​Bufera appalti nell’Alto Casertano
17 indagati tra sindaci e consiglieri

finanza
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di Mary Liguori
Sabato 26 Novembre 2016, 09:23 - Ultimo agg. 12:38
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CASERTA - Avanza a macchia d’olio il raggio dell’inchiesta che ruota intorno alla Termotetti, colosso del settore rifiuti coinvolto già a settembre nell’inchiesta «Assopigliatutto» che ha colpito politici e dirigenti dell’Alto Casertano e travolto sia la Provincia che il Consorzio Sannio Alifano.

Da due giorni altri sette sindaci risultato iscritti sul registro degli indagati. Il fascicolo porta la firma del procuratore Maria Antonietta Troncone e dei sostituti Giorgia De Ponte e Alessandro Di Vico. Notifiche, perquisizioni e acquisizioni di atti sono opera dei militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Caserta, coordinato dal tenente colonnello Luca Cioffi, e della sezione tutela economia del capitano Eugenio Marmorale.

La nuova bufera nell’Alto Casertano è un nuovo filone d’inchiesta che ha in comune con «Assopigliatutto» i favori che, nel tempo, avrebbe ottenuto il gruppo «Termotetti» da politici e manager pubblici. Sette i sindaci indagati. Rispondono di turbativa d’asta. Altre dieci persone, ieri, hanno ricevuto l’avviso di garanzia: si tratta di consiglieri comunali, dirigenti di uffici tecnici e assessori. Contro di loro, le dichiarazioni di tre dipendenti pubblici, non indagati, che si sono messi a disposizione degli inquirenti ed hanno ricostruito tre anni di «somme urgenze» con le quali sono state evitate le gare a evidenza pubblica, bypassando in tal moto la gara d’appalto e affidando decine di commesse sempre alla stessa azienda.

Il colosso di Luigi Imperadore, arrestato a settembre e ora ai domiciliari, si sarebbe accaparrato «somme urgenze» che urgenti non erano con commesse superiori alla cifra spartiacque oltre la quale gli enti pubblici dovrebbero far ricorso alla gara d’appalto. Secondo la procura diretta da Maria Antonietta Troncone, il ricorso sistematico agli affidamenti diretti ha viziato per tre anni, dal 2013 al 2015, la normale gestione del servizio di igiene urbana. Le somme erogate alla Termotetti per mezzo degli affidamenti diretti andrebbero ammonterebbero a circa 700mila euro in tre anni. Le contestazioni riguardano, come detto il ricorso sistematico alle somme urgenze.

Gli indagati, le accuse
Nel Comune di Gioia Sannitica risultano iscritti sul registro degli indagati il sindaco, Michelangelo Raccio e il dirigente comunale Antonio Romano. A Caianello avvisi di garanzia per il primo cittadino Marino Feroce, per Luigi De Fusco (assessore) e per Pietro Russo, ex dirigente. A Riardo coinvolti nell’inchiesta il sindaco, Nicola D’Ovidio, il consigliere comunale, Vittorio Caiazza e il dirigente pro tempore Pietro Russo. Avvisi di garanzia anche a San Gregorio Matese per la fascia tricolore, Giuseppe Mallardo, a Galluccio, per il sindaco Giuseppe Galluccio per il responsabile tecnico Antonio Morrone. A Giano Vetusto le notifiche hanno colpito il primo cittadino, Antonio Feola e l’assessore Antonio Zona, a Teano indagati il primo cittadino Nicola Di Benedetto, il presidente del consiglio comunale Carlo Barra, il dirigente pro tempore Fernando Zanni e il dirigente comunale Fulvio Russo. Per tutti loro l’ipotesi di reato è, come detto, la turbativa d’asta. Secondo il pool inquirente diretto da Maria Antonietta Troncone ricorrendo senza motivo alle somme urgenze, e quindi senza passare per la gara d’appalto a evidenza pubblica, nei comuni dell’Alto Casertano è stata falsata la libera concorrenza tra aziende e favorita la Termotetti del gruppo Amadori. Tra le procedure finite al centro dell’inchiesta ci sono infatti quelle che hanno portato all’affidamento diretto di commesse superiori ai 40mila euro, in violazione della normativa che invece pone un tetto di sbarramento sia temporale che alle cifre erogate dagli enti pubblici per gli affidamenti diretti.

Per ora l’indagine non è che alla fase embrionale. In procura, tutto ciò che è stato sequestrato negli ultimi due giorni nei Municipi viene passato ai raggi x. Questa volta le accuse non vengono solo da Antonio Scialdone e da Alberto Di Nardi, indagati in procedimenti connessi, ma da persone estranee ai fatti che hanno scelto di collaborare con gli inquirenti.
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