Tutto il mondo canta Dylan
Un mito in chiave world music

Tutto il mondo canta Dylan Un mito in chiave world music
di Federico Vacalebre
Martedì 4 Febbraio 2014, 16:53 - Ultimo agg. 18:15
3 Minuti di Lettura
Perch non possiamo non dirci tutti dylaniani & dylaniati. questo il punto di partenza di un disco curioso come From another world, sorprendente persino per chi non pu tornare a casa da un viaggio senza aver aggiunto alla propria collezione il trofeo di un vinile/cd con le canzoni dell’uomo di Duluth tradotte in norvegese, swahili o coreano. Mai, per, ci era capitato di sentire i classici della produzione di Bob Dylan riletti, tutti in una volta, con simile variet di suoni e di lingue. L’idea di Alain Weber, musicologo e produttore del disco in questione, pubblicato dalla Worldbeat e in distribuzione in Italia per la Egea, era quella di rendere omaggio all’universalità profetica e poetica del rocker che per primo ha messo l'arte nel jukebox facendo incontrare i suoi materiali con culture diverse, profondamente diverse. «Da un altro mondo», appunto: soneros cubani, zingari della Romania, poeti del Rajasthan, Musicisti del Nilo (scritto con la maiuscola perché si tratta di uno dei gruppi leader della world music), aborigeni australiani, virtuosi cinesi e buthanesi...

Direttore di festival (da quello marocchino di Fez a quello francese «Les Orientales» passando per il «World sufi spirit» indiano), consulente della Cité de la Musique parigina, Weber appartiene al numeroso esercito dei dylanologi inquieti: «Ho coltivato l’idea di questo disco diverso tempo fa», spiega, «solleticato dal creare un ponte tra la poesia di Bob e la poesia tradizionale dell’Asia e del mondo arabo, di avvicinare la sua musica a quella degli aborigeni o dei trovadores cubani».

È proprio una stupefacente versione di «All along the watchtower» affidata a Eliades Ochoa, protagonista di «Buena Vista Social Club», ad aprire il lavoro. Siamo ai picchi dell’arte dylaniana, ma anche di fronte a uno dei rari pezzi di sua Bobbità «migliorati» da una cover, quella di Hendrix, naturalmente. Con Ochoa vengono in mente i bastioni del Morro, il castello che affaccia sul mare dell’Avana. Alcuni artisti qui coinvolti non conoscevano Dylan prima, altri, invece, come Purna Das Baul a cui tocca «Mr. Tambourine man», sono in qualche modo legati a lui: l’immagine della stella del Bengala spiccava sulla copertina di «John Wesley Harding». Gli abbinamenti canzoni-artisti cercano di essere rispettosi delle culture dei popoli chiamati in causa come del repertorio affrontato e tradotto. A volte i brani sono irriconoscibili, si pensi al cantante iraniano Salal Aghili in «Every graind of sand» o a «Father of the night» nella versione degli Aboriginal People Yolingu of Yalakun Arnhem Land. Mussulmani, cristiani, hindu e buddhisti rendono omaggio alle mille mutazioni di un artista camaleonte: all’ungherese Kek Lang tocca «Blowin’ in the wind», ai macedoni della Kokani Orkestar «Rainy day woman #12 & 35», Lhamo Dupka cesella «With God on our side» in salsa butanese, i Musicisti del Nilo maltrattano un po’ «Tangled up in blue» prima che una frase la renda riconoscibile. La Burma Orchestra Saing Waing è contagiosamente infantile nel trasformare «I want you» in un motivetto fischiettante da fiera popolare esotica: anche senza i suoi versi erotici rimane memorabile.

Il 4 marzo, intanto, uscirà per la prima volta su dvd e blu-ray, insieme alla ristampa su doppio cd (ma con due brani in più rispetto all’originale, «I believe in you» con Sinad O'Connor e «Don’t think twice, it’s allright» con Eric Clapton), «Bob Dylan - The 30 anniversary concert celebration». Si tratta del concerto grosso organizzato il 16 ottobre 1992 al Madison Square Garden di New York per festeggiare i primi trent'anni di carriera del cantautore: quattro ore di spettacoli e di riletture di classici dylaniani, questa volta dall’interno del suo mondo, anzi dei suoi mondi. Sul palco c’erano Johnny Cash con la moglie June, Lou Reed, Neil Young, Bono, Clapton, Ron Wood, Chrissie Hynde, i Clancy Bros, Richie Havens, Johnny Winter, Kris Kristofferson, gli O’Jays, Tracy Chapman, Eddie Vedder, Tom Petty, Roger McGuinn, John Mellencamp, Stevie Wonder, George Harrison alla prima apparizione dal vivo dopo 18 anni... Comunque cose dell’altro mondo. Come lo spot per la Chrysler in cui l'uomo che inseguiva le risposte nel vento s'è fatto testimonial della causa automobilistiche: il debutto nel bel mezzo del Superbowl la dice lunga quanto vale Dylan anche per i signori della pubblicità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA