Morto Antonio Juliano: addio alla bandiera del Napoli e storico dirigente di Maradona e Krol

Il grande ex centrocampista è scomparso a 80 anni

Antonio Juliano nel Napoli
Antonio Juliano nel Napoli
Mercoledì 13 Dicembre 2023, 09:47 - Ultimo agg. 23:09
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Napoli piange Antonio Juliano, il grande ex centrocampista azzurro, capitano e dirigente è morto oggi all'età di 80 anni. Era ricoverato in ospedale e stava affrontando una malattia. 

Un simbolo, una bandiera della squadra azzurra, lui che era nato a Napoli il 26 dicembre 1942.

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Militò dal nel Napoli dal 1961 al 1978 per 17 stagioni, di cui 12 da capitano, e rimanendo a lungo il calciatore azzurro con più presenze in tutte le competizioni; con i partenopei ha vinto due Coppe Italia (1961-62 e 1975-76), una Coppa delle Alpi (1966) e una Coppa di Lega Italo-Inglese (1976).

Gloria anche con la Nazionale: si laureò campione d'Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970.

Importantissimo nella storia del Napoli anche come dirigente: curò l'acquisto di Ruud Krol e la sessione di mercato che nel 1984 portò all'ingaggio, dal Barcellona, di Diego Armando Maradona.

Dopo il ritiro è stato anche opinionista in tv per molti anni.

I funerali si svolgeranno giovedì 14 dicembre ore 12 Chiesa San Giuseppe via Riviera di Chiaia 109.

Il Consiglio comunale di Napoli ha osservato un minuto di silenzio per onorare Juliano. La richiesta è stata avanzata dal consigliere del M5s ed ex assessore allo Sport della giunta de Magistris, Ciro Borriello.

Il sindaco Gaetano Manfredi e l'Amministrazione comunale «esprimono il cordoglio della città di Napoli per la scomparsa di Antonio Juliano, straordinario e storico giocatore del Napoli che si è spento oggi». «Juliano - si legge in una nota - ha rappresentato il simbolo di una lunga stagione calcistica ancora viva nel ricordo dei napoletani, contrassegnata dai suoi successi in campo, da capitano, e dalle formidabili intuizioni che ebbe poi da dirigente, artefice tra l'altro della trattativa che portò Maradona a Napoli.

Ha mantenuto, con i tifosi e con la sua città, un legame indissolubile anche dopo aver smesso di giocare ed essere dirigente del Napoli. Merita di essere ricordato dalla città nella maniera migliore». 

«La FIGC e il presidente Gabriele Gravina si uniscono al cordoglio per la scomparsa di Antonio Juliano, all'età di 80 anni - si legge in una nota. - Juliano, nella sua carriera di calciatore, ha scritto la storia del Napoli, vestendone la maglia per 17 stagioni (dal 1961 al 1978) e lavorando nel club anche come dirigente, dopo aver chiuso con il Bologna. Ma è stato anche tra i protagonisti del titolo Europeo della Nazionale nel 1968. 'Totonno' Juliano fu schierato titolare dal Ct Ferruccio Valcareggi nella prima delle due finali contro la Jugoslavia, quella dell'8 giugno 1968 che finì in parità e portò alla ripetizione della partita, due giorni dopo; due anni dopo sarebbe stato tra i convocati per il Mondiale del 1970, chiuso dall'Italia al secondo posto dopo la sconfitta in finale contro il Brasile, in cui Juliano entrò a 15' dalla fine. Fece poi parte della spedizione anche per il Mondiale del 1974, senza però mai scendere in campo. "Se ne va uno dei protagonisti di una delle pagine più gloriose del calcio italiano - le parole del presidente federale Gabriele Gravina -. Campione d'Europa, vicecampione del mondo, giocatore di qualità e fantasia al servizio del suo club e della Nazionale, a Napoli ha rappresentato un'istituzione prima da calciatore poi da dirigente". Per ricordare Juliano, su tutti i campi prima delle gare del weekend (compresi i posticipi di lunedì) sarà osservato un minuto di raccoglimento».

«Io e Antonio abbiamo cominciato a giocare insieme fin dalle giovanili, lui nel quartiere di San Giovanni e io al Vasto. Poi ad unirci ancora di più è stata la maglia del Napoli». Vincenzo Montefusco ricorda con tristezza Antonio Juliano, nel giorno dell'addio a quello che è stato un compagno di squadra, certo, ma soprattutto un amico. «Negli ultimi tempi - spiega all'ANSA - gli mandavo i miei saluti tramite la famiglia, ma ultimamente mi dicevano che non riusciva a capire i messaggi. È un grande dolore, per me e per tutta la città». Montefusco, anche lui centrocampista e quindi compagno di reparto di Juliano, lo ricorda in campo per il suo gioco e anche per il carattere: «Arrivammo da giovani nel Napoli, io debuttai in serie A una settimana prima di lui. Poi siamo stati insieme tanti anni e io ancora oggi lo cito come esempio nello spogliatoio, per il carattere che lo portava a saper prendere in mano una squadra di così grande livello. C'erano Sivori, Altafini, Cané e tanti altri campioni, ma lui, con il suo sguardo, sia in campo che nello spogliatoio, sapeva come spingere i compagni a dare il massimo, a giocare in un certo modo, anche in partite da rimontare. L'ho sempre ammirato per il carattere, oltre che per le doti da giocatore». Montefusco ricorda che quel Napoli era il club dell'imprenditore Achille Lauro, uomo difficile a cui tenere testa: « Juliano era il capitano, parlava con l'arbitro, con noi, con l'allenatore, ma erano gli anni in cui Lauro entrava spesso negli spogliatoi a parlare con la squadra, anche per contestarla, e Juliano aveva 'le pallè per rispondergli a nome del team. In quei tempi noi calciatori eravamo un pò come studenti a scuola, non come quelli di adesso. Ma quello fu un grande Napoli e lui dava l'esempio da combattente». Montefusco ricorda anche Juliano tra i protagonisti della nazionale campione d'Europa e vicecampione del mondo dietro al Brasile di Pelè («Anche io la desideravo quella maglia dell'Italia, ero anche considerato molto da Valcareggi, ma quando si faceva la lista finale dei convocati per i grandi tornei non c'ero mai»). «Era una nazionale di grande livello - racconta - oltre a Juliano parliamo di Rivera, Mazzola, Bulgarelli. Mi ricordo che il ct mi fece giocare nel match della Nazionale B contro l'Inghilterra, Juliano mi diceva che gli dispiaceva che non c'ero, ma entrambi sapevamo che per un napoletano di allora era difficle andare in nazionale e che lui aveva un livello altissimo, era l'uomo per giocare con i grandi come Bulgarelli e Rivera, appunto. Abbiamo poi lavorato insieme anche in anni difficili per il Napoli, che retrocedeva, io sono stato allenatore e lui era dirigente, lo portai in panchina con me per lottare insieme ancora una volta. Oggi è un grande dolore». 

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