Lazio, il compagno Sarri
e i saluti romani degli ultrà

Lazio, il compagno Sarri e i saluti romani degli ultrà
di Pino Taormina
Giovedì 10 Giugno 2021, 08:15
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Andò alla Juventus e tutti a dolersi: «Ma come, un tifoso del Napoli, il nostro comandante, che voleva prendere il palazzo...». E vabbè. Ora va alla Lazio e tornano ancora tutti a darsi di gomito, a sorridere. «Ma come, il comunista che va allenare la squadra dove il simbolo degli ultrà della Curva è un centurione che fa il saluto romano?».

Per Maurizio Sarri sembra quasi una maledizione. Qualsiasi cosa faccia, c'è sempre qualcuno pronto a schernirlo. Come se lui che nel 2015 senza remore ammise che avrebbe votato per Landini, allora segretario generale della Fiom, ogni volta, debba essere obbligato a dover dare delle spiegazioni differenti rispetto alla semplice scelta sportiva. Sarri va alla Lazio: ieri la fumata bianca, è ufficiale, con la firma per due anni (tre milioni a stagione) e lascia a Lotito l'opzione per un terzo anno. Avrebbe preferito tornare in Premier ma si è reso conto che non c'erano offerte ed era inutile aspettare. L'ultima panchina di serie A rimasta vuota tra le big era quella della Lazio: ha accettato, dopo aver parlato della rosa e dei rinforzi, dello staff da portare con sé e di come rendere i biancocelesti ancora più forti, non certo di politica, svastica, del nonno Goffredo partigiano in Valdarno, del padre operaio dell'Italsider di Bagnoli o degli adesivi di Anna Frank con la maglia della Roma. Che volete che gliene importi a Maurizio Sarri che quando allena, pensa solo a quello e a null'altro e lascia tutto fuori. Lotito lo sa bene che passa da un allenatore in giacca e cravatta a uno che la giacca e la cravatta in campo non la mette mai. E chissà se il suo amico De Laurentiis glielo avrà ricordato.

Però, si dice, che proprio per il suo essere comunista (e per il fatto di indossare la tuta) che Adriano Galliani non ebbe il coraggio di convincere Berlusconi a ingaggiarlo al Milan. Una bella fortuna per De Laurentiis che pochi giorni dopo iniziò con lui un triennio da «grande bellezza». Il patron del Napoli lo ammise, poi: «Mi piaceva da morire il fatto che fosse comunista». Poi, però, il piacere venne meno. «Era uno strano comunista, pensava solo a chiedermi l'aumento dello stipendio», ammise quando andò via. Sarri è uno che non si tira mai indietro. La notte della polemica con Mancini provò a gettare acqua sul fuoco, proprio con l'aiuto della politica. E fece persino peggio: «Lo avrei potuto offendere anche dicendogli che è un democristiano». E gli eredi della Balena Bianca non la presero bene e minacciarono la denuncia.

È una curva nera quella della Lazio e spesso l'estrema destra fascista e razzista si impasta con il calcio nel corso delle partite.

Sarri siederà sulla panchina di quella squadra senza pensare a nulla se non al calcio, a come portare in alto la Lazio. Non gliene importa nulla di tutto il resto. Anche delle polemiche delle radio romane che cominciano a mostrare dei malumore per la scelta di Lotito. D'altronde Lotito va in giro con la scorta proprio perché colpevole di aver chiuso i rubinetti a quelli della Curva Nord che lo infangano con cori: infame, burattino. La Nord laziale è quella dello striscione Onore alla Tigre Arkan esposto nel 2000 in omaggio del leader paramilitare nazionalsocialista serbo Zeljko Raznatovic, scomparso pochi giorni prima. Sarri va avanti per la sua strada. Sarri sa cosa lo aspetta. Ma anche ai tifosi della Lazio sanno bene cosa li aspetta: due anni di spettacolo e di gol. Il sarrismo approda nella capitale. E c'è solo da far festa tra gli ultrà.

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