Pdl, Berlusconi: «Se decado addio governo»

Pdl, Berlusconi: «Se decado addio governo»
di Mario Stanganelli
Mercoledì 13 Novembre 2013, 07:55 - Ultimo agg. 13:31
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ROMA - Arrivate sull’orlo di una drammatica scissione, le due anime del Pdl provano a fare un passo indietro. La fragile trama per una difficile tregua viene tessuta tra palazzo Grazioli e l’ufficio di Alfano di palazzo Chigi, che ieri risultava provvidenzialmente vuoto per gli impegni del vicepremier in Veneto, che hanno fornito la scusa per un gesto di distensione: il rinvio a oggi della riunione dei governativi con lo stesso Alfano e i ministri azzurri che doveva mettere a punto il documento con cui le colombe dovrebbero presentarsi al Consiglio nazionale di sabato.

Di contro, Berlusconi - che ieri in un colloquio col capo dei falchi, Raffaele Fitto, ne ha frenato le bellicosità - ha fatto parlare la sua forse più stretta collaboratrice, Mariarosaria Rossi, che, in una lunga nota, ha intonato un peana all’unità del partito. «Certa che Berlusconi, ancora una volta, saprà convertire le differenze in nuova e ritrovata unità», la fedelissima del Cav ha lasciato trasparire un ripensamento di Berlusconi sulla possibilità di evitare lo scontro finale con gli innovatori e tentare di giungere almeno a una tregua armata che scongiuri un bagno di sangue al Cn, con la probabile conseguente scissione. In nottata, però, il Cavaliere intervenendo al raduno dei giovani falchi di Forza Italia, ha ritrovato la faccia dell’arme. Incalzato dall’ardore giovanile dei neoadepti, ha sentenziato: «Mai più insieme ai responsabili del mio omicidio politico». E, riferendosi ai ministri azzurri: «Non credo che possano restare al governo, se io decado».

Agli stessi membri dell’esecutivo ha riservato una battuta: «Comprensibile l’attaccamento al ruolo: amano fare i ministri ”diversamente“». Poi , ancora la «preoccupazione» per il voto sulla sua decadenza, che - ha detto - lo metterebbe «in balia di tutte le Procure». Da parte sua, Alfano ha speso la giornata cercando di tenere a freno l’ala più battagliera delle colombe. Innanzitutto esorcizzando la vulgata che le parole del Cavaliere - «Farete tutti la fine di Fini» - fossero una minaccia: «Conosco Silvio e so che non intendeva questo. Il nostro presidente Berlusconi - ha detto a Padova il segretario - è vittima di una grande ingiustizia, ma si è sempre comportato da uomo di Stato. E noi lavoreremo fino all’ultimo istante possibile per tenere unito il nostro movimento». A dare man forte ad Alfano un altro ministro, Maurizio Lupi: «Da qui al Cn, ci adopereremo per far trionfare l’idea di un partito aperto e non estremista». Parole, quelle del segretario, che hanno messo la sordina alle dichiarazioni di Cicchitto e Formigoni che, da parte loro, non scartavano l’ipotesi di una rottura all’assemblea del 16. Scenario catastrofico a cui corrispondeva, sul versante opposto, quello evocato da Daniela Santanché, che parlava di un «sabato in cui, quelli attaccati alla poltrona di ministro, si sveglieranno e per loro sarà un incubo».

Fatta la tara dei pasdaran più accesi e mentre ”l’esercito di Silvio“ annuncia per sabato una manifestazione a Roma di appoggio al leader, a esprimere la linea dei lealisti provvedeva in serata Raffaele Fitto, con un ragionamento certamente condizionato dal bagno di moderazione avuto a palazzo Grazioli, ma in cui si ribadiva che «certamente l’unità è stata e sarà fino all’ultimo momento utile il nostro obiettivo, occorre però - aggiungeva l’ex ministro - che si tratti di unità nella chiarezza e non di una ricomposizione transitoria e di facciata. Siamo tutti chiamati a mostrare non solo lealtà a Berlusconi, ma anche ai nostri elettori e ai programmi su cui siamo entrati in Parlamento e su cui alcuni di noi sono stati chiamati al governo».

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