Ecco Lina Simons: «Sono un'italiana, ma italiana vera»

Segnalata da Rolling Stones tra gli artisti emergenti

Lina Simons
Lina Simons
di Federico Vacalebre
Venerdì 29 Settembre 2023, 09:53
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Ordinaria e straordinaria insieme, quella di Lina Simons, alias Pasqualina De Simone, classe 1988, vale la pena di essere raccontata anche da chi non è interessato al rap, perché parla dell'Italia più e meglio di quanto dovrebbe fare chi la governa. Pasqua/Lina nasca a Pozzuoli, da madre nigeriana e padre italiano, cresce tra le tremila anime di Cerreto Sannita (Bn), poi emigra a Londra per cercare il suo futuro e «non essere più chiamata scimmia».

Per «Rollins Stones» era uno dei volti da tenere d'occhio nel 2023 e ora che l'anno si avvia alla fine si conferma quella valutazione con l'album «P.A.S.», in uscita oggi: nell'acronimo ogni lettera è l'iniziale del nome di un componente della sua famiglia, ma anche il diminutivo del suo vero nome, se l'è pure tatuato addosso. Il suo flow è travolgente, verace in dialetto, spietato in italiano, feroce quando usa lo slang londinese, ancor più interessante quando tiene insieme «tutte e cose, tutte e lengue». La produzione di Gransta Msv, producer napoletano a Milano, tiene insieme le culture hip hop, guarda al grime, al nu r'n'b, al moderno afrobeat, a Kanye West, a Lauryn Hill, mentre i testi sono intrisi di rabbia, consapevolezza battagliera, maschi verrebbe da dire non si rischiasse di farne una questione di genere.

Nel disco c'è tutta la frustrazione di una afroitaliana per i comportamenti dei «white italians» nei suoi confronti, Lina. Rispondi per le rime in pezzi come «In the block».
«Quella è la voce della ragazzina delle palazzine che non si fa mettere i piedi in testa: è la lezione più importante di mia madre. Così, sì, rispondo per le rime, faccio persino la macha, se si può dire, per mandare a quel paese che mi tratta male, chi mi discrimina».
Ma l'Italia è stata razzista con te, spingendoti a volare a Londra?
«Non conosco l'Italia, solo Cerreto Sannita, sono andata via appena ho potuto, presa la maturità, come tanti miei fratelli bianchi. Cercavo il mio futuro, l'ho trovato: "Sta nera qua", per citare un mio titolo, fa musica, incide dischi, studia imprenditoria e business della musica».
Ci riprovo: Cerreto Sannita è stata razzista con te?
«Ero con mia madre l'unica nera del paese. Quando giravo con mio padre da bambina pensavano fossi adottata, una volta cresciuta che fossi la sua escort. Per le donne è peggio che per gli uomini di colore, tu cammini e ti danno della puttana. Ma Cerreto e l'Italia mi hanno dato anche tanto, sono italiana, sono nigeriana e mi sento più ricca grazie alle due culture».
Sei mai stata in Nigeria?
«No, ma voglio andarci. In un pezzo come "Shaku shaku" canto l'amore per la mia terra che non conosco».
«Bene non fa» denuncia un altro tipo di razzismo.
«Sono sempre stata in carne, anche se a Londra ho perso peso, senza la pasta tutti i giorni... La società valuta le donne in base ai loro chili, alla loro esteriorità. Sono stata bulimica, ci sono stati periodi in cui n'aggio magnato proprio, in cui ho sofferto di dismorfia».
Anche «Nuda», in fondo, parla di questo del riscatto dell'afroitaliana curvy che si ritrova «int''a radio».
«Sì, mi sono sentita inadeguata, per la mia pelle, per la mia ciccia».
Ecco allora, risposte secche, nette, come «Suck my dick».
«Si, certo, ma altrove sono meno maschia e faccio parlare la mia femminilità: quella è la voce che ti serve per combattere in strada o in rete, tra haters e maleducati di ogni tipo».
Testosterone ne hai anche tu, proclami.
«Proprio così, e serve per sfidare il patriarcato. Le mie rime, i miei vlog satirici hanno sempre portato a casa i commenti in...cacchiati di leghisti e gente di destra».
Donna, nera, in carne: troppo oltre gli stereotipi nazionalisti.
«Probabilmente, ma io una cosa la so bene: sono un'italiana, un'italiana vera».
Toto Cutugno ne converrebbe, e anche il «partigiano per presidente».
 

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