Capolupo, l'ultimo mago del cuoio: «Ho lasciato la divisa per fare il ciabattino»

Salvatore Capolupo: voglio continuare la tradizione

Salvatore Capolupo
Salvatore Capolupo
di Renato Spiniello
Mercoledì 6 Settembre 2023, 08:54
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«Ho lasciato il posto fisso per portare avanti una tradizione di famiglia che continua dal 1936». Nella città dove scompaiono gli artigiani, un calo pari al 18,1% che si attesta come il peggiore a livello regionale, c’è chi va controcorrente e, per amore di una tradizione familiare, porta avanti da ben tre generazioni la bottega di via Due Principati fondata dal nonno agli inizi degli anni ‘40. 
Parliamo di Salvatore Capolupo, 41 anni, che dalla fine del ‘90 ha rilevato l’attività di famiglia che fu del nonno prima e del padre poi. 

Salvatore, vincitore di un concorso nell’arma dei Carabinieri, ha svestito la divisa da militare per indossare il camice di calzolaio.

Una figura, la sua, che sta scomparendo nell’economia moderna. Sono sempre meno le botteghe e in città si contano appena una cinquantina di artigiani. 

«Un tempo via Nappi era per eccellenza la strada degli artigiani - racconta Salvatore -. Ora siamo rimasti pochissimi. Mio nonno ha iniziato negli anni ‘30, riparava le calzature del vicinato a contrada Bagnoli, poi si è ingrandito e si è insediato nell’attuale sede di via Due Principati». La bottega è diventata nel tempo un vero e proprio punto di riferimento per gli avellinesi. Chi aveva bisogno di riparazioni non esitava a rivolgersi a Capolupo. 
«Restiamo un riferimento anche per chi va fuori città per motivi di studio o lavoro - spiega l’artigiano -. Appena rientrano per le vacanze vengono a trovarci anche per un semplice saluto».

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Salvatore racconta che, nonostante avesse vinto un concorso per entrare nei Carabinieri, non voleva in alcun modo che la storica attività di famiglia andasse perduta. «Ho rinunciato al posto pubblico e ho dedicato anima e corpo a questa bottega cercando di rinnovarla, di trasformarla e di adattarla ai tempi, sempre nel rispetto della tradizione. Ho portato la linfa giovanile di cui aveva bisogno, mantenendo però quell’impronta di bottega artigianale che da sempre la contraddistingue». Il core business dell’azienda resta infatti l’attività di artigianato, ovvero quella di riparazione di borse, accessori e giacche in pelle e di produzione artigianale di cinture in pelle o cuoio personalizzabili per misura, taglia e colore. A questo aggiungiamo la vendita di calzature» spiega il commerciante. 
Negli anni non sono mancati momenti difficili, soprattutto durante la pandemia da Covid-19. «Non riceviamo alcun sostegno economico da nessuna istituzione, dal Comune al Governo centrale passando per Provincia e Regione. E sono assenti anche le organizzazioni di artigiani» denuncia il calzolaio. 

«Pensare - continua - che il tessuto economico italiano si fonda sulle piccole e medie imprese, eppure lo Stato non fornisce loro alcun sostegno. In Francia, per esempio, è stato previsto un bonus per incoraggiare le persone a far riparare i propri vestiti e le proprie scarpe anziché gettarli via. Un’iniziativa finalizzata a ridurre gli sprechi di vestiti buttati via ogni anno, due terzi dei quali finiscono in discarica. Una soluzione dal doppio risvolto: ecologico da un lato e di sostegno agli artigiani che effettuano riparazioni dall’altro. I clienti possono richiedere sette euro per la sostituzione di un tacco e dai dieci ai venticinque euro per la riparazione di abiti, attingendo a un fondo di 154 milioni di euro istituito per il periodo 2023-2028. Una soluzione che dovrebbe essere presa in seria considerazione anche in Italia per cercare di sopperire alla crisi del settore. Solo in provincia di Avellino hanno chiuso battenti quasi duemila botteghe», conclude lo storico artigiano di via Due Principati.

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