Massimiliano Rosolino e il vino: «Quel brindisi con le medaglie messe in salvo da mia madre»

«Amo cucinare e un bel calice mentre preparo da mangiare ci sta benissimo»

Massimiliano Rosolino
Massimiliano Rosolino
di Maria Chiara Aulisio e Gerardo Ausiello
Venerdì 15 Marzo 2024, 12:00 - Ultimo agg. 22 Marzo, 12:15
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Massimiliano Rosolino, uomo da sessanta medaglie, capace di grandi imprese sia in vasca che fuori, è sinonimo di forza, possenza, ma anche fascino e capacità di coinvolgere. Tutte caratteristiche che ci rimandano a un vitigno che fa del temperamento e della sua tipicità un tratto identitario: il Cannonau di Sardegna, rosso corposo, caldo, morbido, con una forte gradazione alcolica e un radicamento eroico. Il nuotatore campione olimpico a Sydney, che da Napoli ha girato il mondo per fare poi spesso tappa, soprattutto d’estate, nell’amata Sardegna, ci ricorda il Cannonau anche per il suo orgoglio, il suo senso di appartenenza alla terra d’origine e la fierezza con cui mostra e difende le proprie radici. Per il bianco l’aggettivo scelto per descrivere Max Rosolino è la versatilità. Da straordinario nuotatore a coraggioso imprenditore fino ad appassionato ballerino, contiene in sé un blend di qualità ed emozioni che esaltano la sua singolarità. Da qui la scelta di abbinarlo a una bottiglia unica e irripetibile, che esalta gli appassionati in tutto il pianeta: il Fiorduva di Marisa Cuomo, mix di vitigni autoctoni della Costa d’Amalfi (Fenile, Ginestra e Ripoli) capaci di generare un nettare carico di suggestioni.

Il terzo abbinamento nasce invece da un altro aspetto che è possibile cogliere nel campione partenopeo e che attiene soprattutto alla sua sfera privata: il romanticismo e la sua predisposizione all’amore.

Qui ci viene in aiuto il vitigno più amato dalle donne, protagonista di primi appuntamenti, incontri galanti e cene a lume di candela: il Gewurztraminer, Traminer aromatico, meglio se passito: fresco e avvolgente, perfetto sottofondo enologico per baci, coccole e carezze.

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«Brunello e Amarone e non sbagli mai».

Le piace vincere facile.
«Ho vissuto un paio d'anni a Verona, lì hanno proprio il culto del vino. Trovo che sia difficile bere male da quelle parti a prescindere dalle annate».

Il Veneto è senza dubbio una delle principali regioni italiane per la produzione di bottiglie di qualità.
«Bianco, rosso, rosè... sarà il clima particolarmente favorevole ma li trovo tutti speciali».

Brunello e Amarone, diceva. Quindi preferisce il rosso?
«Sì, preferisco il rosso. Da ragazzo invece mi piaceva assai il Moet&Chandon, me lo concedevo ogni volta che andavo a mangiare nel ristorante di mio padre».

Rosso e bollicine, insomma.
«In realtà sono cinque, forse sei anni che mi sono davvero appassionato al mondo del vino. Prima seguivo le tendenze, con gli amici andavamo a periodi, senza considerare che da sportivo, negli anni d'oro dell'agonismo, l'alcol non dico che era bandito ma quasi. Per lunghi periodi non si toccava neanche una birra».

Qual è il momento migliore per aprire una bottiglia?
«Il mio è certamente la sera, quando mi metto ai fornelli. Amo molto cucinare e un bel calice mentre preparo da mangiare ci sta benissimo».

Solo o in compagnia.
«Quando ho conosciuto Natalia era quasi astemia. Un po' alla volta ha comimciato ad apprezzare il vino pure lei: un bicchiere insieme lo condividiamo volentieri, ma il vero esperto della famiglia è mio cognato».

Suo cognato?
«Il marito di mia sorella, bravissimo, è un sommelier, ha una cantina da fare invidia. Mi ha insegnato un sacco di cose, a cominciare dalla temperatura che deve essere sempre quella giusta, altrimenti la qualità del vino non la apprezzerai mai fino in fondo. Ve lo dice uno che era abituato a bere tutto ghiacciato».

Ama le bevande fredde?
«Mia madre è australiana, è vero che in quel Paese hanno il culto del vino, che tra l'altro è pure buono, ma è anche vero che lo bevono solo freddissimo. Mio cognato mi ha spiegato che invece la temperatura è fondamentale: fresco per il bianco, ambiente per il rosso».

Olimpionico a Sydney nel 2000, campione mondiale a Fukuoka nel 2001. Sessanta medaglie in totale. Ne avrà fatti di brindisi Max Rosolino.
«Le bollicine sono un simbolo irrinunciabile dei trionfi sportivi. Tra l'altro credo che associare il brindisi a un evento agonistico sia un'opportunità straordinaria per promuovere il consumo responsabile di alcol. In ogni caso sì, abbiamo consumato litri e litri di spumante».

Sessanta medaglie sono tante.
«Una volta ne avevo tre appese al collo e si brindava. C'era pure mia madre, venne a togliermele subito perché saltavamo e cantavamo e ballavamo come i pazzi: le medaglie si stavano graffiando in maniera irrimediabile».

Bevuta memorabile?
«Memorabile non saprei».

Quella che le piace di più?
«Piena estate, giornata in gommone con mio cognato, sempre lui, il sommelier. Ci fermiamo a Ischia, tappa a Sant'Angelo, spaghetto con le vongole e grande bottiglia di champagne. Ecco, quello è il mio momento magico».

Passiamo all'abbinamento. Se fosse un bianco secondo noi Massimiliano Rosolino sarebbe il Fiorduva di Marisa Cuomo. Che ne pensa?
«Penso che i vini di Marisa Cuomo sono molto, molto buoni».

In realtà la scelta è caduta su un mix di vitigni autoctoni assimilabili, enologicamente, alla sua capacità di passare dallo sport al ballo all'imprenditoria.
«Giusto. Mi è sempre piaciuto cambiare, l'ho fatto più volte nella vita e lo faccio anche con il vino. La degustazione è fondamentale per imparare a conoscere nuovi sapori. E se invece fossi un rosso che cosa sarei?».

Un Cannonau di Sardegna, forte e potente.
«Lo conosco bene, è uno dei miei preferiti ma annata e cantina fanno la differenza. In Sardegna ci vado tutti gli anni, una regione solare, tosta, ventosa. Affascinante come il vino che si produce e il Cannonau è una garanzia».

Ultima curiosità: come ha conquistato Natalia Titova?
«Senza vino. È crollata davanti ai miei spaghetti aglio, olio, pachino e basilico. Anche se poi a sedurla è stata un'altra cosa».

Quale?
«La ripassata finale in padella a fiamma alta». 

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