Carabinieri morti a Campagna: chi erano Francesco Pastore e Francesco Ferraro, due ragazzi innamorati della divisa

Entrambi pugliesi di Manfredonia e Montesano Salentino, Pastore era cresciuto con il papà in caserma

Francesco Pastore e Francesco Ferraro
Francesco Pastore e Francesco Ferraro
di Petronilla Carillo
Domenica 7 Aprile 2024, 22:42 - Ultimo agg. 9 Aprile, 07:33
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Storie che si intrecciano come nella trama di un film. Un’auto dell’Arma che incrocia il suv guidato da una giovane con un passato non molto “pulito” e una tragedia che si consuma in una tranquilla serata di sabato. Sono le 23 quando avviene lo scontro mortale. I due Francesco, nonostante la giovanissima età, erano di pattuglia. Non erano usciti per divertirsi ma, appunto, per garantire il divertimento e la sicurezza degli altri. 

Il maresciallo Pastore, 25 anni da compiere a breve, era al suo primo incarico. A luglio era stato assegnato alla stazione di Laviano per poi essere trasferito, poco dopo, a quella di Campagna, sempre nella Compagnia di Eboli. Gli era bastato davvero poco per farsi voler bene dai cittadini della comunità locale che spesso lo fermavano per strada per un consiglio o anche solo per quattro chiacchiere. Aveva la divisa cucita addosso, figlio di un carabiniere - il padre appuntato è ora in servizio presso la stazione radiomobile dei carabinieri di San Giovanni Rotondo- frequentava la caserma fin da piccolo.

Chiedeva sempre al genitore di portarlo con lui perché da grande voleva seguite il suo esempio. Ed è morto proprio indossando quella divisa che tanto amava. «Aveva voluto seguire le orme del suo papà Matteo - racconta un collega di Manfredonia amico del padre - Per questo dopo il diploma da geometra aveva lasciato Manfredonia nel 2020 per arruolarsi e frequentare prima la Scuola sottufficiali di Velletri, poi prendere la laurea in Scienze giuridiche a Firenze e terminare la scuola con il grado di maresciallo». Aveva «fame di vita» dicono i suoi amici di sempre e avrebbe «voluto continuare a studiare perché di progetti ne aveva davvero tanti». 

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«Un ragazzo d’oro, un dono per questa comunità». Lo descrivono così, invece. Francesco Ferraro i suoi amici di Montesano Salentino. Sin da piccolo impegnato nelle attività dell’oratorio del suo paese, era stato anche animatore per i più giovani poi era diventato volontario della Protezione civile, impegnandosi nell’organizzazione della festa patronale ogni anno. Nel suo curriculum anche una importante conoscenza informatica che aveva saputo ben adattare nella sua professione di carabiniere. Anche il fratello Alessandro è carabiniere in Calabria, a Crotone.

«Non aveva difetti nella concezione dell’amicizia - ricorda Mattia Sparascio, uno degli amici più cari - era solare, dotato di una tranquillità disarmante.

Non aveva mai scatti d’ira e la sua gentilezza era la cosa che colpiva di più. Dopo la partenza per l’esperienza in Marina e il successivo passaggio nell’Arma dei carabinieri, aveva lasciato il paese con dispiacere, ma allo stesso tempo era contentissimo del suo nuovo lavoro. Non potrò mai dimenticare le gite fuori porta, le cene a casa con gli altri. Era una persona bellissima». Quando poteva, tornava sempre a casa. E nelle ultime occasioni aveva portato con sé due novità.

«Ci aveva presentato Carmela, la sua fidanzata conosciuta a Salerno - continua Mattia - insieme erano una coppia splendida. E poi la sua moto, una Ducati, comprata con i primi risparmi. Amava da sempre armeggiare con le due ruote, durante l’adolescenza aveva sistemato uno scooter e scorrazzava nei dintorni con tanta allegria». E proprio Carmela, ieri, è stata una delle prime ad arrivare all’obitorio di Eboli. Era disperata: «Dio, Dio dove sei – ha gridato la ragazza, coetanea del maresciallo – non ce la faccio è un dolore troppo grande per me. Un dolore immenso. Francesco mi manchi già. Mi mancherai per tutta la vita». 

Un passato diverso quello di Nancy Liliano anche se poco c’entra con l’incidente di sabato sera. Già nota alla Procura e alle forze dell’ordine alcuni anni fa è stata coinvolta in un traffico di droga, era il 2019, insieme ad altri familiari. Una rete criminale che li univa alla ndrangheta calabrese e che ha visto poi molte condanne, tra cui una a tre anni per lei. Condanna ormai scontata. Era tornata ad essere una donna libera.

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