Fonderie, operai davanti al Tribunale
Lembo: aggressione verbale contro i giudici

Gli operai davanti al Tribunale di Salerno
Gli operai davanti al Tribunale di Salerno
Mercoledì 19 Ottobre 2016, 13:51
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SALERNO - «Il diritto alla salute e il diritto al lavoro sono due diritti costituzionali fondamentali. Si tratta di bilanciare questi due valori costituzionali». A dirlo, a margine di una conferenza stampa, il procuratore della Repubblica di Salerno Corrado Lembo in merito al corteo dei lavoratori delle Fonderie Pisano, fermatosi lungamente anche sotto Palazzo di Città, per protestare contro la questione dello stabilimento ancora chiuso. «La Procura della Repubblica - aggiunge Lembo - non può fare tutto. Esiste la separazione dei poteri e noi non possiamo sostituirci all'attività amministrativa che in qualche modo si riconduce all'esercizio dell'attività politica, alle scelte politiche che si fanno sul territorio da parte degli organi amministrativi deputati a perseguire queste scelte. Noi non possiamo intervenire su tutto ciò. Noi dobbiamo far rispettare la legge. Noi dobbiamo fare in modo che le procedure amministrative che devono condurre al rilascio delle autorizzazioni, le verifiche, siano appunto conformi alla legge».

«Non abbiamo - rimarca Lembo - compiti sostitutivi dell'attività politica o amministrativa; queste cose sono state perfettamente spiegate in ogni dettaglio. È giusto che i diretti interessati ne siano a conoscenza. Io mi sono preoccupato di incontrare le rappresentanze sindacali dei lavoratori ai quali ho spiegato quello che accade, così com'è stato spiegato nei nostri provvedimenti che - come tutti i provvedimenti giudiziari - possono essere impugnati». «Qui è intervenuto anche un giudice, non dimentichiamolo - ha voluto sottolineare il procuratore di Salerno - in alcuni casi non sono stati impugnati proprio dai diretti interessati, e questo è un dato di fatto che occorre sottolineare. Evidentemente i diretti interessati hanno pensato che non vi fossero i presupposti per l'impaginazione. Io capisco la rabbia, lo sconcerto, il dolore delle famiglie che vivono questa situazione, ma non condivido l'aggressione verbale, ingiusta, nei confronti della magistratura che non ha fatto altro che il proprio dovere».

Gli operai delle Fonderie Pisano, questa mattina, hanno sfilato in corteo accompagnati dai rappresentanti della Cgil, Francesca D'Elia e Anselmo Botte, ma anche da moglie e figli che hanno urlato slogan e esposto cartelli. Partiti dalla sede dello stabilimento, in via dei Greci, in oltre 250, hanno percorso Calata San Vito, Via Carmine, Piazza S. Francesco, Piazza XXIV Maggio, Corso Vittorio Emanuele, Via Diaz, Via Roma, per terminare in Piazza Portanova. Il momento più sentito è stato proprio sotto Palazzo di Giustizia, quando gli operai hanno urlato più volte «vergogna» e «andate a lavorare». Insieme a loro, tra gli altri, gli studenti degli istituti Galilei e Virtuoso, oltre alle moglie e ai figli degli stessi lavoratori che hanno esposto cartelli come «Se papà non lavora, io non posso crescere felice» e «Ci avete chiusi e buttati via come sacchi di immondizia perché puzziamo». A capeggiare la manifestazione la moglie di uno di loro, Angela Petrone accompagnata da due delle tre figlie, di otto e nove anni. «La più grande di dodici anni - dice - è andata a scuola, lei è la più sensibile, capisce di più la gravità di questa situazione e per lo stress sta perdendo i capelli. Noi siamo ormai disperati». «È la terza volta - spiega il sindacalista Botte - che scendiamo in strada per manifestare sulla questione delle Fonderie. Si tratta di una marcia della disperazione. Non riusciamo a capire come, nonostante i limiti di legge risultano rispettati, la fabbrica resti chiusa. Continueremo a protestare e farci sentire perché riteniamo di essere dalla parte della ragione».
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