Berlusconi guerra totale a Letta e governo, il Cavaliere chiama tutti nel bunker

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi
di Mario Ajello
Domenica 24 Novembre 2013, 09:35 - Ultimo agg. 11:58
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Ora non mi resta che la galera. Si sono inventati la menzogna della corruzione dei testimoni del caso Ruby. «E mi sbatteranno ai domiciliari per questo».

Dire, come al solito, che Berlusconi è in preda all’ira, stavolta è poco. Ormai è fuori di sè. «Non posso neanche andare in giro nel mondo, a denunciare l’Italia come Paese liberticida, perché mi hanno tolto anche il passaporto. Oltre che a volermi scippare la dignità». Ma tra Arcore e Palazzo Grazioli si dice che domani, quando Putin verrà a Roma, gli porterà un passaporto diplomatico, che sarebbe già pronto. E come scappatoia, minima, quella ci sarebbe. Ma non è niente di che. Il Cavaliere che si sente già «decapitato», «ghigliottinato», «ucciso», e che domani alle sette di sera riunirà i suoi parlamentari a Palazzo Madama per annunciare il no alla legge di stabilità e la fine del sostegno al governo Letta, ha rotto anche gli ultimissimi argini della sua furia. Parlando con i suoi, accusa il presidente Napolitano: «Era l’unico che poteva fermare i golpisti della sinistra e della magistratura e non lo ha fatto».

Ed Enrico Letta? «Fa il distaccato e il politicamente corretto ma in realtà è connivente dei miei carnefici». Era prevedibile questa escalation cattivista, a quattro giorni dal voto del Senato. Ma la rabbia di Berlusconi è diventata ancora più forte alla luce di quanto Silvio ha visto ieri mattina (da lontano) al tempio di Adriano, dove è andato in scena il battesimo del partito di Alfano. Si augurava in questi giorni, dopo la rottura ma anche prima, che Angelino e i ministri del Pdl facessero pressione sul Colle e su Letta, dicendo: «Se non rinviate, andiamo via dal governo». E invece? Niente. «E ieri Angelino ha creduto di cavarsela con qualche parolina inutile e dolce su di me. Ma mica sono scemo. Lui mi fa tanti complimenti e poi è complice degli altri. E’ di Agrigento, come Pirandello: uno, nessuno e centomila». E’ furibondo anche con gli ex amici perchè si è visto mollato pure da loro nelle mani dei «persecutori». «Se Alfano e i ministri volevano mediare potevano farlo. E invece si sono volutamente fatti battere per tre a zero. Prima la decadenza, poi il no al ricorso alla Consulta e infine il voto palese». Dunque: «Vogliono stare al governo e se ne infischiano di me». «Dicono che mi vogliono bene? Ma se mi hanno appena accoltellato e ora stanno rigirando il coltello nella piaga!». E ancora: «I nostri ex ministri potevano spaccare il Pd, mediando per avere il voto segreto o il ricorso alla Consulta, non lo hanno voluto fare e vanno a braccetto con loro».

IL PATIBOLO

E lui, intanto? Un fedele, raziocinante, come Osvaldo Napoli, spiega: «Se il Pdl, come faremo lunedì, non vota la legge di stabilità e stacca la spina al governo, la maggioranza regge ma è una maggioranza diversa, i cui contraenti sono cambiati. Quindi, Letta, come minimo dovrà salire al Quirinale e chiedere a Napolitano: che cosa devo fare?». Così sarà, probabilmente, ma la situazione non cambia e il primo a saperlo è Berlusconi: «Già mi sento eliminato dalla faccia della terra. Ma non s’illudano: finchè avrò un soffio di respiro in bocca non smetterò di dire che questo è uno Stato totalitario. E Napolitano non può pensare che il leader dell’opposizione venga fatto fuori così, senza se e senza ma». Ma non è detto che il re sul patibolo dirà queste cose nell’aula del Senato, mercoledì, perchè i falchi lo stanno convincendo a non prendere la parola nel «Parlamento delegittimato»: «Presidente, le immagini di quel discorso farebbero il giro del mondo e non è bello vedere un incolpevole che si trova nella difficoltà di doversi difendere dallo schifo che gli è stato tirato addosso». In piazza, invece, parlerà certamente l’ex premier. Centinaia di pullman sono già stati preparati per portare il «popolo della libertà» sotto Palazzo Grazioli e farlo insorgere contro «il martirio».

No alla legge di stabilità, sì alla crisi di governo e, sempre lunedì, la conferenza stampa «dove dimostrerò con carte ineludibili la mia innocenza sulla vicenda Mediaset». E insieme, l’offensiva in tivvù e sulla carta stampata. I vertici del suo impero editoriale sono stati avvertiti di tenersi pronti a scatenare l’inferno». E si dice, nel contempo, che un periodico del gruppo possa lanciare uno scoop scandalistico su Renzi, «golpista» e «terrorista» come gli altri. Mentre gli alfaniani sono ai suoi occhi dei «parassiti»: «Sperano soltanto che io venga travolto, per avere il loro piccolo futuro».