Evasione fiscale da 69 milioni,
sigilli all'hotel Traiano

Evasione fiscale da 69 milioni, sigilli all'hotel Traiano
Venerdì 6 Maggio 2022, 08:51 - Ultimo agg. 19:38
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L'albergo «Traiano» e altri beni sequestrati per un importo di 11 milioni di euro, ventisei indagati, interdizione per dodici mesi dall'esercizio dell'attività professionale e d'impresa per otto persone. Questo il bilancio di un blitz scattato ieri mattina da parte della Guardia di Finanza dopo le indagini coordinate dalla Procura e in attuazione di due ordinanze del gip Gelsomina Palmieri. Ecco i ventisei indagati: Giuseppe Ciccopiedi, 69 anni, Alessandro Ciccopiedi, 33 anni, Leonardo Ciccopiedi, 37 anni, Cosimo Aquino, 70 anni, Bruno Fragnito, 62 anni, di Benevento, Lucia Marciano, 59 anni, di Roma, Michele Malgieri, 46 anni, di Melizzano, Angelo Malgieri, 71 anni, di Melizzano, Marzina Grasso, 88 anni, di Melizzano, Salvatore Cioffi, 48 anni, Domenico Cioffi, 46 anni, di Santa Maria Capua Vetere, Roberto Gambuti, 37 anni, di Telese, Valerio Fragnito, 42 anni, residente in provincia di Milano, Antonio Fragnito, 71 anni, residente a Salerno, Saverio Tresca, 56 anni, di San Nicola Manfredi, Annunziata Domenica Calabrò, 58 anni, di Gioia Tauro, Domenico Miele, 59 anni, di Varese, Claudio Calenda, 25 anni, di Brusciano, Amleto Ocone, 83 anni, Linda Ocone, 52 anni, di Benevento, Maurizio Torelli, 71 anni, di Nettuno, Massimo Battisti, 59 anni, di Roma, Rita Puzio, 59 anni, Antonio Puzio, 55 anni, Giuseppe Puzio, 34 anni, di Benevento, Valter Claudio Corsini, 55 anni, di Amorosi. Le interdizioni per un anno, invece, riguardano Giuseppe, Leonardo e Alessandro Ciccopiedi, Cosimo Aquino, Bruno Fragnito, Michele e Angelo Malgieri e Valter Claudio Corsini.

Le ipotesi di reato prospettate a vario titolo vanno dall'associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità al falso e a reati tributari e fallimentari. I provvedimenti cautelari sono stati adottati dopo una indagine delle fiamme gialle coordinata dal procuratore Aldo Policastro e dal sostituto procuratore Assunta Tillo. Le indagini sono iniziate nel febbraio del 2019, partendo dal rinomato hotel cittadino «Villa Traiano». Nel corso dei controlli della Finanza emergevano anomalie fiscali in relazione alle posizioni dei proprietari: l'avvocato Giuseppe Ciccopiedi e i figli Alessandro e Leonardo. Venivano, pertanto, avviate attività investigative, svolte attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali e analisi documentali, finalizzate a ricostruire gli interessi economici e patrimoniali dei tre principali indagati. Nel settembre del 2019 scattavano diverse perquisizioni svolte presso le abitazioni e gli studi professionali delle persone attenzionate. Le fiamme gialle ricostruivano un'operazione di fusione transfrontaliera per incorporazione tra la società di capitali, avente a oggetto l'azienda che gestiva il complesso alberghiero, e altre aziende collegate all'attività alberghiera e che avevano compagini sociali riconducibili sempre alle stesse persone. Secondo l'accusa il patrimonio aziendale della società incorporata veniva trasferito ad una società bulgara comunque riconducibile agli indagati e soggetta alla normativa bulgara, più favorevole rispetto a quella nazionale. Cosi facendo si sottraevano i beni al fisco italiano e si continuava la gestione mediante due nuove società costituite in Bulgaria.

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La prosecuzione delle indagini consentiva, poi, di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine a un'articolata organizzazione e una fitta rete di persone fisiche e giuridiche gravitanti nell'orbita professionale dell'avvocato Ciccopiedi e dei figli, i quali, secondo l'ordinanza del gip Palmieri, hanno promosso, organizzato e gestito una consolidata e fiorente attività di consulenza, affinché anche altre aziende italiane usassero questa formula del trasferimento in territorio bulgaro, in particolare a Sofia e Plovdiv. Una formula che consentiva a queste aziende di non dover adempiere al pagamento delle imposte in Italia, inoltre sottraendo i patrimoni al sequestro o a procedure fallimentari esecutive. Le aziende, ormai prive di beni venivano quindi cancellate dal Registro delle Imprese italiane perché era avvenuto il trasferimento all'estero. Queste aziende poi risultavano irreperibili presso le sedi bulgare. In tal modo gli imprenditori italiani continuavano di fatto a operare in Italia con neocostituite imprese alle quali erano stati ceduti i beni delle società trasferite. Le indagini di Procura e Guardia di finanza si sono estese oltre i confini nazionali con la costituzione di una Squadra investigativa comune Italia-Bulgaria, quale strumento di cooperazione internazionale patrocinato da Eurojust. In tale contesto si sono tenute riunioni investigative a L'Aia e presso la Procura Specializzata Reparto Investigativo a Sofia e in Italia presso quella di Benevento. Le attività svolte in tale ambito hanno consentito, tra l'altro, l'acquisizione di documentazione presso istituti di credito e enti bulgari, l'escussione di numerose persone di nazionalità bulgara informate sui fatti, tra cui 16 professionisti facenti capo a 12 società di consulenza legale e amministrativo-contabile, 4 persone ritenute prestanome e 2 interpreti/traduttrici di madre lingua bulgara.
 

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