Scudetto, il gran ballo dei debuttanti:
quanto pesano le coppe su Inter e Napoli

Scudetto, il gran ballo dei debuttanti: quanto pesano le coppe su Inter e Napoli
di Pino Taormina
Giovedì 20 Gennaio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 17:29
4 Minuti di Lettura

Una poltrona per tre. Magari per quattro, volendo non tirar fuori dalla lotta Gasperini. Una strana corsa. Perché Inzaghi, Pioli e Spalletti, lo scudetto lo hanno visto solo sulle maglie degli altri. L'unico, in realtà ad aver trionfato in un campionato è stato proprio il tecnico del Napoli che in Russia con lo Zenit ci è riuscito ben due volte. Ecco, quei tre lassù che lottano lo scudetto, in realtà quel triangolino tricolore non lo hanno mai visto, non ne hanno la minima idea di che faccia abbia. Già, in fondo una bella gioia se si pensa ai riflettori puntati questa estate su quei santoni che dovevano fare fuoco e fiamme e sono, invece, lì dietro a guardali, con la lingua penzoloni. Perché Allegri, Mourinho e Sarri gli scudetti non li conoscono solo per sentito dire, li hanno vinti. Ma quest'anno sono destinati a vedere trionfare altri. 

Sì, avrà una certa rilevanza nel tempo il fatto che Inzaghi da allenatore in Italia non sia andato oltre tre supercoppe e una Coppa Italia, che l'ultimo successo di Lucianone è la Coppa Italia con la Roma nel 2007 e che il povero Pioli a parte il titolo d'inverno della scorsa serie A non abbia mai conquistato nulla nella sua carriera. A meno che non voglia farsi vanto (in realtà dovrebbe) per il titolo Allievi conquistato alla guida del Bologna nel 2001. Ma il bello di questa serie A, dove Inter, Milan e Napoli sono raccolti in 4 punti (con l'Inter che deve recuperare la gara con il Bologna) è proprio questo straordinario appetito dei tre allenatori che guidano la serie A. Certo, Inzaghi e Pioli, a dirla tutta, lo scudetto lo hanno vinto e non solo visto: da calciatori. Il primo alla Lazio, nel 2000, il secondo nella stagione 84/85 quando collezionò 14 presenze nella Juventus campione. Inter, Milan e Napoli, una dietro l'altra, hanno dunque questa incognita, che è elemento marginale. Ma forse non lo è. Inzaghi, Pioli e Spalletti sono figli di tre generazioni diverse: Simone è il più piccolo, classe 1976, Pioli ha 57 anni mentre Lucio si avvia verso i 63 anni. Un attaccante, uno stopper e un centrocampista (come lo è stato anche Gasperini). Non è colpa loro se i vincitori degli scudetti negli ultimi venti anni sono altrove (Conte si sta dannando al Tottenham, Ancelotti se la spassa al Real Madrid e Mancini è atteso dai playoff per il Mondiale con l'Italia) o se la passano male come Mourinho, Allegri e Sarri. 

 

Non si somigliano per nulla i tre. C'è poco da fare. Nel gioco, nei modi di fare. Certo, il più atteso dei tre è il piccolo Inzaghi, anche perché tra le mani ha una corazzata vera e propria. Giovane, certo, ma non debuttante anche se certe panchine scottano dal primo secondo. A pochi metri milanesi da lui, ecco Pioli: ha il fisico del ruolo, sa gestire i momenti di difficoltà e gioca un calcio molto offensivo. Poi c'è lui, Luciano Spalletti che dopo due anni in naftalina sembra avere una voglia dannata di voler sbranare il mondo.

Non è ancora una volata a tre, c'è tempo, ci vuole pazienza, ci sono ancora un bel po' di salite da qui al traguardo. C'è la Champions per l'Inter (agli ottavi l'Ajax) e l'Europa League per il Napoli (a febbraio il Barcellona) mentre il Milan è fuori dall'Europa ed è dettaglio non di pochissimo conto. Il gruppo dei tre senza scudetto mai come quest'anno ha avuto la necessità di aguzzare l'ingegno, dovendo fare i conti ogni volta con tamponi, positivi e formazioni da rifare anche all'ultimo secondo. Quello che dei tre ha sfiorato lo scudetto è stato Spalletti e con la sua Roma lo avrebbe pure meritato, lottando punto a punto contro la corazzata Inter, allenata allora da Roberto Mancini. Lucianone si è distinto anche come tecnico dell'Inter, riportandola in Champions, ma lo scudetto è ambizione di adesso, al Napoli. Dopo l'avvio impressionante, con le otto vittorie di fila, si è fermato davanti agli imprevisti: gli infortuni, il Covid, le tante assenze lo hanno fatto scivolare al terzo posto. Più che dalla sua capacità di farsi ascoltare, la sua affermazione dipenderà da quella dei giocatori ad ascoltarlo. E della società di proteggerlo: nessun allenatore è grande se non ha le spalle coperte. Sul campo il tecnico azzurro è quello che punta a concetti quasi mai consueti nel calcio all'italiana, a cominciare dalla ricerca del possesso palla, del palleggio prolungato, del comando della partita: il contropiede è solo una soluzione, la gestione del pallone deve cominciare dai difensori. Spalletti, in questo, ha già svoltato. Ma certo non gli basta. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA