Rudi Garcia, l’alter ego di Spalletti: violino, terzo scudetto e la chiesa nel villaggio

L'allenatore francese di origini spagnole ha firmato con gli azzurri per due anni

Garcia, dal 2013 al 2016 alla Roma
Garcia, dal 2013 al 2016 alla Roma
di Gennaro Arpaia
Giovedì 15 Giugno 2023, 21:57 - Ultimo agg. 16 Giugno, 08:00
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Ha vinto uno dei ballottaggi più interessanti delle ultime settimane. Rudi Garcia è pronto a sedersi sulla panchina del Napoli di Aurelio De Laurentiis: l’allenatore francese, di origini spagnole, ha firmato con gli azzurri per i prossimi due anni (con opzione per il terzo) prendendo così il posto di Luciano Spalletti, l’uomo che aveva riportato gli azzurri allo scudetto dopo 33 anni. Rudi è l’alter ego del toscano: fu proprio Spalletti a prendere il posto di Garcia alla Roma in corsa nel 2016, fu proprio Spalletti a cancellare il suo precedente record di punti di sempre con la Roma (85) arrivando a 87 punti un anno più tardi. Il Napoli era l’avversario principale insieme alla Juventus, ora sarà la squadra da guidare.

Il modulo? Non è importante. O forse sì. La base di quanto visto più spesso è il 4-2-3-1. «Ma noi abbiamo bisogno di un allenatore che continui il nostro 4-3-3» aveva detto De Laurentiis qualche giorno fa e per il francese classe 1964 non sarà mica un problema. Anche le tre punte sono state una costante nella sua ricerca di bel calcio ed espressione in campo. Una carriera che comincia giovanissimo: a 30 anni è già costretto a ritirarsi, a nemmeno 50 vincerà il suo primo campionato. Il primo vero ruolo importante arriva al Lille nel 2009: prima la qualificazione in Europa League, poi la Champions League, quindi il terzo scudetto francese del club. Tre come a Napoli

Lascia il Lille nel 2013 per Sabatini che lo convince alla prima avventura lontano da casa. È la Roma che ha lasciato Spalletti e superato Ranieri e Montella. Parte fortissimo (10 vittorie di fila) ma lo scudetto lo sfiorerà soltanto. 2° posto alla prima stagione, 2° posto anche nella seconda stagione, poi l’esonero a campionato in corso e l’arrivo di Luciano di nuovo in giallorosso. Nella sua ultima stagione a Roma quella bruciante sconfitta a Torino contro la Juve che Garcia non digerì fino al gesto del violino rivolto all’arbitro Rocchi che ricordò le manette di Mourinho diversi anni prima. «Eravamo avanti, poi la Juve segnò il gol del pareggio ma c‘era fallo su Benatia. Fu un gesto istintivo, io ho sempre difeso i club dove ho allenato. In quel caso non ho sopportato un’ingiustizia, una grande ingiustizia. Un gesto elegante? Lascio a voi l’interpretazione» dirà il francese in una intervista di qualche anno più tardi. Non è l’unico momento iconico: memorabile il suo «Abbiamo rimesso la Chiesa al centro del villaggio» dopo un derby vinto contro la Lazio.

Dopo Roma, la carriera di Garcia non ha spiccato il volo. Il Marsiglia per tre stagioni, il Lione per due. Poi decide di espatriare ancora, stavolta per gli Emirati Arabi: all’Al Nassr si ritrova Cristiano Ronaldo ma non porta a casa un trofeo in pochi mesi. Quindi il ritorno in Italia, stavolta con la panchina azzurra del Napoli. «Ciò che ho amato di più è la tattica che c'è nel calcio italiano. Forse ci tornerò in futuro» aveva raccontato in una intervista nel 2020. Detto fatto: in azzurro, forse, la sua sfida più complicata dopo una stagione di successi e record. La Chiesa al centro del villaggio c’è già, il violino si trasformerà in un più adatto mandolino.

E magari la bacheca andrà rispoleverata dopo troppo tempo.

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