Non è solo un gol, è un proclama. Un gol cattivo, geometrico, sapiente, che ha dentro la forza di Drogba e la tecnica di Van Basten, all'Olimpico, Victor Osimhen seppellisce le previsioni degli esperti, manda a casa il cinema e il teatro di Mourinho e il suo calcio difensivo. Aprendosi un varco nel muro romanista allarga anche la crepa tra il Napoli e le altre squadre. Osimhen diventa Michael Jordan, si fa largo e diventa il grande protagonista. In una partita bloccata, con la Roma intenta solo a difendersi e come massima fantasia a trovare gli strappi di Zaniolo con i lanci, il Napoli dimostra di essere una squadra matura, a livelli impensabili, aspetta il suo momento e poi lo concretizza con il suo uomo in più. Il gol di Osimhen è un collage di grandi gesti del calcio appena passato, sul lancio di Politano si prende il tempo e lo spazio e gli sguardi l'unica cosa che gli resta di Chris Smalling, come faceva con gli avversari Didier Drogba, e poi col destro va a cercare l'angolo lontano, opposto, impossibile di Rui Patricio, come faceva Marco Van Basten. L'angolo che inventa è un'ode a come si incrocia il pallone, e una punizione divina per Mourinho e i suoi poeti da sottoscala: un libro ogni due minuti, per l'Olimpico che canta, e per i giocatori della Roma più fallosi di quelli dell'Ajax, a riprova che il Napoli innervosisce e spaventa, ristabilendo in campo le gerarchie del campionato, rispetto a quelle editoriali e televisive. Osimhen, che pure era riuscito a sbagliare un gol più facile su una ripartenza trovandosi face to face con Rui Patricio e col pallone basso, dieci minuti dopo segna un gol in fase lunare distante e ammirato da tutti, che fa sorridere chiunque giochi a calcio e lo guardi anche solo di sfuggita. Riuscendo in una trasformazione di forza e grazia, con movimenti da acrobata che diventa ballerino e poi si fa lanciatore di coltelli, un circo intero in un gol solo. In bilico, tutta la sua partita è lotta per aprire spazi, per addomesticare palloni e provare a dare una svolta, ma deve aspettare ottanta minuti e la pazienza di Spalletti che si prende una grande rivincita nello stadio che l'ha frainteso per una serie tv, e che Osimhen ammutolisce.
L'attaccante nigeriano è meno demone del solito, anche perché gli spazi sono pochi e le marcature strette, è costretto a salire, ripiegare, girare in tondo per cercare un corridoio, un buco dove poter far passare un piede o la testa.