Lobotka, nel Napoli ecco la chiesa al centro del villaggio

Lo slovacco è tornato a essere decisivo

Lobotka contro la Salernitana
Lobotka contro la Salernitana
di Bruno Majorano
Lunedì 6 Novembre 2023, 08:31 - Ultimo agg. 7 Novembre, 09:30
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Cose che piacciono a Garcia: rimettere la chiesa al centro del villaggio. A Roma - durante la sua avventura in giallorosso - era diventato il suo slogan, e a Napoli ancora non era riuscito a compiere il suo destino. Detto, fatto. Perché contro la Salernitana si è rivista (finalmente) la centralità di Stanislav Lobotka. Lo slovacco ha rappresentato il faro del centrocampo del napoli spallettiano, di quella squadra tremendamente bella e vincente. E Lobotka era l'uomo addetto ad accendere il tasto «on» al frullatore nel quale finivano sistematicamente triturati (e travolti) i malcapitati avversari di turno. Uno, due, massimo tre tocchi e via. Ecco Lobo, l'uomo ovunque e comunque decisivo. Con lui Garcia ha rimesso la chiesa al centro del villaggio.

Perché quando gira lo slovacco, il Napoli diventa un luna park. È lui a far girare la ruota - e la palla - e in quel caso non c'è bisogno di affidarsi alla fortuna. Perché quando il gioco passa dai piedi di Lobokta è quasi sempre una sentenza: palla al compagno meglio piazzato e quasi certamente un pericolo per gli avversari. Nel centrocampo del Napoli alza e abbassa le marce a proprio piacimento e dall'andamento di Lobo dipende quello di tutta la squadra. Contro la Salernitana si è rivisto quel piccolo genietto dal baricentro basso e un tasso di qualità altissimo. Si muove poco, ma quel tanto che basta per mandare fuori strada chiunque sia sulle sue tracce. Non cammina, ciondola. E quel ciondolare diventa letale per gli avversari, sistematicamente stupiti e spiazzati dalle sue scelte così imprevedibili e visionarie. Il metronomo che detta i tempi, il direttore d'orchestra che sa quando arriva il momendo di accendere le partite. Non avrà lo sprint di Osimhen o il dribbling di Kvara, ma pure Lobo ha i suoi colpi per prendersi la scena.

Gesti semplici, talmente tanto da finire per sembrare quasi scontati. E allora abbassi la guardia, magari ti distrai per due minuti e lui ne approfitta per infilarti. Senza pietà.

Contro la Salernitana ha messo a referto il primo assist della sua stagione: una stoccata praticamente perfetta per aprire in due la difesa di Inzaghi e innescare l'impeccabile Raspadori a due passi da Ochoa. Ma l'ultimo passaggio non è esattamente il suo marchio di fabrica (lo scorso anno ha confezionato un solo assist in tutto il campionato), perché il suo è un lavoro sporco. Che all'inizio rischia anche di restare in ombra, per poi emergere sotto l'occhio clinico dei più attenti. Lavora per i compagni, con una serie di movimenti e contromovimenti decisivi. È il primo ad andare verso il centrale difensivo per il primo possesso di palla, la riceve dando le spalle al resto del campo, ma in un fazzoletto si gira e guarda avanti. Difficile, se non impossibile, vederlo a testa bassa, tanto è vero che a volte sorge il dubbio sul come faccia a sapere dove sia il pallone. Gioca sempre con gli occhi rivolti al campo, ai compagni, all'infinito. Perché quello è il suo compito. Ci manca solo che a un tratto si porti anche la mano sulla fronte, a voler scrutare l'orizzonte. Ma d'altra parte lui sa già cosa sta succedendo a distanza di metri e metri dalla sua zona di campo.

Quando stoppa il pallone sa già cosa farne e dove recapitarlo. Quasi sempre sui piedi giusti e con i giri giusti. Per il sommo piacere dei compagni, che infatti si affidano alle sue geometrie e alle sue invenzioni con totale senso di fiducia. Ora che c'è di nuovo lui nel cuore del gioco del Napoli, l'impressione è che tutti possano dormire sonni più tranquilli. Il queste prime giornate, con Lobotka a mezzo servizio, il Napoli sembrava viaggiasse a vista, senza una rotta ben precisa da seguire. Ma ora no, ora che la chiesa è tornata al centro del villaggio, il popolo azzurro può tornare a sognare in grande.
 

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