Napoli, Milan e Inter ai raggi X:
lo scudetto è una poltrona per tre

Napoli, Milan e Inter ai raggi X: lo scudetto è una poltrona per tre
di Bruno Majorano
Mercoledì 3 Novembre 2021, 07:21 - Ultimo agg. 19:01
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Dopo il pareggio dello scorso 23 maggio contro il Verona, nessuno avrebbe scommesso un solo euro su una partenza a razzo del Napoli. Nessuno tranne Luciano Spalletti che ha rimesso insieme le ceneri di una squadra sfaldata e destabilizzata dalla mancata qualificazione in Champions, ha aggiungo il fisico e i polmoni di Zambo Anguissa e ha costruito una macchina praticamente perfetta.

Il Napoli delle prime 11 partite è stato uno schiacciasassi. Imbattuto in campionato, ha conquistato 10 vittorie e un pareggio: ruolino che gli ha consentito di trovarsi al primo posto (seppur in condominio con il Milan). La squadra viaggia su giri altissimi grazie alla spina dorsale tutta africana. Al netto dell'espulsione nel derby, Koulibaly ha alzato il muro difensivo, Anguissa ha aggiunto muscoli al centrocampo e Osimhen è diventata la freccia perfetta nell'arco di Spalletti per infilare le retroguardie avversarie. L'incognita Coppa d'Africa che si giocherà a gennaio è sicuramente da prendere in considerazione, ma fino a quel momento i tre giocatori del Napoli rappresentano il punto fermissimo dell'organizzazione azzurra. A questo si aggiunga l'impatto di Rrahmani al fianco di Koulibaly, visto che con soli tre gol incassati, quella del Napoli è la difesa meno battuta del campionato.

Tutte le rose hanno una spina e quella del Napoli si chiama Lorenzo Insigne: perché al momento tutto tace dal punto di vista delle novità contrattuali. Il suo accordo con il club azzurro scadrà a giugno prossimo e già da gennaio il capitano potrebbe accordarsi a parametro zero con un'altra squadra. Lorenzo continua a dire di avere la testa solo sul campo, ma da qui alla fine della stagione, eventuali mal di pancia potrebbero rivelarsi pericolosi per la gestione del calciatore e della squadra. 

 

Il Milan di Pioli 

Un anno fa Zlatan Ibrahimovic e Stefano Pioli hanno preso un Milan allo sbando e lo hanno reso squadra. Uno in campo, l'altro in panchina hanno fatto la loro parte, con la certezza di trovarsi nelle idee e nel gioco. All'inizio di questa stagione, però, Ibrahimovic si è presentato con un anno in più (ha messo piede nei quaranta) e tanti acciacchi a cui badare. Ecco perché Pioli ha dovuto trovare soluzioni alternative che al momento stanno rendendo alla grandissima.

Il Milan - che come il Napoli è imbattuto in campionato - ha pareggiato a Torino contro la Juve, vinto a Bergamo con l'Atlanta e a Roma contro la Roma: non male come bottino per una squadra che vuole puntare allo scudetto. Il merito è tutto dell'allenatore che ha dato un'idea di gioco ai rossoneri affidando la regia al «nuovo» Tonali. Il play ventunenne del Milan è cresciuto in maniera esponenziale caricandosi il peso delle responsabilità sulle spalle e facendo girare la giostra al rimo delle sue giocate.

Attorno a Tonali è venuto il resto. Con Brahim Diaz diventato l'interruttore offensivo che accende e spegne la luce quando c'è da affondare nella trequarti avversaria. Come per Tonali, anche Diaz è maturato, e grazie al suo prezioso contributo in zona gol, gli infortuni di Giroud e Ibra si sono fatti sentire molto meno.

La spina del Milan si chiama Mike Maignan, perché il portiere francese aveva raccolto senza alcun peso il fardello dell'eredità di Donnarumma. Anche grazie alle sue parate decisive i rossoneri hanno tenuto la barra dritta nelle partite più complicate, ma ora dovranno fare a meno di lui almeno fino a dopo Natale a causa di un infortunio al polso, non la zona migliore per un portiere per farsi male. È arrivato Mirante in extremis, ma né lui né Tatarusanu sembrano all'altezza del francese ancora ai box. 

L'Inter di Inzaghi  

L'estate neroazzurra è stata all'insegna dell'esodo. Conte, Lukaku e Hakimi hanno lasciato la Pinetina e una rivoluzione del genere avrebbe potuto abbattere anche il più forte dei colossi. Invece con la pazienza del monaco certosino, Simone Inzaghi si è messo lì a rimettere in piedi la squadra e l'ambiente pezzo dopo pezzo. Senza fretta ma con grande attenzione, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, visto che l'Inter sembra l'unica in grado di tenere il passo delle prime due della classe, seppur sia a 7 punti dalla vetta.

Lukaku è andato via, e sembrava che il suo vuoto fosse incolmabile: ma Dzeko ha dimostrato di avere forza e carattere per essere il centravanti dell'Inter. Al resto ci ha pensato Inzaghi che ha saputo fare da collante in un gruppo senza stravolgere gli automatismi che hanno portato allo scudetto dell'anno scorso. Il tocco di qualità e quantità in più lo ha messo Barella. La mezzala c'era anche lo scorso anno, certo, ma è tornato fortificato dalla vincente campagna europea con la Nazionale. Ora è il leader di una squadra che sembra non poter fare a meno del suo contributo a tutto campo: difende, ragiona e si butta nello spazio per fare gol. Al mix di qualità si aggiunga Correa, il dodicesimo uomo che Inzaghi si è «portato» dalla Lazio: bombola di ossigeno preziosa per far rifiatare Dzeko e Lautaro Martinez.

Gli undici titolari dell'Inter sembrano essere una garanzia, perché in ogni reparto ci sono top player di qualità assoluta. Ma andando a scavare i ricambi mancano. Sanchez non è ancora all'altezza di Dzeko e Lautaro, così come Vidal e Sensi che sono ancora indietro rispetto ai centrocampisti titolari. Problemi anche in difesa dove Skriniar, De Vrij e Bastoni sono insostituibili. E perfino Dumfries sta facendo fatica a trovare continuità da titolare sull'esterno.

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