Lavora un giorno (e guadagna 166 euro), l'Inps gliene chiede 26mila: il caso del pensionato di Perugia

Pensionato con quota 100 beffato per aver fatto la comparsa in un film. Massimo Vicari: «Sto vivendo un incubo»

Lavora un giorno per 166 euro, l'Inps gliene chiede 26mila: il caso del pensionato di Perugia
Lavora un giorno per 166 euro, l'Inps gliene chiede 26mila: il caso del pensionato di Perugia
Luca Benedettidi Luca Benedetti
Martedì 6 Febbraio 2024, 09:18 - Ultimo agg. 17:56
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Quando la passione diventa un incubo. Succede a un perugino di 66 anni, Massimo Vicari, andato in pensione con quota 100. La passione è quella per il canto, quella che da 50 anni lo porta a cantare in varie corali del Perugino. È diventata un incubo perché la corale è stata chiamata dalla produzione di un film, Vicari, con gli amici ha fatto la comparsa, la società cinematografica l’ha pagato per una giornata di lavoro 166,60 euro lordi e l’Inps gli ha chiesto indietro 54 mila euro (scesi poi a 26mila). Scherzi di quota 100 e della parolina magica incumulabilità.
La storia arriva da Perugia e Massimo Vicari, 67 anni a novembre l’incubo lo racconta così, tutto d’un fiato:
«Sono circa 50 anni che mi diletto nel canto corale (ho iniziato da bambino in parrocchia). Siamo una corale di amici non professionisti, ci siamo esibiti in molte regioni d’Italia, mezza Europa e anche oltre oceano e mai abbiamo ricevuto o richiesto compensi per questa attività amatoriale. Collaboriamo a titolo gratuito autofinanziandoci. Rarissime volte abbiamo ricevuto un simbolico e parziale rimborso spese.

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Nel dicembre 2022, per provare un’esperienza nuova e divertente, aderii alla proposta di alcuni amici coristi e partecipammo come comparse in un film, che si sarebbe girato in provincia di Roma la cui scena si svolge in un contesto religioso nel quale noi distribuiti tra i fedeli li avremo dovuti sostenere con il canto nello svolgimento di un elementare salmo.

Appena arrivati (16 dicembre 2022) ci hanno consegnato alcuni fogli da compilare e firmare tutti subito e in gran fretta ritirati senza che ce ne venisse rilasciata una copia. Girammo un’unica scena conclusasi in poche ore nell’arco di un’unica giornata e poi tornammo a Perugia la sera stessa. Nei giorni seguenti la società, con la quale avevamo girato, ci chiese il nostro Iban, così venimmo a sapere che era previsto un rimborso spese di circa 150 euro da noi completamente inatteso e arrivato il 28 dicembre 2022. Da questo momento per me si è scatenato un inferno allucinante. La prestazione effettuata era stata configurata come lavoro subordinato e non occasionale. L’Inps, incrociando i miei dati con il Cud stilato dalla società di produzione, (166,60 euro lordi come reddito da lavoro dipendente) interrompe improvvisamente senza alcun preavviso o comunicazione l’erogazione della pensione. Mi attivo con il call center di Inps per conoscere la causa è mi informano che, avendo intrattenuto un’attività lavorativa subordinata, decadeva la mia pensione per l’anno 2022 e successivi (2023) per incumulabilità e con un conteggio di riliquidazione mi ritengono debitore di euro 54.087,54 da restituire in quanto indebitamente percepito. In preda alla disperazione e allo sconforto, mi rivolgo a un patronato. Mi consiglia un buon avvocato. Lo studio legale si mette in contatto con l’amministrazione della società organizzatrice della produzione per informarli della situazione e chiedere spiegazioni circa la configurazione errata, per noi, della prestazione effettuata, che comunque, se inquadrata come prestazione occasionale, sarebbe stata consentita fino a un compenso massimo di 5.000 euro annui. La loro risposta definitiva è stata questa: “I sindacati per i lavoratori dello spettacolo hanno autorizzato questo tipo di contratto e non si può cambiare”.

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È iniziato un iter fatto di ricorsi cercando di far capire all’Inps la natura del rapporto intercorso ma, è stato come sbattere contro un muro di gomma. A seguito di una ricostituzione reddituale nella quale dichiaro che nell’anno 2023 il mio unico reddito deriva dall’abitazione di proprietà siamo riusciti a farci ripristinare la pensione del 2023. Rimanendo però ancora debitore di 26.526,77 euro dei quali 5.000 circa da Inps già trattenuti in fase di liquidazione degli arretrati. Devo fare causa all’Inps? Quanti anni dovrò lottare e pagare se procedo? E con quale speranza di vincere? Lo studio legale al quale mi ha indirizzato il patronato mi ha chiesto 5.400 euro per il primo grado di giudizio senza alcuna assicurazione di risolvere il mio problema. Mi stanno addirittura preparando un preventivo che mi aiuti a capire se mi converrà procedere legalmente (5.400 euro per iniziare) o restituire (come?) quanto richiesto dall’Inps, cioè 26.526 euro».

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