Al Bano Carrisi e il vino: «Dal palco alla cantina: l’ho promesso a mio padre»

«Mangiare senza vino non è praticabile, fosse pure un panino al prosciutto mezzo bicchiere ci vuole»

Al Bano Carrisi
Al Bano Carrisi
di Maria Chiara Aulisio e Gerardo Ausiello
Venerdì 17 Maggio 2024, 12:00 - Ultimo agg. 16:05
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Una voce potente, che ha resistito allo scorrere del tempo, e una naturale simpatia che gli ha permesso di entrare agevolmente, per poi restarci, nel cuore e nella mente degli italiani e non solo. Al Bano Carrisi è un uomo e un artista che si è fatto con le proprie mani, costruendo una gloriosa carriera con sacrifici e sudore della fronte, come insegna la cultura contadina da cui proviene la sua famiglia d’origine. In questo senso somiglia davvero al vino, che nasce e cresce solo grazie a una cura e un’attenzione particolari. Proprio la forza, la fierezza ma anche la morbidezza che lo contraddistinguono, perché riesce a coniugare determinazione e mitezza, lo rendono simile a un vitigno della sua terra, il Primitivo, a cui Al Bano è molto legato, avendolo amato fin da bambino ed essendo oggi un affermato produttore di questo nettare. Non a caso l’artista pugliese ha dedicato al padre la sua bottiglia di punta, il don Carmelo, vincitrice di importanti riconoscimenti internazionali.

Ma fra i tratti distintivi del carattere di Al Bano non c’è solo la tendenza alla socialità. Si va oltre. Carrisi è infatti in grado di costruire, con semplicità, un legame con il pubblico, di mettersi in sintonia con chi lo segue stabilendo una solida relazione emotiva. È, in una parola, un artista empatico. Ci siamo allora chiesti quale sia il vino più “socievole” di tutti, capace di creare un’atmosfera magica tra le persone che lo bevono e che, pur non conoscendosi, tra un brindisi e l’altro riescono ad entrare subito n connessione. La risposta è il Gewurztraminer, il Traminer aromatico, vitigno inebriante e seducente, adorato soprattutto dalle donne per la sua freschezza e rotondità e che deve la sua fama anche alla sorprendente inclinazione a far crescere e sviluppare amicizie e amori. 

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«Lo avevo promesso a mio padre.

Vado via, faccio fortuna, torno a Cellino e compro una cantina solo per te». 

È stato di parola. 
«Ho la testa dura e un po’ alla volta ce l’ho fatta. Oggi il nostro vino si beve in tutto il mondo e non sto esagerando».

A suo padre ha dedicato anche un’etichetta. 
«”Don Carmelo”, papà si chiamava così, il don l’ho aggiunto io: meritava un trattamento d’onore».

È bianco o rosso il “Don Carmelo”? 
«Sia bianco che rosso. Il bianco è una selezione di uve Chardonnay, il rosso un mix di Negroamaro e Primitivo, più Negroamaro che Primitivo per la verità. Entrambi prevedono l’affinamento in botti di legno».

Gigi D’Alessio e Gianna Nannini hanno fatto molti complimenti al suo vino, soprattutto al “Platone”. 
«E ci credo, un Primitivo in purezza. Nel 2009 è stato premiato come miglior vino del mondo tra quelli che producono tutti i vip del pianeta. Uve nere autoctone dei più pregiati vitigni del Salento. Anche a Gianni (Morandi, ndr) piace molto».

Perché “Platone”? 
«Perché quel filosofo aveva le idee chiare in materia di vino. Sapete che cosa scriveva nel 400 avanti Cristo?».

Ce lo dica lei. 
«“Il vino per l’uomo è come l’acqua per le piante, che in giusta dose le fa stare bene erette”, ma soprattutto - e questo lo aggiungeva il poeta fiorentino Luigi Pulci - “nel buon vino ho fede, e credo che sia salvo chi gli crede”».

Pura filosofia enologica. 
«In realtà nel vino sembra risiedere il punto di partenza dei ragionamenti. Sempre secondo Platone tolti i freni inibitori, l’uomo riuscirebbe a tirare fuori ciò che di solito tiene nascosto».

Parliamo di abbinamenti. Al Bano quali preferisce? 
«“È un bicchiere di vino con un panino, la felicità”. Vado avanti? “È lasciarti un biglietto dentro al cassetto, la felicità...”».

Quindi vino e panino? 
«Partiamo dal presupposto che è una questione di gusti, e ognuno beve quello che gli pare abbinato a ciò che preferisce, per quanto riguarda me mangiare senza vino non è praticabile. Fosse pure un panino al prosciutto mezzo bicchiere ci vuole. Poi è bianco o è rosso poco importa».

Mezzo bicchiere? Tutto qui? 
«Il vino è medicina ma essere moderati è fondamentale e io non esagero mai. Mezzo forse è poco ma un paio di calici tra pranzo e cena mi sembra il giusto compromesso».

Primo bicchiere? 
«Lasciamo perdere».

Che vuol dire lasciamo perdere? 
«Avevo sei anni, forse anche un po’ meno».

Un bambino
«Un bambino nato in una famiglia di contadini, contadini da generazioni. Mio nonno decise che era arrivato il momento del battesimo del vino anche per me, dalle nostre parti si usava così, e mi consegnò un bicchiere di rosso invitandomi a berlo di un fiato. Ubbidii con le conseguenze che è facile immaginare». 

Si ubriacò. 
«Quando mia madre se ne accorse successe il finimondo ma ormai ero già steso».

Una famiglia di contadini diceva. 
«I miei genitori coltivavano l’orto e poi campavano vendendo i prodotti della terra. Producevano anche il vino ma giusto quel poco che serviva a loro».

Quindi il vino è una passione antica. 
«Antica? Antichissima. Antonio, il mio bisnonno, lo offriva perfino ai briganti».

I briganti? 
«Erano undici, si nascondevano nelle campagne di Cellino San Marco, il brigantaggio era un fenomeno molto diffuso. Conobbero il bisnonno, si fidarono di lui e lo utilizzarono per farsi portare il cibo e tutto ciò di cui avevano bisogno».

Il corriere dei briganti. 
«Il mio povero bisnonno li assecondava per paura, come tutta la gente del posto d’altronde. E insieme alla spesa gli portava pure un fiasco di “miero” che in dialetto significa “vino puro”».

Vita avventurosa
«Tutto finì la sera del 24 luglio del 1861: dopo un conflitto a fuoco, la Guardia nazionale comandata dal capitano Luigi Lupinacci riuscì a catturare gli undici briganti che furono portati a Brindisi e fucilati. E il nonno fu finalmente libero».

Chiudiamo l’intervista con il nostro abbinamento. Se Al Bano fosse un rosso sarebbe forte e morbido come il Primitivo, se invece fosse un bianco, empatico come il Gewurztraminer. Che ne pensa? 
«Visto che lo produco non potrei non sentirmi un Primitivo. D’accordo anche sul Gewurztraminer, il mio aperitivo ideale». 

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