Consola vedere Andrea Petagna portare il suo corpaccione con generosità sotto la neve mentre il Napoli si scioglie, consola vedere la sua generosità nell'amministrare e giocare palloni, consola la sua difesa degli spazi e anche il suo attaccare l'area dello Spartak Mosca, in una tardo pomeriggio di sconfitta. Intorno a Petagna solo Elmas sembra essere ricettivo e infatti su un suo preciso cross segna, persino, l'ultima cosa che ti aspetteresti da Elmas, in una partita così. C'aveva anche provato nel primo tempo, ma Aleksandr Selichov, portiere dei russi, toglie i suoi tiri dalla porta e dopo anche quello di Mertens. Insomma, solo Petagna lotta, divenendo l'incarnazione dell'ostinata piega calcistica spallettiana, mentre il Napoli sfilacciatissimo a centrocampo per cinquanta minuti si disperde. Sue le iperboli sognanti, sue le uniche tracce di non arrendevolezza, e sua la precisione nel ricevere, addomesticare, tenere e smistare palle. Fa da raccordo e rimando, da pilone e avanguardia, una delle sue migliori partite, poi, certo, preso dall'eccesso di ruoli non tira a porta e non segna anche se avrebbe meritato un gol mentre prova a smollare la linea difensiva dei russi. Petagna è un calciatore antico, grosso, pure lento, ma nelle partite così contro tempo e sfortuna, errori tattici e arbitrali esce in potenza, costringendo tutti a rivalutarne ruolo e caratteristiche. Il Napoli perde, ma c'è un uomo da indicare, rivalutare e salvare, e quell'uomo è Petagna. Un gran lavoro sporco il suo, tra sgomitate a difesa dei palloni, mezzi dribbling, appoggi, e poi cross illuminanti in area che ad aspettare quelli di Hirving Lozano si diventa vecchi e senza speranza.
Petagna sembrava lo scarto, l'uomo in più da poter cedere e stava per essere ceduto, poi per fortuna no; poi è diventato l'uomo degli ultimi minuti da giocare; adesso è quello della provvidenza, e giocando troverà anche il gol, e con un Napoli migliore, peseranno ancora di più le sue giocate, la sua capacità di farsi largo e concedere inaspettati assist.