Urla nel silenzio fatali a Gasperini:
a porte chiuse è calcio senza filtro

Gian Piero Gasperini
Gian Piero Gasperini
di Romolo Buffoni
Martedì 23 Giugno 2020, 07:30 - Ultimo agg. 14:57
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Gian Piero Gasperini è stato squalificato per un turno e non potrà sedersi in panchina per il big-match di domani sera contro la Lazio. Al tecnico dell’Atalanta è stata fatale una frase di troppo rivolta agli arbitri, uno scatto di nervosismo nonostante il 4-0 con il quale la sua macchina da guerra nerazzurra stava travolgendo il Sassuolo (alla fine battuto 4-1). In tempi pre-Covid ci saremmo scervellati per capire cosa aveva detto il tecnico per meritarsi il rosso di Chiffi. Stavolta il lavoro è facile, perché con lo stadio senza pubblico si odono anche i sospiri e tutti abbiamo sentito il «ma lasciatelo arbitrare!», rivolto non al direttore di gara ma ai suoi collaboratori al Var (Abisso e Tolfo) che, secondo il tecnico dei bergamaschi, avevano chiesto troppo spesso Chiffi a riconsiderare le sue decisioni (on-field review in un silenzio spettrale anti-calcio, anti-televisivo, anti-tutto).

Gasperini contro la Lazio potrà andare in tribuna (nella Zona 2 secondo il Protocollo sanitario), ma non potrà fare coaching cioè urlare ordini ai giocatori o ai suoi collaboratori. Lo vieta il regolamento che, all’articolo 21 sulla “Esecuzione della sanzione della squalifica di calciatori e tecnici”, al comma 9 recita «Ai tecnici nei cui confronti è stata inflitta la sanzione della squalifica (...) sono preclusi, in occasione delle gare, la direzione con ogni mezzo della squadra, l’assistenza alla stessa in campo e negli spogliatoi nonché l’accesso all’interno del recinto di gioco e degli spogliatoi». Toccherà al suo vice Tullio Gritti (ex bomber anni 80 di Brescia, Torino e Verona) fronteggiare le mosse della Lazio di Simone Inzaghi, a meno che Gasperini non voglia ricorrere ad escamotage vietati quanto diffusi. Il più banale resta quello di dare indicazioni via cellulare (meglio con WhatsApp o sms per non farsi scoprire), ma la letteratura calcistica offre scappatoie “geniali”. Il più originale è stato Josè Mourinho: nel 2005 prima di un Chelsea-Bayern si introdusse negli spogliatoi nascosto nel cesto degli indumenti dei giocatori (imitato da Walter Novellino da allenatore del Torino, pizzicato venne multato di 10mila euro). Ma sempre lo Special One ai tempi del Real restò, squalificato e invisibile, nell’albergo di Zagabria a vedere la partita contro la Dinamo dalla tv, contattando la sua panchina via telefono e ipad. Chissà Gasperini cosa deciderà di fare. Certo che per un tecnico focoso come lui è difficile restarsene zitto in tribuna e le sue urla finirebbero per sentirle tutti nel vuoto del Gewiss Stadium.

Perché, a meno che non si ricorra al “virtual audio” ideato da Sky che offre rumore di tifo in sottofondo, dal campo arriva ogni cosa. Dal «dai, è la vita!», urlato da Antonio Conte all’Inter che stava soffrendo il tentativo di rimonta della Samp. Al lamento «è sempre la solita storia!», del tecnico dei blucerchiati Claudio Ranieri per un fallo non concesso dall’arbitro Mariani (evidentemente meno permaloso di Chiffi). Cambiando canale e campionato la “musica” è la stessa e si può udire Carlo Ancelotti, in piedi davanti alla panchina del suo Everton, chiedere a un suo giocatore di mettere bene la palla in area: «Good delivery!». Certo, c’è il rischio che nei microfoni entrino brutte imprecazioni, nel qual caso è auspicabile che i tanti giocatori stranieri si esprimano nel loro idioma, come lo scambio da censura in argentino stretto tra Gaston Ramirez e Lautaro Martinez con protagoniste le rispettive madri. Speriamo che i tifosi possano tornare presto allo stadio.
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