Da San Giovanni a Carbonara a Parigi via Zagabria, sostando come tappe intermedie a Dushanbe (Tagikistan), Astana (Kazakhstan) e Abu Dhabi. È lunga la strada verso le Olimpiadi di Gennaro Pirelli, il ventitreenne judoka napoletano che due anni fa fece urlare il mondo intero grazie alla sua vittoria nel Grand Slam a Tokyo. Mica una vittoria da poco. Su uno di quei campi, il Metropolitan Gymnasium, che per il judo vale quanto il Maracanà o il Santiago Bernabeu, davanti a migliaia di spettatori, Gennaro ne affrontò tre di giapponesi e li mise tutti al tappeto:
il campione olimpico Aaron Wolf, poi il forte Kotaro Ueoka e per ultimo il fuoriclasse della categoria Kendaro Iida nella finale per la medaglia d’oro, aggiudicandosi il combattimento al golden score per triplo shido, dopo quasi quattro minuti supplementari.
«Andare lì e batterli uno dopo l'altro è stata una esperienza indimenticabile.
L’azzurro ha esordito sui tatami croati con un successo al golden score sul portoghese Jorge Fonseca, condannato dal terzo e decisivo shido. Agli ottavi di finale, quindi, è arrivata un’altra vittoria per hansoku make, quella contro l’ucraino Anton Savytskiy. A sbarrargli la strada ai quarti, poi, è stato l’azero Zelym Kotsoiev, che al golden score ha potuto beneficiare della terza ammonizione comminata al judoka campano. Nel match di ripescaggio ha sconfitto per waza-ari il serbo Aleksandar Kukolj, prima di aggiudicarsi il bronze medal match contro il padrone di casa Zlatko Kumric, costretto ad alzare bandiera bianca per doppio waza-ari.
Un bronzo pesante perché vale 350 punti e la ventunesima posizione nel ranking per Parigi con la scritta "Qualified". Se tutto finisse oggi il biglietto per le Olimpiadi sarebbe assicurato.«Ma io non ci penso - spiega Pirelli - Averci pensato troppo non mi ha fatto bene all'inizio di stagione, mi caricava di troppe responsabilità. Essere andato a Zagabria con la mente sgombra mi ha fatto fare risultato". E allora per Parigi c'è tempo: Due Grand Slam: Dushanbe (Tagikistan) e Astana (Kazakhstan) e soprattutto i mondiali di Abu Dhabi. «Sarà un mondiale strano. C'è chi si è qualificato per Parigi, chi chiede gli ultimi punti utili. Io so solo che devo andare lì e fare una bella prestazione». San Giovanni a Carbonara il suo punto di partenza. Una Napoli che gronda di stroria tra via Foria e porta Capuana, ma anche di pericoli. Per sottrarlo a questi mamma Antonella a sette anni lo portò al Kodokan a piazza Carlo III. «Non dimenticherò mai la prima immagine. Tanti bambini ancor più elettrici di me che correvano e facevano le capriole. L'ideale per il mio carattere».
Dal maestro Marco Palmieri nella palestra di Peppe Marmo a Lello Parlati alla Nippon di Ponticelli il passaggio lo fanno i raduni continui ed un judo sempre più agonistico in quella che oggi è una fucina di campioni con Christian Parlati, Antonio e Giovanni Esposito, ed oggi anche lui. Dagli idoli da imitare ad essere imitato come idolo il passo è breve. «A Ponticelli abbiamo una squadra fortissima. Poi quest'anno la speranza è che vadano quattro napoletani ai Giochi: Parlati, Esposito, Scutto ed io ma... al momento non ci penso». Non c'è tempo per guardarsi il bronzo europeo. Nel week end subito in Tagikistan a caccia di altri punti. «Il segreto di Zagabria è stato quello di aver cercato di non pensare alla gara per la qualificazione ma solo per divertirmi». E allora a Dushanbe solo per divertimento e chissà se tra una gioia e l'altra non arrivi anche quella a cinque cerchi.