Città del Vaticano – Le parole pronunciate da Papa Francesco mercoledì scorso all'udienza generale in Vaticano sulla morte della figlia di Dugin, Daria – giornalista russa e teorica della guerra scatenata da Putin - sono risultate un colpo basso inaccettabile per il governo di Kiev. L'aver messo sullo stesso piano aggressore e aggredito proprio nel giorno della indipendenza nazionale aveva prodotto immediatamente una catena di commenti negativi, ai quali ora sono seguiti passi formali.
Il ministro degli Esteri di Kiev – dopo le proteste avanzate in un primo tempo dall'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede - è arrivato a convocare il nunzio apostolico in Ucraina, monsignor Visvaldas Kulbokas.
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Al termine dell’udienza Francesco aveva rivolto un appello per la pace per «l’amato popolo ucraino» e denunciato la crudeltà della guerra, pagata dagli innocenti. Dopo aver parlato dei profughi, dei feriti, degli orfani, vittime innocenti, aveva aggiunto quasi come una sorta di preghiera: «Penso a quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca».
Le reazioni all'intervento a braccio dal pontefice sono state all'origine di una ondata di giudizi negativi anche in Polonia e nei paesi Baltici. Alcuni tra i più influenti quotidiani polacchi si sono spinti, addirittura, a definire il pontefice “l'utile idiota di Putin” per la sua linea giudicata eccessivamente sbilanciata a favore di Mosca. Papa Francesco in diverse occasioni ha certamente condannato la guerra, pregato per le vittime ma senza mai aver citato per nome l'aggressore Putin. Un evidente tentativo a non chiudersi alle spalle spiragli di dialogo con Mosca per muoversi dietro le quinte e rendersi disponibile ad essere un facilitatore in vista di eventuali negoziati. Finora però Mosca è sembrata piuttosto fredda a questa disponibilità esplicitata nei messaggi inoltrati in questi mesi dal Papa, attraverso la sua diplomazia. Anche di recente, in una intervista, Francesco ha ripetuto di essere pronto a partire per Mosca, prima ancora che intraprendere un viaggio a Kiev (che per un motivo o per l'altro, nonostante i reiterati inviti da parte degli ucraini viene fatto slittare continuamente a data da destinarsi).
Due settimane fa il presidente Zelenski aveva avuto una lunga conversazione con Papa Francesco proprio per cercare di individuare un percorso concreto per un viaggio-pellegrinaggio sui luoghi del martirio ucraino, tra cui Bucha. Nei mesi scorsi Papa Francesco ha inviato in loco diversi suoi esponenti, tra cui il ministro degli Esteri, monsignor Gallagher e il cardinale polacco Kraiewski dotato di generosi aiuti umanitari per la popolazione in fuga.
Nel frattempo, in parallelo, Papa Francesco deve fare fronte ad un altro scenario problematico, costituito dai rapporti sempre più ambivalenti con il Patriarcato di Mosca. Al patriarca Kirill non è mai andata giù la critica di essere un “chierichetto di Stato” formulata da Francesco durante una conversazione via Zoom: di conseguenza sono stati fatti saltare da Kirill tutti i programmi in comune per un incontro in Kazakistan previsto inizialmente per la metà di settembre. I tempi non sono certamente maturi, i rapporti si stanno incartando, la guerra continua e dai segnali che persino sul fronte religioso arrivano sembra che l'avanzata russa andrà avanti ancora parecchio senza sbocchi per un cessate il fuoco.
In Vaticano la linea equilibrista di Papa Francesco sembra che stia dando filo da torcere alla sua diplomazia e anche al suo referente ecumenico, il cardinale Koch, piuttosto intrasigente sulla posizione da mantenere con Kirill. Quest'ultimo teorizza la guerra giusta russa per ripulire l'occidente delle forze del male che stanno intaccando il cristianesimo.
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