Juve Caserta, la favola del Sud ​che vince approda in televisione

Lo scudetto del '91 va in prima serata con "Scugnizzi per sempre"

Lo scudetto della Juve Caserta
Lo scudetto della Juve Caserta
di Stefano Prestisimone
Venerdì 18 Agosto 2023, 11:00 - Ultimo agg. 19 Agosto, 07:40
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Quei cento giorni senza pause, lavorando anche di notte alla luce delle fotoelettriche, parevano una follia. A Pezza delle Noci, quando calava la sera, il rumore delle foglie delle piantagioni di tabacco faceva compagnia allo squadrone di operai. Costruire dal nulla un palasport da 7mila posti a sedere, con palestrina di allenamenti annessa, uffici stupendi, corridoio di trofei, sala pesi, in poco più di 3 mesi? Impossibile. Non ci era mai riuscito nessuno. E nessuno aveva neppure osato pensarci. Ma l'imprenditore Giovanni Maggiò, presidente illuminato della Juve Caserta, non la pensava così. C'era bisogno di un nuovo impianto, il vecchio palasport non era più idoneo e mancava poco all'inizio del campionato di A2.

Quel miracolo datato 1982 è stato uno dei punti di svolta della dinastia in bianco e nero che 6 anni dopo portò alla vittoria in Coppa Italia e nove anni dopo allo scudetto. E che ora ha ispirato la docuserie "Scugnizzi per sempre". «Senza mio padre tutto ciò non sarebbe accaduto. Senza la lucida follia di costruire in 100 giorni quell'impianto incredibile, oggi non ci sarebbe questo docufilm sostiene il figlio, Gianfranco Maggiò -, la nostra fu la vittoria di Caserta, della Campania, del Sud, spezzando un'egemonia.

E quel giorno del maggio 91 a Milano, in quel palasport, sentii la sua presenza». Quell'epopea aveva radici profonde.

La creazione del club negli anni '50 con la famiglia Piccolo a far da traino, quel morbo benefico della pallacanestro che aveva contagiato tanti giovani, poi l'avvento decisivo di Giovanni Maggiò. Alla fine degli anni '70 il basket sgomitava per provare a sorpassare la Casertana del bomber Fazzi, la nidiata di baby cestisti cresceva: i fratelli Donadoni, Tartaglione, Di Lella, Simeoli, e tra i più piccoli sgambettavano i fenomeni Gentile e Esposito. Quindi l'arrivo del gm Giancarlo Sarti, che ingaggiò Tanjevic, Slavnic e Oscar. Poi, qualche anno dopo, il coraggio di lanciare in panchina un giovane casertano, Franco Marcelletti. Quando Gianfranco subentrò al patron scomparso, Caserta aveva già fatto un gran bel percorso. Nel curriculum due finali scudetto prima della pazzesca finale di Coppa Coppe persa contro il Real di Drazen Petrovic. Alla vigilia della stagione 90-91 la svolta definitiva: il club, su suggerimento del coach, completò il capolavoro con l'arrivo di Shackleford e Frank e la scelta impopolare di metter fuori Oscar. E fu scudetto.

Ora quella generazione di talenti, quei super coach, quei dirigenti illuminati, finiscono al centro di questo prodotto tv da prima serata Rai. Non è un'operazione nostalgia, è un omaggio alla storia. Oggi che il Sud viaggia a testa altissima nello sport è fondamentale guardarsi dietro. Una piccola cittadina campana che abbatte le metropoli con i suoi ragazzi. Il riscatto, l'orgoglio. Una scugnizzeria' casertana capitanata da Marcelletti e formata da Gentile, Esposito, Donadoni, (e Longobardi, Tufano, Fazzi, Vitiello, Acunzo) che con Dell'Agnello (30 punti in gara 5), Shackleford e Frank strappa lo scudetto alla Philips nel suo tempio milanese. E c'è tutto questo nel lavoro del regista Gianni Costantino, degli autori Sante Roperto e Vincenzo Cascone, dei produttori Attilio De Razza e Nicola Picone.

Oggi il pensiero va anche a chi non c'è più, a Giovanni e Ornella Maggiò, a Giancarlo Sarti, a Mimmo Mingione, la voce delle partite. «Nemmeno il più bravo degli sceneggiatori avrebbe potuto scrivere questa storia sottolinea coach Marcelletti -, vincere lo scudetto in gara 5 a Milano, dopo che ci avevano battuto nelle finali precedenti, spezzando una serie di 22 vittorie consecutive in casa e con l'infortunio di Esposito nell'ultima gara». Sergio Donadoni era lo scugnizzo capostipite, «soprattutto perché avevo 35 anni precisa sorridendo -. Ma chiudere la carriera in quel modo è stato il coronamento di un sogno». Il finale tocca al Diablo' casertano, Enzino Esposito, che oggi vive alle Canarie ed è istruttore capo alla Joel Freeman Academy: «Una serie incredibile di incastri, tutto alla fine combaciò perfettamente. E la nostra truppa di ragazzi casertani entrò nella storia per non uscirne più».
 

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