Napoli nel segno di Lozano,
un santo messicano per Rino

Napoli nel segno di Lozano, un santo messicano per Rino
di Marco Ciriello
Lunedì 11 Gennaio 2021, 08:00
3 Minuti di Lettura

Lozano è fuori dal giro della lentezza napoletana, è fuori dalla resa, fuori dal tempo calcistico, non a caso è l'intercalare di Gattuso, perché tolto Lozano, al netto di Lozano, senza Lozano, il Napoli appare distratto e svogliato. L'invocato Lozano da Gattuso è il santo messicano al quale votarsi quando tutto gira storto, quando Insigne calcia fuori e poi fuori e fuori ancora, quando Zielinski indugia e dribbla e non segna, quando Petagna finisce murato e Fabian Ruiz procede a scatti, Lozano sta comunque provando a rimettere in corsa tutti. Se c'è una certezza è questa. Lozano è un oltre-Lavezzi, ha una sua dimensione che lo porta ad essere sempre un attimo prima di chi lo marca e anche dei compagni che non gli stanno dietro, tanto che, spesso, viene da invocare una squadra che lo capisca, dei giocatori che s'impegnino e divertano come lui. Perché Lozano è uno di quei bambini infiniti che corre, dribbla e ride. Per lui il calcio è ancora un gioco, e quindi un impegno serissimo, non è mai diventato un lavoro. Ormai, presi i giri, acquisita consapevolezza del ruolo nonostante gli spostamenti al centro dell'area come con lo Spezia va per conto suo, scarta e crea stupore, tenta di segnare e di mettere in condizione gli altri di farlo, è un jukebox di palloni che parte anche senza gettoni. In dissonanza con la musica del campo. Quando il Napoli cala, quando subentra il pessimismo, quando tutto diventa noioso, Lozano l'eversore emerge, concedendo a chi guarda la partita l'ultima speranza possibile: che accada qualcosa e di bello. Che ci sia un ultimo uomo non rassegnato, ma devoto al valore assoluto che dovrebbe dominare i campi di calcio: l'allegria. Lozano ha la sua autostrada sulla fascia, il suo tracciato, sa dove sterzare per entrare in area come se avesse degli svincoli, sa con che velocità arrivarci e quando può lasciarsi andare, le sue sono missioni sicure che portano all'area avversaria.

In una di queste Kevin Bonifazi in ritardo sui suoi movimenti lo stende e il Napoli si ritrova un rigore per il vantaggio, con la partecipazione di Insigne che lo calcia alzando il pallone il giusto sopra le mani e la volontà d'opposizione di Juan Musso. Poi l'Udinese pareggia e il Napoli si deprime.

 

È evidente che Lozano non è un genio, ma un talento, e in quanto tale fa quello che vuole: in questo caso gioca a calcio mentre gli altri si contemplano, corre mentre gli altri si fermano, ed è chiaro che Gattuso che lo ami in quanto unico giocatore che lotta, anche se in un paradosso, Lozano agisce fuori dalla volontà gattusiana, fuori dagli schemi, fuori dai comandamenti, è pure istinto, pallone e slalom, pallone scambio semmai e ri-slalom, pallone e finta e slalom e tiro o appoggio per tirare, e se è in mezzo, via, cannibale, di testa pur di arrivarci anche se è un cross di Di Lorenzo e quindi una contraddizione del cross. Poi, ovvio, Lozano potrebbe persino fare di più, se tutta questa elettricità o come direbbe Gattuso veleno, trovassero un canale, invece di restare una improvvisa marcia in più che spesso non trova sbocchi né interlocutori. Insomma, sulla fascia destra dove un tempo si correva e riceveva, dove si risolvevano i gol, ora si producono, solo che la sinistra e il centro non rispondono, e tutto sembra un sperpero da Narcos, volatile, aereo, fluttuante, gassoso, perdendo la consistenza del reale e degli sforzi richiesti, con la sostanza che si fa apparenza. Tanto che viene da scrivere: Colendissimo Don Hirving Lozano pretendete di più dai vostri compagni, altrimenti i vostri sforzi permanecer una bisquerada total.

© RIPRODUZIONE RISERVATA