Francesco Moser e il vino: «Belen adora le mie bollicine»

Forte ma equilibrato come l’Amarone e il Metodo classico

Francesco Moser
Francesco Moser
di Gerardo Ausiello e Maria Chiara Aulisio
Venerdì 5 Aprile 2024, 07:27 - Ultimo agg. 6 Aprile, 21:09
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Bici, bollicine e un legame indissolubile con la madre terra. Sono gli ingredienti del successo di Francesco Moser, che hanno contribuito a renderlo un mito, una leggenda dello sport italiano. Ma le bolle a cui somiglia il poderoso ciclista trentino non sono certo quelle versate con disinvoltura per miscelare aperitivi a buon mercato. No, hanno invece una trama fine e delicata e in bocca lasciano una sensazione di freschezza e persistenza, con un inconfondibile sapore che ricorda il pane tostato. Moser, con la sua eleganza, fierezza e determinazione, non può dunque che essere uno spumante metodo classico e in particolare un Trento doc, come quelli che da decenni produce con la sua famiglia in quell’area geografica dove crescono vitigni di grande valore e qualità. Se invece fosse un rosso, al nostro insindacabile giudizio sarebbe di sicuro un Amarone, il cui metodo di produzione lo rende unico in tutto il panorama vitivinicolo mondiale. Il suo asso nella manica è l’appassimento, che avviene secondo un metodo antico che in Valpolicella ha sfidato tempo e spazio restando pressoché invariato nei secoli. Le uve, infatti, non vengono pigiate fresche ma parzialmente disidratate, come si fa per produrre i passiti. Ma l’Amarone - ecco la particolarità - non è un vino dolce bensì secco, da qui il nome, “grande amaro”, che ha fatto innamorare milioni di appassionati dagli Stati Uniti al Giappone. È una bottiglia dalla personalità forte ma al tempo stesso equilibrato, che ti sorprende ad ogni sorso per la sua pienezza e sapidità e per la capacità di avvolgerti come il velluto. Proprio come solo Moser sapeva fare in sella ad una bici, trascinandoti nelle sue imprese manco fossi seduto dietro di lui a goderti lo spettacolo mozzafiato. 

 

Un Giro d’Italia, tre Parigi-Roubaix, la Milano-Sanremo, un campionato del mondo su strada e uno su pista. Con 273 vittorie è il ciclista italiano con il maggior numero di successi ma è a Città del Messico, nel 1984, che Francesco Moser viene consegnato alla storia con la migliore prestazione sull’ora: 51,151 chilometri. Record a lungo imbattuto.
«Non a caso è il nostro prodotto di punta, il fiore all’occhiello».

In che senso?
«Nel senso che una vittoria come quella andava celebrata e ricordata.

A darmi l’idea fu il preside di allora dell’Istituto di agraria di Trento.Mi disse: “Fai uno spumante e mettici su il 51,151: gli altri avrannoun nome,tu un numero”». Numero da primato. «Ammetto che l’idea fu buona, ora è il “principe” della nostra linea Trentodoc: centomila bottiglie all’anno,una cuvée Brut che produco con la stessa passione chemi portò a conquistare quel record».

Dalla bicicletta allo spumante il passo è lungo.
«Invece è breve, anzi brevissimo. Sononato in campagna, a Palù, piccolo paesino in provincia di Trento, lamia famiglia ha sempre prodotto il vino».

Tradizione antica.
«Abbiamo cominciato negli anni Cinquanta, siamo statitra i primi a piantare vitigni come Muller Thurgau, Traminer, Chardonnay, Moscato giallo. Ero soloun ragazzino e già lavoravo nei campi, c’erano itorchi a mano, l’uva si portava a spalla, noi piccoli ci divertivamo a schiacciarla con i piedi nei catini».

Ricordi d’infanzia.
«Indimenticabili. A tredici anni, con i compagni di scuola, già si provava a fare il vino».

A tredici anni?
«Forse anche meno. Finita la vendemmia andavamo a raccogliere l’uva che avanzava, poila facevamo fermentare in una vasca e la domenica mattina, armati di bottiglie, vendevamo vino al bicchiere aifedeli che uscivano dalla messa».

Ragazzini ma già imprenditori.
«Univamo il divertimento a un po’ di guadagno, di soldi ne avevamo sempre pochi.In realtà l’idea la rubammo ai francescani».

Produttori di vino anche loro?
«Con l’uva degli altri».

Racconti.
«Frà Venanzio,me lo ricordo come se fosse ieri, appena iniziava la vendemmia, a bordo di un camioncino sgangherato, girava per le campagne della zona e da ogni contadino si faceva regalare un po’ di uva, la portava in convento e lì con i confratelli facevano il vino».

Piccola produzione.
«Piccola produzione? Tiravano suquintali di uva,in unanno imbottigliavano più di cento ettolitri».

Dicono che anche la suaprima vittoria sia legata al mondo del vino.
«Certo. Da dilettante vinsi il Palio del Recioto, a Negrar di Valpolicella, all’epoca era il vino migliore, di Amarone se ne vedeva ancora poco. La gara era sponsorizzata dai produttori locali. Ricordo che bevvi il vino dalla coppa della vittoria con i miei compaesani a fare il tifo, un’emozione che meritò tutto lo sforzo sulle gambe».

Parliamo di abbinamenti. 
«Francamente non li capisco. Si dice che con il bianco ci va il pesce e con il rosso la carne e lo spumante da aperitivo. Per me conta solo una cosa, che il vino sia buono, poi fate come vi pare».

Noi invece l’abbiamo abbinata alle bollicine. Se Francesco Moser fosse un vino sarebbe proprio un Trento doc.
«Meglio di così non mi poteva andare. La nostra famiglia produce il “metodo classico” dal 1984 con uve Chardonnay e Pinot nero».

Clienti illustri?
«Mah, ne ho tanti.Mi vengono in mente Alberto Tomba, la Calligaris, Nicola Pietrangeli. Qualche bottiglia la spedivo pure a Gimondi. A Felice piaceva il Moscato giallo».

E Belen invece che cosa beve?
«Per la verità mio figlio Ignazio è fidanzato con sua sorella Cecilia ma la Belen la vedo spesso, è venuta anche qui in azienda. Quello che beve per conto suo non lo so, con me solo “51,151”. E vi assicuro che le piace. E piace molto anche ai tanti visitatori che vengono a trovarci».

Vengono per il vino o per Moser?
«Questo non lo so. In ogni caso per accontentare tutti accanto alla sala degustazioni ho allestito un piccolo museo con lemie bici, le mie maglie, i trofei».

Tre pezzi in mostra per i quali varrebbe la pena farle visita.
«La bicicletta del record dell’ora, la maglia rosa del Giro d’Italia e la pietra di Roubaix, un cubetto di pavé che mi ha fatto pedalare direttamente nella storia».

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