Non ci sono verità nascoste. Forse, mezze verità, indizi di verità, sottintesi. «Sarò con te», il kolossal dello scudetto voluto da Aurelio De Laurentiis sbarca al cinema dopo l'anteprima di ieri sera a via dei Mille, alla presenza della squadra, del patron e dell'allenatore. Quello dello storico trionfo, Luciano Spalletti, perché quello di adesso, Ciccio Calzona, era a letto, improvvisamente malato. Non c'era un altro architetto del successo azzurro: Cristiano Giuntoli. Ma nel film, il ds ora alla Juventus ha notevole risalto. Invitato, sia chiaro, ma elegantemente altrove. Andrea Bosello, il regista, e Aurelio De Laurentiis provano a dare il significato di un documentario. Ma si sa: il calcio è bugia, figurarsi quando in uno spogliatoio spunta un corpo alieno di una telecamera, peraltro non nascosta, che ha il compito di svelare i retroscena. Ne escono pochi, giusto qualche discorso motivazionale di Lucianone. Il film serve a svelare che De Laurentiis era da novembre, a ridosso della sosta, che pensava di vincere il tricolore: sennò non avrebbe messo su l'impegnativa e costosa produzione. Un peccato, poi, che ci abbia messo cinque mesi per parlare di rinnovo con Spalletti che forse, anche per aver dato l'ok (non scontato) all'ingresso nel sacro luogo di estranei, si aspettava il contratto molto prima. Magari proprio durante la permanenza in Turchia. Acqua passata.
I protagonisti
Ne esce bene, stavolta, Lucianone. Non è l'antagonista (interpretato da Tognazzi) di Totti in «Speravo de morì prima». Anzi: lui qui è il buono, il leader, il saggio, il condottiero. Nel film ci sono (pochi) aneddoti e microstorie (colpisce che Osimhen non si fosse mai accorto che Spalletti per sette mesi ha dormito a Castel Volturno: «Ma è vero? È rimasto lì tutto questo tempo?»). Spalletti è al centro di tutto, con le sue frasi («Questa partita finisce nella vostra carta di identità», dice prima della sfida alla Juve), il suo carisma. L'accordo con la produzione, in fondo, era semplice: voi filmate pure, io deciderò se è il caso che restiate o ve ne dovete andare via. Non lo si dice apertamente, ma dopo la sconfitta per 4-0 con il Milan, qualcuno della squadra pensava pure che fosse colpa dei cameraman e dei registi. La voglia è quella di presentarlo come un docu-film, come se non ci fosse nulla di costruito, tutto spontaneo. La storia, narrativamente, non arriva mai nelle mani di De Laurentiis, che resta sempre di lato. Anche se gli oltre 20 minuti dedicati alle tre partite col Milan sembrano piuttosto esagerate: anche perché sono le tre uniche note stonate nella Marcia Trionfale. Il numero uno del club azzurro dà inizio al racconto: «Luciano l'ho scelto io, perché ero colpito dal suo carattere».