Paolo Cirino Pomicino e il vino: «Quelle bevute con Adriano Panatta, Volia Chitis e Naomi Campbell»

«Sono un moderato ma mezzo bicchiere a pranzo e mezzo a cena me lo concedo quasi sempre»

Paolo Cirino Pomicino con Peppino di Capri
Paolo Cirino Pomicino con Peppino di Capri
di Maria Chiara Aulisio e Gerardo Ausiello
Venerdì 12 Aprile 2024, 12:00 - Ultimo agg. 19 Aprile, 11:00
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Un politico capace di abili mosse, colpi d'azzardo, spregiudicato ma moderato, in grado di sparigliare o temporeggiare a seconda delle circostanze. È piena di ossimori la vita di Paolo Cirino Pomicino, passato attraverso le varie Repubbliche italiane per la sua sorprendente resilienza. Proprio lo stupore di ogni sua mossa, dalla gioventù fino all'età della saggezza, ci suggerisce un accostamento con un vitigno che regala grandi soddisfazioni. È l'Arneis delle Langhe, oasi felice nel panorama vitivinicolo italiano, un bianco che va bevuto a basse temperature, quasi gelato, come piace a Pomicino, e che persino a gradazioni così basse è in grado di sprigionare profumi e sentori di non comune complessità: dai fiori come acacia e camomilla fino ai frutti a polpa gialla maturi, come pesca, banana e ananas. Un vino da aperitivo ma che si sposa benissimo anche con primi a base di pesce o, per sparigliare appunto, con i tagliolini al tartufo. Ma un napoletano orgoglioso come Pomicino potrebbe rizelarsi se abbinato a un vitigno piemontese. Così corriamo subito ai ripari: per la sua intelligenza e la sua astuzia il potente ex ministro del Bilancio non può che ricordare il Coda di Volpe bianco, antico vitigno campano che oggi piace sempre di più per la sua versatilità: è infatti al tempo stesso aromatico, sapido e fruttato.

Se fosse un rosso, invece, Pomicino somiglierebbe di sicuro al Magliocco, vitigno a bacca nera calabrese che negli ultimi decenni sta vivendo un periodo fortunato grazie all'impegno di coraggiosi viticoltori che hanno deciso di vinificarlo in purezza.

Il risultato è encomiabile: il Magliocco è un vino poderoso ma gentile per i suoi profumi, capace di conquistarti bicchiere dopo bicchiere. Come per anni ha fatto Pomicino con i suoi elettori.

Il vino dei ricordi.
«Frascati superiore, mi sembrava un nettare. Come è vero che le circostanze possono condizionare perfino il gusto e i sapori».

Quali circostanze?
«A quarant'anni ho avuto un infarto, assai precoce per l'età che avevo. Andai a fare riabilitazione in un centro medico a Grottaferrata, a pochi chilometri da Roma. Naturalmente non potevo bere, l'unica trasgressione che mi veniva concessa erano un paio di bicchieri di Frascati al giorno».

Buon vino locale.
«L'ho detto, a me sembrava un nettare. Leggero, profumato, fresco, anzi freddo, perché a me il vino piace freddo, molto freddo».

Pure il rosso?
«Certo, pure quello. E se non è come dico io ci metto il ghiaccio».

Il ghiaccio nel vino rosso?
«Lo so fa orrore, sul piano dell'ortodossia ammetto di essere un pessimo bevitore ma che devo fare, mi piace così: annacquato».

Dove c'è gusto non c'è perdenza.
«Non ditelo a me... Anche il vino bianco, per esempio, è vero che si beve freddo, ma a gusto mio deve essere ghiacciato: non mi basta la temperatura del frigo, ci vuole il freezer».

Qualche bevuta memorabile non può non ricordarla.
«Più che bevuta penso a pranzi memorabili, mi vengono in mente quelli da Nicola alle Fumarole, sulla spiaggia di Sant'Angelo d'Ischia. Cibo strepitoso accompagnato da grandi brocche di vino bianco locale con le pesche».

Freddissimo ovviamente.
«Per forza. Insieme con le brocche arrivava pure il cestello col ghiaccio. Nicola già sapeva quello che doveva fare».

Era carta conosciuta.
«Eravamo tutti carte conosciute».

Tutti chi?
«Noi compagni di allegre serate d'estate, una comitiva variegata guidata dall'indimenticabile Volia Chitis».

L'imprenditore napoletano scomparso un mese fa.
«La nostra è stata un'amicizia nata tardi ma profondissima, eravamo molto legati, amici per la pelle».

Ha detto che eravate «carte conosciute», da chi?
«Dai ristoratori, in particolare quelli capresi».

E perché?
«Perché prima di sceglierne una mandavamo indietro non so quante bottiglie di vino. Volia assaggiava e diceva allappa, non mi piace».

Allappa?
«Sì, quella sensazione acre che senti quando mangi un frutto aspro, acerbo. All'inizio avevamo davvero l'impressione che fosse così, poi però ammetto che diventò una specie di rito, quasi un gioco, almeno due o tre bottiglie le rispedivamo al mittente».

Chissà quante benedizioni...
«Diventammo il terrore dei ristoratori. Scherzo ovviamente, Volia Chitis era un ottimo cliente, lo conoscevano tutti e era amico di tutti, non si poteva non assecondarlo».

Chi altro c'era in questa allegra compagnia?
«Mah, il gruppo era abbastanza misto. Spesso Adriano Panatta con la moglie, a volte Naomi Campbell, Alba Parietti e una serie di amici napoletani che Volia frequentava sempre».

Qual è il momento migliore per aprire una bottiglia?
«Quando ne hai voglia. Per quanto mi riguarda sono un moderato ma mezzo bicchiere a pranzo e mezzo a cena me lo concedo quasi sempre».

Preferenze?
«Vado a periodi, ora sono nella fase del Nebbiolo e del Dolcetto di Dogliani ma il vino campano resta una costante. Un calice di Falanghina Quintodecimo ghiacciato è insuperabile. Un'altra cantina che pure mi piace è quella dei Feudi di San Gregorio della famiglia Capaldo, Pellegrino è amico mio, scherzando dico sempre che gli ho fatto da sponsor: per anni in qualunque ristorante andassi chiedevo il vino dei Feudi e quando non c'era iniziavo a protestare».

Dal nostro abbinamento viene fuori che se Cirino Pomicino fosse un bianco sarebbe un Arneis delle Langhe o un Coda di Volpe. Un Magliocco calabrese se fosse un rosso.
«Mai bevuti in vita mia ma se mi somigliano li provo».

Secondo lei Giorgia Meloni che vino è?
«Un rosso fermo e corposo perché è una donna tosta, cazzuta, mi permetto di aggiungere favorita dalla mediocrità di chi la circonda».

Elly Schlein?
«Una bottiglia di Gragnano».

Gragnano?
«Ha quel poco di frizzantino che però non lascia alcun sapore». 

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