Cozze, la sfida di Bacoli: «Marchio per tutelarle»

L’iter è stato avviato per dare al frutto di mare il riconoscimento di qualità così il mitile, protagonista di aneddoti e leggende, si difende dalle imitazioni

Le cozze
Le cozze
di Antonio Menna
Venerdì 10 Maggio 2024, 23:30 - Ultimo agg. 11 Maggio, 09:35
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Il cibo povero per eccellenza. Impepate, zuppe, spaghetti con annesse leggende e miti: quelle di scoglio, quelle di allevamento, sono sporche, sono pericolose, il giovedì santo, i mesi con la erre (si possono mangiare) e i mesi senza erre (da evitare). Non c’è alimento che sa di popolo come la cozza, quasi che ci si vergogna a volte di mangiarla, o di confessarne la passione, spesso la si guarda con diffidenza, altre la si accusa gratuitamente, di certo non la si porta a tavola nei ricevimenti raffinati, ed è da escludere quando si vuole sembrare eleganti, fino a usare la parola stessa per indicare una ragazza esteticamente non gradevole, diciamo pure brutta (ma non bruttissima come uno scorfano). E, invece, il grande racconto popolare della cozza dovrà riscrivere, a breve, le sue pagine. La cozza vuole entrare nel salotto nobile del cibo di valore. 

L’Igp

Anche il celebre mollusco dalla conchiglia nera vuole il marchio di qualità. In particolare, parte da Bacoli (terra di mitili), l’iter per dare alla cozza campana, e più in generale a quella del Mar Tirreno, l’Igp, il marchio di origine dell’Unione Europea. Indicazione geografica protetta è il significato dell’acronimo che, una volta attribuito, distingue un prodotto agricolo o alimentare per una sua specifica qualità o caratteristica legata all’origine geografica. Un bollino di valore, quindi, per una produzione di territorio che si attiene a regole e disciplinari molto rigorosi, controllati da organismi indipendenti. Un marchio che responsabilizza i produttori ma offre anche una garanzia ai consumatori. Il percorso per chiedere l’Igp per la cozza campana sarà presentato lunedì nella sala convegni Ostrichina di Bacoli. I lavori saranno aperti dai saluti del sindaco di Bacoli, Josi Gerardo Della Ragione, e vedranno poi gli interventi di Sergio Cosentini, amministratore del Centro Ittico Campano, Paolo Conte, presidente Gal Parthenope. Prevista la partecipazione del presidente dell’Associazione per la valorizzazione della cozza del Mar Tirreno Campania, Vincenzo Peretti e, tra gli altri, di Antonio Limone, direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno. Il cammino, in realtà, è già partito nei mesi scorsi con la costituzione dell’associazione per la valorizzazione della cozza del Mar Tirreno Campania. A comporlo alcuni importanti consorzi di produttori, già riconosciuti dal ministero dell’Agricoltura, come il Consorzio produzione “Molluschi Regione Campania” e il Consorzio organizzazione di produttori “Mytilus Campaniae”

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La qualità

L’idea, evidentemente, è di sostenere anche una competizione interna allo stesso mercato dei molluschi.

La cozza campana più piena, più vivida, più buona di altre con provenienze diverse, come quella pugliese. È il desiderio di un salto di qualità, la voglia di strutturare su un prodotto che negli anni ha riempito bancarelle, a volte anche senza tracciamento, senza garanzie e senza grandi precauzioni igieniche, un mercato e una identità. Vista così, appare tutto molto positivo. A condizione, però, di non perdere quell’identità che la cozza già possiede e che sarebbe un danno e un peccato smarrire. Rimanga un cibo di popolo, il frutto di mare che tutti possono permettersi; resti un alimento popolare, anche semplice, nella sua accessibilità; conservi quel tratto perfino plebeo ma profondamente democratico, che ne ha fatto in fondo la fortuna, e che smarrire sarebbe una perdita. Insomma, facciamo in modo che piano piano non si trasformino anche loro in un piatto gourmet, come hanno fatto con la pizza. La zuppa resti zuppa, la cozza resti cozza.

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