Hanno risposto a tutte le domande del giudice e hanno fornito la loro versione i due commercialisti di Avellino arrestati dalla Guardia di Finanza perché accusati di essere responsabili di una truffa sui ristori Covid per un milione e duecentomila euro. Restano in carcere i commercialisti Pasquale Vuolo e Ramon Irizarry difesi dagli avvocati Alberto Biancardo e Alfonso Laudonia sono stati ascoltati dal gip del Tribunale di Avellino, Giulio Argenio, nel carcere di Bellizzi Irpino, dove sono ristretti dopo il blitz dell'altro giorno. Hanno quindi spiegato la loro versione. Ora si attendono le decisioni del giudice per un eventuale attenuazione della misura restrittiva o sull'annullamento della stessa.
Secondo l'accusa, le indagini sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Avellino, diretta dal procuratore Domenico Airoma (titolare del fascicolo è il sostituto procuratore Vincenzo Russo) i due commercialisti avrebbero messo in piedi un piano per intascare i fondi previsti come ristori per le conseguenze della pandemia da Covid-19.
Quelle misure consentivano all'Agenzia delle Entrate di erogare direttamente agli operatori economici che ne avevano fatto richiesta, contributi a fondo perduto. Tali benefici venivano determinati applicando una percentuale alla differenza tra l'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2020 e l'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell'anno 2019. Secondo quanto ricostruito nell'attività investigativa delle fiamme gialle agli ordini del colonnello Salvatore Minale e sotto il coordinamento della Procura di Avellino, i due professionisti avrebbero posto in essere un articolato sistema di frode con l'obiettivo di ottenere il beneficio, attraverso la presentazione di istanze da parte delle società coinvolte nelle quali veniva dichiarata falsamente una flessione media mensile del fatturato tra gli anni 2019 e 2020. Questo, in base a quanto viene fuori dalle indagini, avrebbe quindi permesso di percepire illecitamente contributi per un importo complessivo pari a 1.190.968,00 euro (cifra per la quale è scattato il sequestro). Le attività eseguite dei finanzieri avrebbero permesso di accertare inoltre che le società coinvolte avevano presentato, a supporto delle domande per il rimborso, dichiarazioni integrative fiscali ai fini Iva ed imposte dirette, in rettifica di quelle originariamente presentate per gli anni d'imposta 2019 e 2020, nelle quali avevano riportato dati non veritieri, indicando per ogni società un volume d'affari di circa 9 milioni di euro. I due professionisti, in concorso fra loro, avrebbero trasferito parte delle somme indebitamente percepite ad una società per azioni di Milano, attraverso la creazione di falsi dati fiscali e contabili.