Pietro Puzone, da Maradona al baratro:
«Non mangiavo più, bevevo soltanto»

Pietro Puzone, da Maradona al baratro: «Non mangiavo più, bevevo soltanto»
di Angelo Rossi
Martedì 18 Agosto 2020, 08:01
3 Minuti di Lettura
«Non mangiavo più, bevevo soltanto»: lo sfogo, l'ammissione, il coraggio di Pietro Puzone. Classe '63, era nel Napoli scudettato di Maradona, fedelissimo soldato di re Diego, riconoscibile sulle figurine per via di quegli enormi occhioni scuri e i capelli a caschetto. Se la stava passando male, anzi malissimo negli ultimi mesi, bivaccava sulle panchine di Acerra, il suo regno, il posto dove è cresciuto e che non ha mai voluto abbandonare perché amici e parenti vivono tutti lì.

Gli stessi amici che gli hanno evitato il baratro. Come si dice? Lo hanno preso per i capelli. «Basta Pietro, o vieni con noi o ti portiamo via con la forza», più o meno è andata così e oggi Puzone può raccontare la propria storia. «Ho vissuto anni difficili, mi è girata male, in questi casi commettere sbagli è quasi inevitabile. Non so cosa sarebbe accaduto se non avessi deciso di curarmi, o forse lo so».

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Poteva finire malissimo, il primo ricovero in una clinica di Acerra è stato lo step iniziale per provare a lasciarsi il buio alle spalle. La forza è arrivata dalla mamma e dalla figlia Antonella perchè «se un figlio implora di rialzarti, hai l'obbligo di provarci». Gli hanno tenuto compagnia Bruscolotti, Muro e Di Fusco, amici del Napoli tricolore che fu ma non sono mancati i messaggi di tutta la truppa scudettata.

«Siamo sparsi per l'Italia però ho ricevuto vicinanza e affetto da quasi tutti gli ex compagni. Che gruppo fantastico: il centro Paradiso di Soccavo non era solo un campo di allenamento ma il ritrovo di gente speciale».

Puzone «se la faceva» con Diego, amici e complici, una passione sfrenata per la bella vita, come è quasi naturale per un promettente calciatore catapultato all'improvviso nella squadra più forte d'Italia, al fianco del più grande di sempre. Se potesse elencarli tutti, racconterebbe un'infinità di aneddoti, come quella volta che percorsero l'autostrada Roma-Napoli sulla Ferrari a 240 km all'ora: fermati dalla polizia stradale, se la cavarono con gli autografi anziché con la multa.

A poco più di vent'anni è arduo gestire popolarità e successo, tra scudetti e Coppe, e fa niente che il minutaggio in campo fosse quasi zero. L'importante, l'essenziale era esserci, farne parte.

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Proveniva dalle giovanili, aveva debuttato nel Napoli di Krol con Musella, scugnizzo come lui. Con Bagni e Maradona stava alla grande durante la settimana: attaccante nato, più destro che sinistro, regalava numeri discreti dal martedì al sabato, di domenica faceva compagnia ad Ottavio Bianchi in panchina, salvo due uniche apparizioni in A. Fece meglio, molto meglio nei campionati inferiori con le maglie di Akragas e Catania e incrociando come allenatore Franco Scoglio, prima di chiudere la carriera con Spezia e Ischia.

«Poi mi sono perso, colpa di amicizie sbagliate ma qui si inizia a vedere un po' di luce»: qui è Villa Flegrea, tra Agnano e Pozzuoli, dove è stato preso affettuosamente in cura da Gianmarco Valentino e Salvatore Isaia. Lavaggi quotidiani per disintossicarsi, monitorato da farmaci e da una psicologa, tra un mese dovrà sottoporsi a un piccolo intervento chirurgico: il percorso di Puzone necessita di aiuti, è ancora lungo ma almeno è iniziato. «Ce la devo fare per la famiglia e per gli amici, quelli veri: ora il mio desiderio più grande è stare bene». 
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