Le pen drive sostituiscono i pizzini:
«Così si accordavano per i rifiuti»

Le pen drive sostituiscono i pizzini: «Così si accordavano per i rifiuti»
di Mary Liguori
Domenica 27 Novembre 2016, 16:33 - Ultimo agg. 19:24
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Niente telefonate. Nessun messaggino. Zero mail. Neanche whatsapp è «sicuro». Ma ricorrere ai classici «pizzini» forse è davvero troppo. E allora il foglietto di carta con l’«imbasciata» viene sostituito da chiavette usb sulle quali vengono caricati i dati utili per la redazione dei verbali funzionali all’affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti.
È quanto sospettano i pm coordinati dal procuratore Maria Antonietta Troncone che, nei giorni scorsi, hanno ordinato il sequestro di una dozzina di computer dagli uffici di sindaci e dirigenti comunali dell’Alto Casertano.  

Se effettivamente certi dati sensibili sono stati letti attraverso quei computer, dopo l’introduzione delle pen drive, i consulenti della procura lo stabiliranno. Si basa anche su questo l’inchiesta che la procura di Santa Maria Capua Vetere ha denominato «No tender», dall’inglese «nessuna offerta» perché, secondo il fascicolo d’inchiesta che coinvolge quasi tutti i comuni dell’Alto Casertano scampati all’operazione «Assopigliatutto», per affidare alla Termotetti circa 700mila euro di commesse in somma urgenza, non c’erano «offerte» concorrenti, ma solo il diktat incontrastato del gruppo Imperadore.

Dal 2012 al 2015, secondo quanto emerso in questi giorni, i comuni di Riardo, Caianello, Giano Vetusto, Gioia Sannitica, Galluccio e San Gregorio Matese hanno evitato di affidare l’appalto per la raccolta rifiuti attraverso la gara di evidenza pubblica ricorrendo agli affidamenti diretti in «maniera sistematica» e dunque senza limiti temporali o di importi. E per «impacchettare» gli incartamenti che sarebbero serviti per le somme urgenze, le persone coinvolte avrebbero fatto ricorso a un fitto scambio di informazioni che non passava per i canali «ufficiali» per evitare di incappare in eventuali intercettazioni. L’accordo per gli affidamenti diretti con i quali in sette paesi dell’Alto Casertano si sarebbe bypassata la gara di evidenza pubblica per almeno tre anni è «transitato» attraverso una serie di penne usb. Su quei supporti, sospettano i pm, venivano caricati i file che servivano per mettere insieme i dati utili a rendere «sicure» le procedure per le somme urgenze. 

Teorema accusatorio, almeno per ora, che verte su quanto raccolto dalla guardia di finanza del nucleo di polizia tributaria di Caserta, diretto dal tenente colonnello Luca Cioffi, e dalla sezione tutela economia delle fiamme gialle, affidata al capitano Eugenio Marmorale. Su questa base, i sostituti procuratori Alessandro Di Vico e Giorgia De Ponte hanno firmato diciassette avvisi di garanzia nei confronti dei sindaci Michelangelo Raccio (assessore al bilancio nel triennio in esame), Marino Feroce, Nicola D’Ovidio, Giuseppe Mallardo, Giuseppe Galluccio, Antonio Feola e Nicola Di Benedetto. Indagati anche i dirigenti comunali Antonio Romano, Pietro Russo, Antonio Morrone, Fernando Zanni e Fulvio Russo nonché gli assessori, consiglieri e presidenti delle assisi cittadine Luigi De Fusco, Vittorio Caiazza, Antonio Zona, Pietro Russo e Carlo Barra. Per tutti l’ipotesi di reato è la turbativa d’asta. 
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