De Laurentiis, conferenza show: «Vogliamo ricostruire un Napoli forte e vincente»

«Sembra che ci sia un solo uomo che possa portarci verso lidi importanti ma non è così»

Aurelio De Laurentiis
Aurelio De Laurentiis
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Venerdì 17 Maggio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 20:11
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I due ritiri estivi a Dimaro (dall’11 al 21 luglio) e a Castel di Sangro (dal 25 luglio al 10 agosto) sono l’unica cosa del passato di questo Napoli. Perché Aurelio De Laurentiis esce allo scoperto e annuncia «una rifondazione senza precedenti: dopo questo libro lungo 19 anni, adesso ne dobbiamo scrivere un altro. E vi garantisco: saremo fortissimi». Come se fosse semplice. Stavolta, non ci sono smorfie di perplessità come quelle di Spalletti due anni fa proprio qui, a Palazzo Petrucci. De Laurentiis sa come stupire e ha le risorse per comprare calciatori in grado di portare entusiasmo in questa piazza delusa. Certo, però, le prime pagine del nuovo libro iniziano piuttosto male, perché il patron pare pronto ad andare allo scontro con i manager di Kvara che spingono per un rinnovo che De Laurentiis fa chiaramente intendere di non voler concedere. «Anche noi dobbiamo essere premiati per averlo fatto scoprire ed esplodere nel grande calcio. Basta con gli inciuci. Lui ha un contratto fino al 2027, per mesi non ha segnato ed è inutile che si parli del suo contratto perché i contratti vanno rispettati». Si rischia un’altra situazione di imbarazzo come quella di Osimhen l’estate scorsa. Non proprio parole al miele per il georgiano.

La rifondazione 

Il numero uno del club dice che «tutti sono cedibili, ma bisogna trovare chi li compra» e che «molte figure della società cambieranno, non solo il direttore sportivo». Ovviamente è il nome dell’allenatore quello che preme sapere. «Siamo in fieri, dobbiamo ancora capire, c’è tempo e non ho questa fretta. Conte? Sembra che ci sia un solo uomo che possa portarci verso lidi importanti ma non è così. Ora vediamo chi scegliere: con Sarri e Spalletti sono stati contestato ma erano le scelte giuste. Tudor? Voleva due anni di contratto e novembre non me la sono sentita di legarmi per così tanto tempo. Italiano? Lo scorso anno sarebbe stato un atto da banditi strapparlo alla Fiorentina perché era legato da contratto con Joe Barone». Ecco, un indizio: perché dopo la finale di Conference ad Atene, Italiano lascerà la Fiorentina. Magari gli è scappato, magari è il solito modo per mandare tutti fuoripista. Restano Pioli e Gasperini ma la sensazione è che da qui non si scappa. Fa mea culpa quando parla di Rudi Garcia: «Forse è stato un errore mandarlo via, magari con lui saremmo riusciti ad arrivare tra le prime sei e tornare in Champions. Ma senza Europa non è un problema, può capitare dopo 14 anni e forse è meglio così, respiriamo e rifondiamo proprio come dobbiamo fare: è stata una stagione misera, ma sapevo che sarebbe andata così. Ma non ho smesso di investire. Però solo un calciatore ho voluto io: Ngonge. È l’unico che ho personalmente scelto». Ecco scarica sugli altri i flop di Natan, Cajuste, Lindstrom e così via dicendo. È fatto così, impossibile cambiarlo. «Perché a Dimaro e a Castel di Sangro dovrebbe esserci la contestazione? I tifosi capiranno: tanti calciatori nuovi, un nuovo allenatore. Si ricomincia daccapo». Torna al passato. E lo fa in maniera poco garbata. «Quel 4-0 preso in casa con il Milan era il segnale di qualcosa che non funzionava più. Dovevo capire che dal 20 marzo in poi (dopo la vittoria in casa con il Torino) bisognava intervenire. Non l’ho fatto, lo farò adesso. Giuntoli? Dovevo mandarlo via a gennaio, quando ho capito che da bambino era juventino. Ma come? Noi siamo i nemici della Juventus». Lo dice con la solita convinzione. «Deve iniziare la rifondazione, lo faccio con entusiasmo. Sono un uomo di successo ed è per questo non sono deluso da questa annata. Me lo aspettavo, ma non per questo ho smesso di spendere soldi. Sono fiero dei miei bilanci, in Europa nessuno ha i nostri conti. Anche la Lega Serie A è diventata nemica delle società». Neppure un cenno a Ciccio Calzona, il traghettatore che da metà febbraio guida il Napoli.

Né nel bene né nel male. È diventato una specie Caronte, forse la sua peggiore scelta che lo ha spinto persino a rimpiangere, per la prima volta, l’esonero di Garcia. 

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