Nella strage uccise il fratello
ora scrive diari nel centro protetto

Nella strage uccise il fratello ora scrive diari nel centro protetto
di Pasquale Sorrentino
Giovedì 6 Aprile 2017, 08:00
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SASSANO - Sono trascorsi due anni e mezzo da quando, quel maledetto 28 settembre 2014, Gianni Paciello perde il controllo della Bmw e – in una tragica domenica pomeriggio – va a schiantarsi contro l’ingresso del New Club 2000 nei pressi della rotonda di Silla a Sassano. Lì davanti stanno parlando, giocando, sorridendo i fratelli Nicola e Giovanni Femminella, Daniele Paciello e Luigi Paciello, fratello di Gianni. Muoiono tutti e quattro, e sono tutti e quattro giovanissimi, dai 14 ai 20 anni. Gianni Paciello, barista poco più che ventenne di Sassano, resta in auto. Ferito ma vivo. Dopo poche ore viene arrestato nell’ospedale di Polla accusato di omicidio volontario per aver guidato la sua auto oltre i cento chilometri orari ed essere risultato positivo all’alcol test. L’accusa verrà cambiata poi in omicidio colposo plurimo. L’incidente – occorre ricordare – avviene prima della messa in vigore della legge sull’omicidio stradale. Paciello viene arrestato e per lui scattano i domiciliari. Ma il clima a Sassano fa propendere alle autorità a non far scontare i domiciliari nella sua abitazione e viene prima ospitato in una struttura della Caritas nel Vallo di Diano e poi spostato – sempre per motivi di opportunità – in un’altra struttura nel Golfo di Policastro tenuta top secret.

Da due anni circa, quindi, il ventenne barista vive nella struttura. Ed è qui che sconta i domiciliari ed è da qui che viene a conoscenza degli esiti dei processi a suo carico. Perché a suo carico sono già arrivate due sentenze. In quella di appello è stata decisa una pena di 10 anni e 4 mesi e le motivazioni sono state depositate nei giorni scorsi. Entro un mese verrà depositato – verosimilmente – il ricorso in Cassazione. Gianni Paciello non si può muovere dalla struttura Caritas e attorno a lui c’è il massimo riserbo. Dall’associazione di carità non trapela nulla su come trascorra le ore, così come è massimo il riserbo dagli avvocati che lo difendono. Sono pochi i particolari che emergono su come il giovane trascorra i domiciliari in attesa di conoscere l’esito del ricorso e della sentenza definitiva. 

Vive in una camera singola, legge qualche libro e guarda la tv. Può incontrare – per le disposizioni dell’autorità giudiziaria – solo i genitori. In orari stabiliti offre un servizio attivo alla comunità che lo ospita. Infatti nella struttura Caritas ci sono altre persone – non agli arresti o condannati – e quindi Paciello si occupa di aiutare nella fase di ristorazione, soprattutto nel servire le altre persone. Non è un lavoro, in quanto non viene pagato, ma è un aiuto utile – secondo quanto traspare – per chi opera all’interno della struttura. Parla soprattutto con loro. Qualche volta il ventenne sassanese prende carta e penna e scrive, ripensando probabilmente a quanto avvenuto quel maledetto 28 settembre che ha distrutto tantevite. Quelle, innanzitutto, dei quattro ragazzi, poi dei loro familiari (che hanno seguito tutte le fasi processuale finora), e anche la propria. Ha ucciso il fratello minore ed è – da quanto trapela – consapevole di ciò. 
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