Champions League, ecco perché il Napoli può davvero vincere la coppa

Bello, concreto e vincente: tutti i segreti della banda di Spalletti

Victor Osimhen a Francoforte
Victor Osimhen a Francoforte
di Bruno Majorano
Giovedì 23 Febbraio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 24 Febbraio, 07:03
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Sognare non costa niente. Ma mai come quest'anno, sognare è anche lecito. Non tanto perché il Napoli è padrone assoluto del proprio destino in campionato e negli ottavi di Champions League, ma perché la squadra di Luciano Spalletti ha dimostrato di avere la forza per mettere sotto chiunque, al di là del nome e del blasone che si porta dietro. Non è una questione di risultati, ma di maturità, di capacità di approccio alla gara che non si trova facilmente in altre concorrenti per il titolo. E allora se la pratica scudetto sembra essere già archiviata, o almeno manca davvero poco visto il margine così importante sulle inseguitrici, in Champions League ci sono tutti i presupposti per compiere un'impresa che impiegherebbe ben poco a diventare letteralmente epica. La vittoria di Francoforte, per come è arrivata, per come è stata gestita e per gli effetti psicologici che potrebbe avere sulla squadra, altro non è che la cartina al tornasole di un lavoro scrupoloso e attento portato avanti da tempo da parte di staff tecnico, società e giocatori. Una unione di intenti che mai come adesso sta raggiungendo picchi di bellezza che vanno a braccetto con la concretezza. 

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La leggerezza 

Le pressioni non sono mai un peso 

Di questo Napoli colpisce la mente leggera e sempre fresca che accompagna ogni singolo appuntamento. Spalletti è riuscito a trasmettere ai suoi ragazzi una voglia di divertirsi che va ben oltre l'impegno fine a se stesso. Lo si capisce guardando le facce dei giocatori: perché il minimo comune denominatore è il sorriso. L'ultima cartolina arriva di Francoforte, quando Osimhen si avvicina a Kvara dopo l'errore dal dischetto e gli spinge in su la testa. «Devi stare a testa alta», sembra volergli far capire in un momento così delicato.

E poi i due si guardano e sorridono. Perché sanno benissimo che questa squadra è capace di rialzarsi da qualunque situazione. La concentrazione non viene mai confusa con la pressione e il segreto sta nel dare il giusto peso alle cose. I calciatori sono prima amici e poi compagni di squadra. Lo capisci guardando come si cercano nelle giocate, anche quelle più complicate. Lo capisci osservando la ricerca continua del compagno meglio piazzato, facendo prevalere lo spirito di gruppo sulla gloria personale. È tutto un coro che canta lo spartito magistralmente preparato dal suo direttore di orchestra che dalla panchina osserva e impartisce indicazioni. Non troppe, quelle che bastano per rendere il concerto praticamente perfetto. 

La difesa 

Una linea finalmente di ferro 

Il Napoli non giocherà all'italiana, ma una cosa la sa fare bene: difendere. E la difesa, in questo caso, non è sinonimo di catenaccio. Se gli azzurri riescono a tenere la loro porta immacolata è merito di un'organizzazione di gioco precisa e compatta. Il centrocampo è la prima cerniera, quella cortina di ferro che ripulisce i palloni e li consegna agli attaccanti mettendoli nelle migliori condizioni per fare centro. Mentre la difesa è l'ultima linea Maginot con la quale arginare gli sporadici tentativi degli avversari di fare male. Kim e Rrahmani si sono trovati per la prima volta in estate a Castel di Sangro, ma hanno impiegato un baleno affinare l'intesa e diventare una coppia praticamente perfetta. Funzionali alla manovra (e alla copertura) ci sono i terzini. Con Di Lorenzo sempre più tuttofare - da mezzala a bomber - alla coppia Mario Rui-Olivera, che con caratteristiche diverse riescono sempre a fornire una soluzione vincente per sbrigare ogni tipo di pratica. Ogni ingranaggio gira con i tempi giusti e nessuno canta fuori dal coro. È così che Meret ha capito che dalle sue parti si possono dormire sonni tranquilli, e pure quando qualcosa va storto ci pensa lui a mettere le manone per evitare guai peggiori. 

Le idee 

Maturità e voglia di imporsi 

Inutile girarci attorno, perché il punto fermo del Napoli è il suo allenatore, quello che non ha mai paura di metterci la faccia e indossare i panni del pompiere quando c'è da stemperare l'euforia. Fa parte del personaggio e probabilmente adesso il ruolo che si è cucito addosso è fatto apposta per lui. Infonde serenità al gruppo e ha fatto capire a tutti che tramite il gioco e le idee ben precise non c'è Everest che non possa essere scalato. Se questo Napoli non è solo vincente ma anche bello è merito della sua mano attenta. La gestione di Kvara è stata praticamente perfetta, il bastone e la carota di cui aveva bisogno un giovane ragazzo alla sua prima stagione nel calcio che conta. E poi Lobotka, trasformato (fisicamente e non tatticamente) in uno dei migliori registi del mondo, Spalletti gli ha consegnato le chiavi della squadra e adesso si gode il suo piccolo grande capolavoro di lungimiranza. Per finire Osimhen, che nell'arco di 8 mesi ha fatto un salto in avanti di maturità e concretezza del quale in pochi lo facevano capace. Se oggi è tra i primi attaccanti in circolazione lo deve anche al lavoro dell'allenatore. La vittoria è anche quella di Spalletti, allenatore attento che non rinuncia mai a giocare. 

La fame

Giocare sempre per vincere

Si dice fin troppo spesso che per vincere servono giocatori che hanno vinto. Beh, in questo Napoli, prima di martedì sera solo in due avevano giocato un ottavo di finale di Champions League. Eppure nessuno degli altri 9 ha avuto paura. Perché in questo momento la fame che hanno gli azzurri non si compra da nessuna altra parte. Quando entrano in campo non pensano a vincere la partita, ma a cannibalizzarla. Aggrediscono l'avversario alla giugulare e non mollano la prenda fino a quando non lo vedono stramazzato al suolo. È la voglia di una squadra che non si accontenta, che cerca sempre di superare il proprio limite per fare meglio, sempre meglio. Non ci sono ostacoli o barriere che sembrano insuperabili anche per chi fino a ieri aveva messo insieme appena una manciata di minuto in Europa. Questo il senso della mentalità vincente e incontenibile di un Napoli che vede ogni partita come la più importante della stagione, quella da non perdere a nessun costo, quella da portare assolutamente a casa. Subito dopo la partita vinta a Francoforte, Spalletti è stato chiarissimo con i suoi ragazzi, facendo capire loro che manca ancora il ritorno prima di poter cantare vittoria e che per tanto tutti devono stare sulla corda: il modo migliore per far aumentare l'appetito. 

Le rivali 

Real Madrid e Bayern più “umani”

Il campionato è diventato oramai un monologo azzurro, ma la Champions è un'altra storia. Non solo perché le partite si giocano in gara di andata e ritorno, ma perché le avversarie sono le squadre più forti d'Europa, quelle che programmano una stagione intera con l'obiettivo allungare le mani sulle grandi orecchie di quella coppa. Il Real Madrid è specializzato nelle notti europee e seppur stia zoppicando in campionato ha messo alla berlina il Liverpool sotto la Kop, rifilando 5 "pappine" a Klopp a casa sua, come loro nessuno mai. Il Bayern è andato a vincere a Parigi: ovvero nel giardino di casa di Messi, Neymar e Mbappé, non propriamente i primi tre capitati. E poi c'è il Manchester City, con Guardiola che vorrebbe finalmente riprendersi la coppa e far coronare il sogno degli sceicchi. Ma al netto delle tre superpotenze (che magari potrebbero anche scontrarsi tra di loro ai quarti di finale) il Napoli non ha nulla da invidiare alle altre per poter sognare di arrivare in fondo e d'altra parte i bookmakers indicano gli azzurri tra i favoriti per il titolo. Vietato porsi limiti, perché quando giochi così bene e hai la mente sgombra da ogni tipo di pensiero è ancora più facile mettere le ali e volare sempre più in alto. L'impressione è che dovranno essere le altre a guardarsi bene dal Napoli e volerlo evitare a tutti i costi. 

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