«Non sapevo quanto sarebbe stato difficile andare via», dice chiamandoci concittadini: sapessi per noi, quanto è duro lasciarti andare. Sapessi, Dries, o meglio Ciro, quanto è faticoso persino staccarci da questo tuo video bellissimo e triste che continuiamo a guardare in loop, ogni volta cedendo un altro po' alla commozione. Tanti, troppi lunghissimi giorni di silenzio, e adesso eccoti qui, a lacerare con quel tuo italiano incerto e la studiatissima, eppure a suo modo spontanea scena in bianco e nero ogni nostra residua, folle speranza di un colpo di scena in extremis. Non doveva andare così, e adesso che è davvero finita quello che fa più male è il dubbio, impossibile da cancellare, che ci sia stato qualcuno che non ha fatto tutto, ma proprio tutto ciò che poteva essere fatto perchè questo giorno non arrivasse; perchè non si spezzasse così brutalmente questo rapporto magico, questo legame così unico e irripetibile tra la città e il calciatore che più di tutti - secondo solo a Maradona - ha saputo interpretarne lo spirito fino a diventare sua bandiera. Non lo sapremo mai, non da lui che fino all'ultimo ha scelto di non dire una sola parola che suonasse polemica. Potete chiamarlo ruffiano quanto volete, anche per questo, o per la sua scelta di dare al figlio il suo nome napoletano, e persino per aver voluto tenere con sé il bimbo nel messaggio d'addio che da mercoledì sera e nei secoli dei secoli resterà custodito in decine di migliaia di telefonini: ammesso e non concesso, non è in fondo la ruffianeria, l'attitudine alla scaltrezza, a una certa disinvolta piaggeria, una caratteristica tutta napoletana? E non è stato incredibilmente, carnalmente napoletano ogni sorriso, ogni sberleffo, l'intero catalogo di allegre trovate e curiose invenzioni che in questi nove lunghi velocissimi anni hanno accompagnato, dentro e fuori dal campo, le gesta del ragazzo che credevamo folletto e invece era scugnizzo?
Quanto ci siamo divertiti, dice ancora Dries, o meglio Ciro, e anche questo è verissimo, ci siamo divertiti un sacco anche se poi non abbiamo vinto quasi niente, ma ci siamo divertiti perché il calcio è emozione, è passione, non solo calcolo, catenaccio e contropiede, e con lui in campo l'emozione era garantita, tanto che oggi non sappiamo proprio come faremo a guardare le partite del nuovo Napoli, chissà se ci sarà qualcuno capace di farci di nuovo appassionare, di non farci sospirare di insofferenza e nostalgia. E tuttavia è proprio per questo, perché Dries-Ciro di emozioni ce ne ha regalate tantissime, almeno per 148 volte, ma in realtà per ogni pallone che gli capitava di toccare, che pian piano accetteremo l'idea che se ne sia andato altrove, a trovare quel che cerca e merita - che siano più soldi o un posto da titolare o tutti e due - e che noi non gli abbiamo saputo dare. Lui, che non c'è stata volta che non si sia fatto trovare pronto.
Ciao Dries anzi Ciro, grazie anche per queste lacrime, grazie per averci ricordato che i gol si fanno con i piedi, con la testa, con la fantasia. Ma anche con l'anima.