuola dell'Opéra, è stata prima ballerina, poi maitre de ballet, ha un'esperienza unica.
«E ora la dono ai miei danzatori. Sono affascinati dalle mie esperienze, i miei incontri».

Uno per tutti?
«Nureyev, naturalmente. Ho danzato in gran parte delle sue coreografie e nei suoi spettacoli di Nureyev e friends. Danzai con lui anche ad Amalfi, ci sono tornata recentemente per rivedere il duomo, la scalinata....

A proposito di danzatori russi. Oggi c'è chi vorrebbe cancellare la cultura russa e anche compositori come Chaikovskij, autore peraltro di questo «Lago dei cigni».
«Non entro nella polemica politica. Dico solo che non importa la nazionalità quando si parla di un genio. Questo balletto ha un valore enorme, ed è attualissimo tanto che c'è una versione per soli uomini. Anche la coreografia di Bart, del 97, è straordinariamente attuale. Il principe ha un rapporto tormentato con la madre, direi incestuoso. E c'è chi vede una passione gay per l'amico. Più di così...».

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