Crisi da guerra, Cms chiede la Cig:
l'industria fa i conti con le barriere dell'Est

Crisi da guerra, Cms chiede la Cig: l'industria fa i conti con le barriere dell'Est
di Michele De Leo
Domenica 10 Aprile 2022, 12:00
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Il protrarsi del conflitto russo-ucraino rischia di provocare ripercussioni importanti sul comparto industriale della provincia di Avellino.

Le problematiche maggiori perché direttamente connesse ad un fornitore con sede nelle zone di guerra sono accusate dal gruppo Cms, presente in Irpinia con gli stabilimenti di Morra de Sanctis, Nusco e Prata. Il bombardamento di un'acciaieria ucraina ha costretto i vertici della Cms a fare richiesta di quattro settimane di cassa integrazione per lo stabilimento di Prata, al fine di individuare un nuovo fornitore che possa garantire il materiale necessario alla prosecuzione dell'attività produttiva. Quello della Cms non sarebbe un caso isolato, anche se altre aziende del settore metalmeccanico avrebbero solo rapporti marginali con fornitori presenti nell'area di guerra e sarebbero riuscite, per questo, almeno nella prima fase, ad evitare ripercussioni sull'attività produttiva. Non si segnalano, al momento, richieste di ammortizzatori sociali strettamente collegate al conflitto russo-ucraino anche se le conseguenze, con l'impennata dei costi energetici, rischiano di incidere sulla tenuta di molte aziende. «I costi dell'energia elettrica evidenzia uno degli imprenditori alla guida di una media azienda del comparto metalmeccanico incidono, per una fabbrica come la nostra, per il 20 25% sul costo del prodotto. Questo costo è quasi quintuplicato e non è semplice calcolare l'aumento che ne deriva sul prodotto finito come, invece, si fa in caso di aumento dei prezzi delle materie prime».

Non è, però, solo l'approvvigionamento dei materiali per la realizzazione delle varie fasi della produzione a tenere in apprensione industriali e lavoratori. Alcune aziende hanno rapporti commerciali soprattutto con la Russia che, a causa del conflitto, sono stati completamente azzerati. È il caso del gruppo Sira di Valerio Gruppioni, presente in Irpinia con lo stabilimento della Sirpress di Nusco ma anche, nella stessa area industriale, con una quota della Schlote, aziende impegnate nella realizzazione di componentistica per il comparto dell'automotive.

Il gruppo Sira presente, fino agli anni scorsi, con un insediamento produttivo sul territorio russo ha avuto pesanti ripercussioni per quanto concerne l'esportazione dei prodotti per il riscaldamento, realizzati negli altri stabilimenti del gruppo, in primis dell'Emilia Romagna. Gli impianti di riscaldamento realizzati dal gruppo Sira vengono, infatti, considerati dual mode potrebbero essere utilizzati per la realizzazione di materiale bellico e, dunque, l'esportazione nelle zone di guerra è vietata dall'Unione europea. 

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La forza del gruppo guidato da Valerio Gruppioni potrebbe consentire di superare senza grossi affanni la perdita di importanti clienti ed evitare ripercussioni alle altre aziende del gruppo. Realtà industriali meno solide, invece, potrebbero accusare maggiori criticità. Per questo, i sindacati confermano la necessità di tenere alta la soglia di attenzione e ribadiscono la disponibilità a una collaborazione che possa essere utile a scongiurare conseguenze importanti per le aziende metalmeccaniche irpine. «Il rischio maggiore evidenziano i rappresentanti delle organizzazioni di categoria è che siano sempre i lavoratori, in primis con il ricorso agli ammortizzatori sociali, a pagare il prezzo più salato di difficoltà che sono estranee al comparto industriale e, più in generale, produttivo e manifatturiero». 

Il timore maggiore riguarda la possibilità che il conflitto possa finire per incidere notevolmente sull'approvvigionamento delle materie prime peraltro già in affanno a causa della crisi dei semiconduttori anche se non direttamente legate a stabilimenti presenti nei Paesi direttamente interessati dalla guerra in corso. 

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