Iannace condannato in Cassazione ma non regge l'accusa di peculato

Per il primario del Moscati confermata l'accusa di falso

Iannace condannato in Cassazione ma non regge l'accusa di peculato
Iannace condannato in Cassazione ma non regge l'accusa di peculato
di Alessandra Montalbetti
Sabato 27 Gennaio 2024, 09:32
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Processo Welfare: è diventata definitiva la condanna per il medico Carlo Iannace, primario della Breast Unit all'Azienda ospedaliera Moscati di Avellino.
La Suprema Corte nel ricorso bis presentato dall'avvocato Quirino Iorio, dopo un primo annullamento con rinvio alla Corte di Appello, ha rideterminato la pena in tre anni, un mese e 20 giorni di reclusione, per le sole ipotesi di falso. Escluso del tutto dai giudici di legittimità il reato di peculato.

Pertanto gli ermellini hanno annullato senza rinvio la sentenza della Corte di Appello di Napoli nella parte in cui il medico è stato condannato per le accuse di peculato, confermando nel resto la statuizione per sei episodi di falso.
Al direttore della Brest Unit del Moscati era già stata ridotta la condanna a tre anni e tre mesi di reclusione, rispetto ai quattro comminati in secondo grado.

A rideterminare la pena la prima sezione della Corte di Appello di Napoli, dopo che la Suprema Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa in secondo grado per Carlo Iannace, difeso dall'avvocato Quirino Iorio.

La Suprema Corte di Cassazione aveva accolto il ricorso discusso dal legale di Iannace, disponendo il rinvio davanti ad un'altra sezione della Corte di Appello di Napoli. Dunque - sulla scorta dei rilievi della Corte di Cassazione i giudici della Corte di Appello avevano escluso alcune contestazioni al dottore Carlo Iannace, lasciando in piedi le accuse di peculato. Ma il suo legale Quirino Iorio subito depositò un nuovo ricorso dinanzi ai giudici della Corte di Cassazione per sollevare una questione di legittimità costituzionale, nonché per far decadere definitivamente l'ipotesi di peculato.

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Ricorso dunque accolto dai giudici della Suprema Corte. Vicenda giudiziaria annosa che ha visto imputati i due medici del Moscati di Avellino. Dopo la sentenza di appello, emessa nel maggio del 2021, che aveva stabilito nei confronti dei due medici Carlo Iannace e Francesco Caracciolo (ex primario di chirurgia generale del Moscati, per quest'ultimo la pena non è diventata definitiva perché non è stata fissato ancora il ricorso in Cassazione) una riduzione di pena dai 6 anni inflitti in primo grado a 4 anni di reclusione (di cui tre già condonati con l'indulto del 2006), gli avvocati Alberico Villani e Quirino Iorio avevano provveduto ad impugnare il provvedimento davanti alla Suprema Corte di Cassazione.

Ricorsi, tesi, come chiarito dai legali che assistono i due imputati, a dimostrare la totale inconsistenza di tutte le accuse mosse nei confronti dei due medici in servizio presso il nosocomio di Contrada Amoretta.
I due medici, ad avviso della pubblica accusa, avrebbero gestito il reparto di chirurgia generale dell'ospedale Moscati come una clinica privata. L'indagine degli agenti della Guardia di Finanza del comando provinciale di Avellino fu avviata nel 2006 dopo la denuncia di un aiuto primario dell'ospedale Moscati, oggi in pensione, che aveva segnalato presunte irregolarità all'interno del reparto nel quale si svolgevano operazioni estetiche fatte passare per interventi su patologie tumorali e dunque urgenti al fine di scalare le lunghe liste di attesa.
«Resta l'amaro in bocca commenta l'avvocato di Iannace, Quirino Iorio - perché il mio assistito è stato condannato esclusivamente per aver indicato secondo la pubblica accusa, in maniera non rispondente alla disciplina pubblicistica, degli elementi delle cartelle cliniche che riguardavano prestazioni non pubblicistiche, ma totalmente a carico delle pazienti. Poi vedremo l'incidenza di questa condanna sotto il profilo lavorativo e personale del mio assistito, quando leggeremo le motivazioni». Le motivazioni saranno pubblicate tra circa 45 giorni.
 

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