Gattuso, se uno nasce quadrato...
le frasi cult dal Kuwait al veleno

Gattuso, se uno nasce quadrato... le frasi cult dal Kuwait al veleno
Lunedì 1 Febbraio 2021, 21:03
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Semplice ma mai banale. Sono anni che le parole di Gennaro Gattuso sono ormai un must. E questo anno napoletano non ha fatto eccezione, soprattutto gli ultimi giorni. Le più importanti, moralmente parlando, arrivano dopo il pari in extremis con il Torino, il 23 dicembre. Gattuso è in panchina, sofferente per la miastenia oculare. Non parla della partita. 

«Voglio fare un appello a tutti quei ragazzini che non si vedono belli: la vita è bella e bisogna affrontarla senza paura, non bisogna nascondersi».

Un problema, quello della miastenia, di cui l'ex centrocampista rossonero ritorna qualche giorno dopo, il 13 gennaio, dopo la gara di Coppa Italia con l'Empoli, lamentandosi - a giusta ragione - delle voci sorte sul web intorno a lui, sul fatto che, proprio a causa di questa malattia, avrebbe dovuto abbandonare le panchine. Parole che lo ferirono.  

«Miastenia? Grazie al cortisone sto molto meglio. Ho sentito dire che non avrei più potuto allenare, in realtà ne soffro da dieci anni e questa è la mia terza ricaduta. Posso tranquillamente continuare a lavorare, c’è sicuramente di peggio e io sto bene».

Parole, quelle sul suo problema, che hanno dato la stura. Da un uomo così, che spesso va oltre le righe, in maniera diretta e franca, non ci si poteva aspettare una reazione debole rispetto al rapporto con un altro carattere forte come quello di Aurelio De Laurentiis. In altre parole è uno che non le manda a dire. Sempre con educazione, senza trascendere, ma anche con zero giri di parole. Diritto al contrasto, com'era sua abitudine da giocatore. E una prima avvisaglia si è vista la settimana scorsa dopo la vittoria in Coppa Italia con lo Spezia. 

«Sono un uomo cazzuto, mi sono conquistato tutto da solo e soprattutto non ho alcuna intenzione di dimettermi, perché dovrei farlo? Per quanto mi riguarda posso anche andare ad allenare in Kuwait… se mi girano. Non ho capito perché sento dire da molti che mi devo dimettere. Io non mi dimetto, sto qui e faccio il mio lavoro. Sto buttando il sangue e credo di star facendo bene poi se i risultati del campo non saranno soddisfacenti mi giudicherà la proprietà».

«Accetto le critiche e so benissimo che noi allenatori siamo in discussione sempre ma questo che c'entra? Sistematicamente si chiedono le mie dimissioni e non vedo il motivo. Perché nessuno dice che è la mia quarta semifinale consecutiva in Coppa Italia. Nessuno dice che abbiamo tante assenze. Siamo una squadra forte a cui mancano due giocatori in attacco. Voglio vedere cosa sarebbe l'Inter senza i suoi giocatori forti là davanti come Lukaku».

Un'escalation, visto che qualche giorno prima, il 10 gennaio, dopo la vittoria in extremis sull'Udinese, Gattuso inizia a mostrare un po' di insofferenza ambientale, anzi per essere più precisi, verso certi ambienti.

«I giovani devono smanettare meno sui cellulari, si va troppo sul telefonino. Giocare in una piazza come Napoli è difficile, se mettiamo le energie sul campo anzichè le stronzate che si dicono forse possiamo migliorare».

Le «stronzate» erano appunto quelle che uscivano su social e siti web napoletani, ma non solo. Domenica scorsa, dopo la vittoria con il Parma, Gattuso ha messo il carico da novanta, lasciando intendere che il presidente De Laurentiis aveva contattato altri allenatori.

Cose che magari erano anche già accadute in passato - e che accadono anche in tante altre società - ma Gattuso non ci è passato sopra. Gli addii dei suoi successori, Sarri e Ancelotti, ma anche quello dello stesso Benitez, sono stati tumultuosi proprio per il rapporto con il presidente. Ma nessuno dei tre alla fine è stato chiaro come invece ha fatto Rino. Dritto al bersaglio.  

«Mi sento a mio agio quando sono a Castel Volturno con i miei giocatori, non mi sento a mio agio con quello che sta succedendo qua negli ultimi giorni. Credo fortemente nelle emozioni e in quello che faccio ma da un po' l'aria che respira non mi piace. Il rapporto con il presidente è sempre stato buono, non posso negare che dopo gli ultimi 15-20 giorni da parte mia un po' di delusione per tutto quello che è successo c'è. Ho però grandissimo rispetto, non mi ha fatto mai mancare nulla, mi ha dato la possibilità di allenare una squadra forte e appena gli ho chiesto un giocatore (Bakayoko, ndr) me l'ha comprato. Delusione perché penso siano stati contattati altri allenatori? Credo solo che la situazione sia stata gestita male, dico solo questo. Io sono una persona corretta, tante squadre mi hanno chiamato ma non ho parlato con nessuno. Se avessi avuto percezione che la squadra non ci seguiva, era meglio andare a casa. Voglio fare il mio lavoro come so».

«Io posso firmare anche per 5-10 anni ma sono legato alle emozioni e non ai contratti. Voglio fare il mio lavoro come lo so fare. Qui sto prendendo schiaffi a destra e a manca tutti i giorni, sembra che siamo penultimi in classifica. Alla fine si smanetta sul web e si legge tanto, ai giocatori qualcosa in testa rimane. Io non leggo nulla perché non voglio farmi del male da solo. Io devo lavorare, poi magari perdo due partite e sono di nuovo in discussione. Però credo non si possa lavorare così. Questa tarantella è cominciata da un mese a questa parte, sento dire che sono un maleducato, che non sto bene e non posso più allenare. Magari possono dire che sono incapace, lo accetto, ma ciò che sta succedendo qua è una roba nuova. Se qualche tifoso da tastiera, visto il lockdown, inizia a scrivere non è un mio problema. Delle parole pesanti le ho però ricevute da gente che lavora da tanti anni qua, sono offese gratuite e questo non posso accettarlo».

E poi alcuni dei suoi cavalli da battaglia. «Stare sul pezzo» e «annusare il pericolo». Li tira fuori dopo l'incredibile sconfitta con lo Spezia, quella dei quasi 30 tiri in porta e un solo gol, e una rimonta subita in superiorità numerica. 

«Questa squadra deve stare sul pezzo e annusare prima il pericolo. Sotto porta serve cattiveria, per la prima volta ho visto tante palle in area senza veemenza. Forse sbaglio io che non riesco a far capire ai ragazzi con quale veemenza bisogna andare a concludere».

Ma anche dopo la sconfitta di Verona, maturata dopo una rimonta avversaria, quando parla del veleno, altra sua parola chiave. 

«Parliamo sempre di veleno, ma non è che vai al supermercato e ne compri qualche chilo. Il veleno è una parola complessa, non è che lo metti nei giocatori solo a nominarlo».  

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