Gianluca Festa sindaco di Avellino: «Mi giudichino per quel che stiamo facendo, voglio il secondo mandato»

«Avverto in città un'aria positiva, posso registrare un buon clima nei confronti di questa amministrazione»

Il sindaco di Avellino Gianluca Festa
Il sindaco di Avellino Gianluca Festa
Gianni Coluccidi Gianni Colucci
Domenica 9 Aprile 2023, 12:03
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Appare sempre per quello che è. Spregiudicato, guascone. Ma se si deve descrivere dice di se: «Sincero e romantico».

Gianluca Festa, sindaco di Avellino si racconta alla redazione irpina del Mattino. Fa un bilancio del suo lavoro, si assolve su tutto, e giustifica la sua pretesa del secondo mandato spiegando: «Non si può fare tutto in cinque anni». Quindi disegna un progetto politico che comprende un partito di livello regionale o nazionale, con due sostenitori di peso: Livio Petitto e Antonio D'Agostino.

Dove vuole arrivare?
«Dove siamo già arrivati. In parlamento ci sono altre formazioni che hanno avuto origine da esperienze di sindaci, come Brugnaro o Toti. Ma noi abbiamo già diversi consiglieri comunali e sindaci, un consigliere regionale, quindi possiamo dirci sulla buona strada».

Parla di Davvero. Un partito che ha anche un finanziatore che sta favorendo...
«Se parla di D'Agostino e dello stadio le dico che scommetto una cena per tutti se non si presenterà qualche altro alla gara. È convinto che sia un affare?».

Se portasse la squadra in B forse sì.
«Ma si tratta di un progetto che porterà gente e al campo e che trasformerà la città. E io voglio passare alla storia come colui che ha trasformato la città. Altrimenti che ho combattuto a fare?».

Per soddisfare il suo sogno da bambino?
«Sono venti anni che sono in corsa senza finanziatori, soltanto con sostenitori. Il mio contendente alle comunali aveva soldi da spendere. Io nessuno dietro».

E non avrà bisogno di nessuno per il secondo mandato?
«Io mi presento oltre i partiti, Decido io chi starà con me»

Anche se il centrodestra si proponesse?
«Decido io».

Del Basso de Caro al Mattino ha detto che il Pd deve fare un pensierino ...
«Sì, ma decido io».

La stessa squadra?
«Tre, quattro liste come l'altra volta, con nuovi innesti. Oggi è più facile ottenere un sì ad una proposta di candidatura. Mi servono 32 nomi per ogni lista non quelle confezionate con le donne per rispettare la legge».

Squadra come quella di adesso che non parla?
«Voglio liste vere e compagni di strada veri come quelli di oggi che sono d'accordo con me per questo sembra che non parlino».

Questo atteggiamento da prima donna che non lascia spazio ai suoi si può rivelare un'arma contro di lei in vista di un secondo mandato?
«Su lavori pubblici, cantieri, turismo, sullo sport e la cultura c'è condivisione come su commercio e centro storico. E ogni settore è ben servito, sta avendo risultati. C'è una regia che mette tutto insieme. Ma ammetto che mediaticamente appaio io di più. Anche se è chiaro che senza il lavoro della giunta non si potrebbe fare molto».

Lei è ingombrante?
«È il ruolo del sindaco. Anche i consiglieri hanno fatto un'evoluzione: su venti in carica sedici hanno esperienza amministrativa».

Avranno spazio ancora?
«Usciranno sempre più fuori, dovevano formarsi, anche io ho fatto la gavetta».

Intende dire che hanno imparato a destreggiarsi. Si sa un assessore o un consigliere di maggioranza dovrà pure avere un po' di clientela...
«No, guardi io dico sempre no certificati, no licenze, no contributi.

Non è questo il modo per fare consensi. Si fa consenso amministrando. Faccio civiche e non accozzaglie, perché dobbiamo essere votati su quello che abbiamo fatto per la città e non per le cortesie fatte. Voglio concentrarmi sull'amministrazione».

Il discorso di Pisa ha segnato la sua svolta ideologica: all'assemblea degli amministratori italiani ha detto che l'Anac perseguita i sindaci.
«No, ho detto che se serve l'Anac in Italia è perché si presuppone che i sindaci siano delinquenti».

Se c'è l'Anac significa che c'è corruzione.
«C'è corruzione anche in altri Paesi dove l'agenzia non è stata istituita. Si rivela un intento persecutorio. A me hanno bloccato il conto perché sono soggetto esposto politicamente. Chi fa politica è guardato con sospetto».

Eppure lei non esitò a portare un trolley di documenti in Procura contro la gestione dell'Alto Calore.
«Appunto, li portai in procura. Che riconosco come una garanzia».

Ha detto anche che è per la meritocrazia, ha preso spunto dal ministero del merito del governo Meloni?
«Io sono stato da sempre verde perché non mi riconoscevo nei partiti tradizionali. Oggi sono oltre i partiti e credo a questa mia formazione civica, anche se non ritengo certo inutili e superati i partiti tradizionali. Mi immagino alle prossime elezioni noi e due o tre altre formazioni; il centrodestra e uno o due centrosinistra. Detto questo la meritocrazia è stata il mio faro. Sono stato assunto per concorso in una casa farmaceutica, voglio i più bravi a lavorare con me. Questo significa merito».

Che significa populismo per lei?
«Niente, io sono popolare, tendo ad esserlo».

Significa portare in spalla la statua dell'Addolorata e distribuire uova di cioccolata ai bambini?
«Quello significa fare comunità, stare vicino alla gente».

Stare vicino alla gente significa magari anche tirarla fuori dai prefabbricati.
«Che sono vecchi di 35 anni e che sono stati costruiti in maniera approssimativa, alcuni senza un tetto vero; solo lamiera. Ci vogliono dieci anni per farne mille. Ma io ho cominciato con le demolizioni. Prima c'è stato bisogno di mettere le carte a posto, risolvere i contenziosi con le imprese. Facciamo duecento alloggi dopo decenni. Abbiamo consegnato via Tedesco, via De Napoli e via Gesualdo, due edifici a Quattrograna ovest. Stiamo demolendo alla Puntarola. Anche a Bellizzi interveniamo con alloggi a consumo zero di CO2. Abbiamo avuto dodici milioni per rione Aversa e parco Castagno. Abbattiamo, riqualifichiamo, ricostruiamo. In cinque anni non si fa progetto e finanziamento. Ma abbiamo fatto partire il treno. Qui mancavano le fogne: ad esempio a contrada Bagnoli; ora riapriamo il centro sociale a San Tommaso, interveniamo a rione Mazzini. Ogni quartiere un'azione, questa non è periferia ad un chilometro dal centro. Per questo voglio l'anagrafe a via Tedesco».

Lei litiga una volta sì e l'altra pure con il governatore della Campania De Luca, non è che arrivano meno soldi per questo suo atteggiamento?
«No, è che io chiedo quello che mi spetta. E abbiamo avuto fino ad ora 100 milioni per i progetti per la città. Significa che facciamo bene il nostro lavoro. Esigo rispetto per la città e do rispetto se ne ricevo. A Napoli si sono rassegnati evidentemente alla bontà del nostro operato. Una battaglia per la nostra città e non per me».

Problemi ce ne sono stati anche sul piano di zona?
«Provarono a commissariarlo, lo fece la Giunta e non i dirigenti. Ma si sono scontrati con le decisioni del Tar. Avevamo ragione noi».

E ha chiarito definitivamente la vicenda con Renato Pizzuti, manager dell'Azienda Moscati, sui suoli dove dovrebbe essere ampliato il pronto soccorso?
«Altro che, lui ricorre al presidente della Repubblica ma io gli dico se hai delocalizzato l'ospedale quel che resta rimane a me. Se ritieni che puoi operare su un terreno che io ti dico che è mio, accomodati. Lui continua a fare ricorsi su cose che sono invece chiarissime leggendo le carte».

Quel pronto soccorso serve più grande, però. Lo sa?
«Lo so bene, feci ricorso contro la chiusura del pronto soccorso di Solofra inimicandomi tutti e ora si vede che cosa è accaduto: non ce la fanno a curare tutti».

In realtà lei non riesce a nascondere la sua anima decisionista. Non ascolta nessuno e va avanti come un carrarmato.
«E ci sta tutto. È nel novero delle mie responsabilità. Altrimenti come avrei potuto spostare il parcheggio dei bus da piazza Macello, come avrei potuto decidere sul tema rifiuti. La mia squadra mi dà ragione ma io mi assumo le mie responsabilità».

Cosa comporta questo atteggiamento?
«Che avevamo una città ferma agli anni Ottanta, al dopo terremoto, ma che aveva bisogno di essere più ordinata e pulita, ben organizzata, vivibile Con il tunnel piazza Castello, il terminal bus, chi arriva qui trova una città allungata e non ripiegata sul corso Vittorio Emanuele. Anche con servizi nelle periferie».

Sempre corretto essere decisionisti? Non mette la provincia a rischio, ad esempio, facendosi la sua società dei rifiuti?
«Io la salvo invece, salvo i posti di lavoro. Come Campania rappresentiamo un'anomalia, ma dopo il commissariamento del 2009 il governo dice basta e immagina soggetti interamente provinciali. Ma oggi abbiamo 44 milioni di crediti nei confronti dei comuni. Non ci vuole uno statista per capire che il modello soci pubblici - non il modello gestione pubblica (e non è una supercazzola) - non funziona. IrpiniAmbiente? Non si può dire che ad Avellino funzionava soltanto perché noi pagavamo. Non voglio fare la fine di Alto Calore. Come un buon padre di famiglia, se faccio una ramanzina a mio figlio non sbaglio se gli dico: "capirai tra dieci anni perché lo sto facendo". A queste condizioni non dura. Non sono sindaco ma faccio il sindaco, posso sbagliare ma scelgo, garantisco posti di lavoro e un servizio alla comunità. Ho preso il contratto di servizio di IrpiniAmbiente e l'ho messo nel capitolato di gara e il prezzo è un milione e 250 mila euro in meno su 11 milioni: allora c'era un problema. Ho un risparmio e ho un servizio migliore per i dipendenti e la città. Dall'altra parte vedo grande incertezza».

Che voto si dà?
«Da sportivo ovviamente non posso mai essere soddisfatto, sennò non potrei fare il sindaco. Avverto in città un'aria positiva. Posso registrare un buon clima nei confronti di questa amministrazione. La città ha percepito quello che stiamo facendo e stiamo immaginando ancora. Questo, per essere un po' romantico, significa che quando torno a casa dopo tanto lavoro e tanta fatica posso dire a me stesso: ne è valsa la pena».

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