Isochimica killer la strage continua:
è ​toccato al magazziniere

Isochimica killer la strage continua: è toccato al magazziniere
di Rossella Fierro
Domenica 9 Maggio 2021, 11:51 - Ultimo agg. 10 Maggio, 08:32
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L'Isochimica miete l'ennesima vittima. Roberto Luisi, ex operaio della fabbrica dei veleni di Avellino, si è spento ieri mattina dopo aver lottato per due anni contro il mesotelioma pleurico. Luisi, esattamente come Francesco Ansalone, altra vittima dell'amianto di Borgo Ferrovia, non lavorava direttamente nei capannoni in cui si scoibentavano le carrozze ferroviarie ma nel magazzino dell'opificio. La riprova che, come più volte sostenuto dal pool di legali delle parti civili durante il processo in corso a Napoli, non c'era ambiente della fabbrica in cui non fosse presente l'amianto. Classe 1964, Luisi era entrato all'Isochimica appena ventenne il primo gennaio del 1984 per restarci fino al 1990. L'ex operaio, che a marzo scorso aveva compiuto 57 anni, lascia la moglie e una figlia adolescente. Tutti lo ricordano come una persona discreta che nella vita si era data tanto da fare.
Finito il lavoro in fabbrica, Luisi infatti aveva puntato molto sulla sua formazione professionale diventando responsabile del settore informatica prima della Banca della Campania poi della Bper.


E' la 33esima vittima della fabbrica killer, l'ultimo operaio sconfitto dalle patologie derivanti dalle fibre respirate sul luogo di lavoro quaranta anni fa era stato Roberto Della Ragione, morto a gennaio.

Entrato al processo come parte civile dopo aver ottenuto la certificazione Inail di riconoscimento di malattia professionale per un ispessimento delle placche pleuriche, Roberto Luisi aveva continuato la sua vita di dipendente di banca e quel lavoro da operaio gli appariva quasi come un ricordo lontano di gioventù. Fino a due anni fa quando, quasi per caso, decise di sottoporsi privatamente ad una tac toracica. Dall'esame il drammatico responso: metoselioma pleurico, meglio conosciuto come il tumore dell'amianto. Un lutto, l'ennesimo, che coinvolge la grande famiglia Isochimica. Tantissimi i messaggi di cordoglio e vicinanza alla famiglia da parte degli ex colleghi di Luisi: «queste notizie per noi sono di una tristezza infinita» scrive Alfonso Maiorano, «mentre si continua ad aspettare la fine del processo, il mesotelioma miete un'altra vittima» aggiunge Carlo Sessa. «Una storia che continua a far contare vittime innocenti mentre ancora non siamo arrivati neanche alla sentenza di primo grado, e quindi ad uno sprazzo di verità per i loro familiari. Nessun verdetto servirà a risarcire mogli e figli delle perdite subite, ma quantomeno rappresenterà uno squarcio di luce sulla storia della fabbrica e della città» è il commento dell'avvocato Antonio Petrozziello alla notizia della morte del suo assistito.

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I funerali di Roberto Luisi si svolgeranno questa mattina alla Chiesa di San Ciro. A dargli l'ultimo saluto anche Brigida Cesta, non in veste di avvocato degli ex scoibentatori ma in quella di amica intima di Roberto e di tutta la sua famiglia. Difficile per lei trattenere l'emozione: «ha combattuto letteralmente come un leone contro il tumore per due anni- racconta- porterò sempre con me il ricordo di una persona perbene, molto discreta che ha fatto di tutto per la sua famiglia, anche provare a sconfiggere il mesotelioma. Il suo mondo erano la moglie e la figlia, e certamente non voleva lasciarle. Ho avuto il privilegio di condividere con loro alcune esperienze di vita quotidiana spensierata, quando lui neanche immaginava che quell'amianto respirato quasi quaranta anni fa potesse in qualche modo ancora presentargli il conto». Il ricordo dell'ultima vacanza trascorsa insieme al mare due anni fa, prima che Luisi si sottoponesse all'esame diagnostico che prima individuò la presenza di liquido nei polmoni, poi la tac di conferma del mesotelioma. Un cancro che nel giro di pochissimo tempo lo ha aggredito ferocemente, da novembre scorso era ormai completamente allettato. «Non era certo una persona che aveva bisogno di eventuali risarcimenti, aveva aderito alla causa più per spirito di solidarietà nei confronti dei colleghi che per senso di rivalsa. Come tutti gli operai parti civili al processo- chiosa Cesta- non aveva inteso Fs come un bancomat, come sostiene qualcuno. Voleva solo giustizia, più per gli altri che per se stesso».
 

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