Eccellenza italiana nel mondo, Pietra Barrasso è il «maestro della luce»

«Già da bambina, mi piaceva disegnare: sentivo dentro di me il desiderio di ricercare e comunicare la bellezza»

Pietra Barrasso
Pietra Barrasso
Domenica 5 Febbraio 2023, 10:53 - Ultimo agg. 10:54
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Pietra Barrasso, il Maestro della Luce, è un'artista di fama internazionale, premiata con la targa Eccellenza italiana nel mondo, portando in giro anche tele con i colori e i paesaggi della sua terra. Nata a Venticano, ha vissuto a Grottaminarda, per poi trasferirsi a Roma, dove il suo atelier è meta degli intellettuali della capitale e non solo. Le sue opere figurano nelle più importanti gallerie e collezioni private, per irradiare nel mondo la gioia della speranza, partendo dai valori sani del nostro territorio. Ha esposto in Germania, in Svizzera, in America, in Egitto. Una sua opera è nell'ufficio del sindaco di Boston, mentre altre tele sono esposte a Città del Vaticano.


Barrasso, come è nata la sua propensione per la pittura?
«Già da bambina, mi piaceva disegnare, scarabocchiare. Sentivo dentro di me il desiderio di ricercare e comunicare la bellezza. L'Irpinia è fantastica ed offre sempre spunti per l'ispirazione. Inoltre, essendo stata educata dalle suore, avvertivo dentro di me la gioia di trasmettere agli altri, con la pittura, il valore della vita, un dono che abbiamo ricevuto anche per migliorare le condizioni di chi è accanto a noi, specie dei meno fortunati».


Si è orientata subito verso l'arte sociale.
«Sì, nella convinzione che il talento di ognuno deve essere al servizio della comunità, alleviando le situazioni si sofferenza e sensibilizzando alle campagne umanitarie.

Così, ho sostenuto e collaborato ai progetti per l'Unicef, per l'associazione Peter Pan, provando, dentro di me, la gioia profonda di essere al servizio degli altri».


Si ricorda il suo primo quadro?
«Certamente, ero piccolissima. Nel 1977, abbandonai gli scarabocchi dell'infanzia per realizzare delle tele vere e proprie. Il mio primo quadro raffigurava San Michele Arcangelo, il secondo Santa Rita da Cascia».


Non è che aveva intenzione di prendere i voti?
«No, l'anelito religioso prescinde dall'educazione cattolica. La tradizione della nostra terra è intrisa di usi popolari legati alla sacralità, ma la mia personalità ha sempre ricercato la Luce della spiritualità, che trasferisco anche nelle mie opere».


Dopo queste prime due tele, cosa è cambiato nella sua vita?
«Tanto, forse tutto. Ero minorenne ed i rappresentanti dei Comuni irpini mi contattarono per dipingere opere raffiguranti i nostri paesi, da esporre nelle sale consiliari. Per me, ragazzina, era un'occasione importante per esprimere il mio talento, rendendo omaggio alla mia terra. L'Irpinia, infatti, è nel mio cuore e lo sarà per sempre. Così, sto riunendo queste opere in una pubblicazione, per ricordare l'importanza dei nostri monumenti, dei nostri paesi, dove si respirano atmosfere di altri tempi».


Altri progetti?
«Ho aderito alla Fondazione E-Novation, che lavora in sinergia con l'Unesco, l'Onu e le istituzioni italiane all'estero. Così, sto lavorando ad una personale che da Roma toccherà Genova, poi Atene e Parigi. È un'occasione per esportare le mie radici irpine, per non perdere il contatto con il mio territorio. Diversamente, la mia storia personale ed artistica non avrebbe una matrice identitaria».


L'Irpinia, a un certo punto, le è stata stretta?
«In realtà, cercavo un confronto con i grandi nomi dell'arte, per capire in che modo affinarmi, perfezionarmi, attingere a nuovi contenuti. Così, a Roma, ho incontrato i grandi nomi, come Aligi Sassu, Ernesto Treccani, ho frequentato il loro studio ed ho maturato la consapevolezza di voler portare sulla tela la luce, che si ottiene con un cromatismo particolare, una combinazione di colori in grado di sprigionare luminosità, delineando la forma».


Da qui, l'appellativo di Maestro della Luce?
«È una definizione elaborata dalla critica. Sono partita con l'arte figurativa, poi superata approdando al Metaformismo. In tal modo, la rappresentazione artistica si arricchisce di fasci di luce, per dare speranza. Una vera rivoluzione nella pittura, con cui, dopo la partecipazione nel 2012 alla Biennale di Venezia, ho ottenuto l'onorificenza di Personalità Europea dell'Arte».


Come è arrivata a lavorare per il Vaticano?
«Avevo conosciuto Papa Giovanni Paolo II, a cui feci vedere l'immagine di un'opera raffigurante Suor Colomba Gabriel, dell'Ordine Benedettino, polacca come lui. Si commosse e, per me, è stata un'emozione molto grande. Ho capito che la mia spiritualità, la tradizione dell'Irpinia dovevano irradiarsi oltre ogni confine, per costruire comunità fondate su valori solidi, come l'inclusione, l'accoglienza».


Cosa ha fatto, invece, per Papa Francesco?
«Ho realizzato un ciclo di opere dal titolo La Luce di Papa Francesco, di cui una è in Vaticano, mentre altre sono esposte nei Musei capitolini. Ho dipinto anche la tela del Cuore Immacolato di Maria, che è stata molto apprezzata dal Pontefice».

C'è un altro dipinto particolare?
«Si. Riguarda Papa Francesco rappresentato di spalle ed investito da una luce accecante. Il suo significato è nel portare nel mondo la Luce del Vangelo, in quanto Vicario di Gesù».


A cosa si sta dedicando ora?
«Dipingo sempre, non mi fermo mai. Ho realizzato opere sulla pace in Ucraina. Credo che l'arte sia messaggera della convivenza pacifica tra i popoli. Anche da questo punto di vista, l'Irpinia ha tanto da insegnare. Abbiamo sempre accolto e integrato extracomunitari, cittadini dei Paesi dell'Est, siamo attivi nella solidarietà. Sono fiera di essere figlia di una terra sana e di far viaggiare la sua bellezza. Inoltre, mi sto dedicando al ciclo pittorico sulla biodiversità, un tema sempre più attuale e sentito anche dalle nuove generazioni».


Il complimento più bello che ha ricevuto?
«Spesso, ascolto gli osservatori che esclamano: Finalmente luce. Sono contenta, perché significa che, attraverso i quadri, si coglie l'essenza del mio messaggio, la speranza di sentirsi in armonia con il mondo, per lavorare insieme sui sentimenti universali dell'uomo, sui quali fondare il valore della pace, del rispetto dell'identità».

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