Tiziana Cantone, nessun colpevole e rabbia della madre: «Mia figlia era al centro di una tragedia»

Otto anni dopo la morte della 31enne archiviato anche il fascicolo di omicidio

Tiziana Cantone
Tiziana Cantone
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Giovedì 11 Gennaio 2024, 23:47 - Ultimo agg. 12 Gennaio, 20:00
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Dunque, il caso è chiuso. La Procura di Napoli nord ha chiesto e ottenuto l’archiviazione dell’ultimo filone di indagine legato alla morte di Tiziana Cantone: archiviata l’accusa di omicidio, che era stata aperta tra il 2019 e il 2020, sull’onda d’urto di alcune denunce presentate dalla famiglia della donna di Mugnano; anni prima era stata archiviata anche l’accusa di istigazione al suicidio, in relazione alle pressioni subite da Tiziana Cantone, al termine di una sorta di gogna mediatica subita negli ultimi mesi di vita. È stato il gip del Tribunale di Napoli nord Raffaele Coppola ad accogliere le conclusioni investigative del pm Giovanni Corona, che non ha ravvisato elementi in grado di sostenere l’accusa di omicidio volontario.

A leggere le conclusioni dei due filoni di indagine, Tiziana Cantone si è sucidata, nel tentativo disperato di bloccare la diffusione di video privati senza il suo consenso. Il suo dramma resta vivo e attuale a proposito delle conseguenze della diffusione sui social di immagini private, senza autorizzazione. Ma non c’è prova che sia stata ammazzata. Era il 13 settembre del 2016, quando la donna venne trovata senza vita nella tavernetta della sua villa di Mugnano, dove viveva assieme alla madre. Ed è proprio la mamma di Tiziana, Maria Teresa Giglio, a commentare così l’archiviazione dell’accusa di omicidio: «Sono molto amareggiata e delusa, provo amarezza per la mancanza di rispetto nei confronti di una ragazza che, nella sua giovane vita, ha subìto tutto il male possibile», ha spiegato facendo leva sul suo legale di fiducia, il penalista Luca Condrò.

In sintesi, la famiglia aveva puntato l’indice contro presunte lacune dell’inchiesta, a partire dal ritrovamento della donna, impiccata con un cappio formato dalla propria pashmina alla panchetta usata per gli attrezzi ginnici. 

Ma proviamo a seguire il ragionamento della Procura di Napoli nord: si parte dagli esiti dell’autopsia fatta nel 2021, quindi cinque anni dopo il rinvenimento del cadavere. Come è noto, il corpo venne riesumato anche nel tentativo di chiudere una sorta di gap investigativo, dal momento che l’autopsia non venne esperita subito dopo il decesso, nonostante Tiziana Cantone si fosse rivolta in Procura a denunciare la gogna che stava subendo con la pubblicazione di video sulla sua vita privata. Nessun riscontro anche a proposito delle analisi della pashmina, un indumento usato per stringere il cappio al collo della 31enne, né tracce utili sono emersi dall’analisi della panchetta usata per l’impiccagione, che - vale la pena ribadire - non era stata fissata al suolo con dei bulloni. Una serie di anomalie e sospetti che hanno dato luogo a verifiche poi culminate nella richiesta di archiviazione. Un caso immediatamente esploso sotto il profilo mediatico, che ha dato la stura a un progetto di legge poi chiamato «revenge porn», proprio a proposito della necessità di tutelare le persone che si vedono travolte dalla pubblicazione non autorizzate di immagini private e contenuti sensibili. È sulla scorta della dolorosa esperienza di Tiziana Cantone che oggi esistono leggi contro quella che viene chiamata gogna mediatica. Quanto basta a riassumere alcuni aspetti di una vicenda drammatica: siamo nella prima parte del 2016, quando Tiziana sporse denunce contro la diffusione su circuiti aperti a tutti di immagini e video della propria vita privata. Aveva chiesto di bloccare quella frontiera social, oltre a tentare di cambiare indirizzo, finanche provando a spostarsi in un’altra città. Ma, a leggere la sua denuncia, Tiziana era preceduta dalla morbosa curiosità alimentata da video destinati a rimanere riservati. Sia a Napoli che in altre regioni d’Italia, erano diventati virali video trasmessi in una chat “dedicata”, quindi chiusa, non aperta a tutti.

Video

Spiega oggi l’avvocato Condrò: «Non abbiamo mai inseguito l’ipotesi omicidiaria come dogma, abbiamo solo lottato per avere degli approfondimenti. Tutti i consulenti della Procura hanno concluso che con quella panchetta un’ipotesi di impiccamento incompleto fosse possibile. Il punto che abbiamo evidenziato è che Tiziana è stata rinvenuta in ginocchio con le gambe incrociate, in perfetto equilibrio, mentre i nostri consulenti dicono che negli ultimi attimi di vita si hanno convulsioni totalmente incompatibili con un corpo in equilibri. Un punto che viene superato dal gip, che a me lascia perplesso». 

Scrive oggi il gip di Napoli nord: «Le risultanze tecniche esaminate, dalle quali emerge la compatibilità delle concrete circostanze della morte di Cantone con l’ipotesi di suicidio per impiccamento unitamente all’assenza di elementi che valorizzino il decesso per strangolamento, consentono di diradare anche gli ultimi dubbi in ordine alle effettive cause della morte della donna». Resta una vicenda umana drammatica, con una persona che ha inutilmente provato a frenare la deriva social costruita ad arte per colpire la sua dignità di donna. 

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