Cohen, una voce che illumina il buio

Leonard Cohen
Leonard Cohen
di Federico Vacalebre
Giovedì 20 Ottobre 2016, 19:51
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L'ha scritto all’amata Marianne nel dirle addio, l’ha ribadito in un’intervista presto smentita: Leonard Cohen è «pronto a morire». «Sono pronto, mio signore», salmodia ora in «You want it darker», il brano che presta il titolo al suo nuovo album, in uscita domani. Eppure non è ancora così buio, sembra ribadire con Gideon Zelermyer e il coro della sinagoga di Montreal il più religioso dei non credenti, il più ateo dei fedeli, anche se il mondo è feroce («Non sapevo di avere il permesso di vincere e mutilare») e la sua, e la nostra, carne è più fragile e vulnerabile che ai tempi di Hydra e «Suzanne». Prodotto per la prima volta dal figlio Adam, l’ottantaduenne canadese (in)canta con la discrezione di un aedo dongiovanni e la solita voce di dentro. Confessa di aver vissuto e continua a farlo sino a quando potrà, combatte l’egoismo dell’amore («Treaty», splendida), racconta la passione nella terza età («On the level»), sforna ballad e teneri assoli di chitarra («Leaving the table»), parte cercando qualcosa e trova felice la solitudine («Traveling light»), prega impugnando un calice pieno di sangue («It seemed the better way»), passa dai violini al gospel, illumina il buio ma lon lo teme: ancora un capolavoro, insomma.
Ps. Non dite a Baricco che anche Cohen merita il Nobel. E per le sue canzoni più che per le poesie e i romanzi.
 
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