Maxi truffa da 2,2 milioni sul lago Telese: condanna della Corte dei Conti

Rilevato il finto esproprio dei terreni per la caserma dei vigili del fuoco

Maxi truffa da 2,2 milioni sul lago Telese: condanna della Corte dei Conti
Maxi truffa da 2,2 milioni sul lago Telese: condanna della Corte dei Conti
Domenica 3 Dicembre 2023, 11:07 - Ultimo agg. 11:16
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Sessant'anni fa, Totò riuscì a vendere la Fontana di Trevi per 500mila lire. Adesso la Corte dei Conti ricostruisce un'articolata truffa da 2,2 milioni di euro per un esproprio inesistente nella zona del lago di Telese Terme. E questa volta, a cadere nel tranello non è stato Decio Cavallo, ma addirittura il Provveditorato alle opere pubbliche per la Campania.

La vicenda nasce nel novembre del 2018, quando un'informativa della Guardia di Finanza di Modena relativa a un'indagine della Dda di Bologna rivela l'esistenza di un indennizzo espropriativo da 2,2 milioni riscosso da una società legata alla ndrangheta per alcuni terreni sui quali avrebbe dovuto essere realizzata la caserma dei vigili del fuoco di Telese. La causale del pagamento era costituita da una sentenza della Corte d' Appello di Napoli che almeno in apparenza aveva deciso in grado d'appello su di una domanda risarcitoria avanzata con riguardo a un lamentato danno da occupazione illegittima di suoli.

Sentenza inventata: a seguito di riscontri effettuati presso la cancelleria della Corte d'Appello di Napoli, era emersa la radicale falsità del titolo giudiziale. Non solo, i numeri di ruolo si riferivano a una sentenza totalmente diversa e difforme per materia, contenuto e parti coinvolte, ma, per di più, non era emersa l'esistenza di alcun contenzioso civile di qualsiasi natura presso la Corte d'Appello di Napoli riconducibile alla società beneficiaria del mega ristoro. La vicenda, denominata «affaire Oppido», era confluita nell'operazione «Grimilde», effettuata in Emilia Romagna con 76 persone indagate, di cui 16 arrestate, e 16 aziende monitorate.

Le indagini della Procura contabile campana si erano invece concentrate sul decreto con il quale il Provveditorato alle opere pubbliche aveva autorizzato il pagamento della mega indennità di esproprio, disponendone, per carenza di fondi, addirittura la regolazione con Sop (speciale ordine di pagamento) a firma del provveditore. Peraltro l'istruttoria del pagamento non aveva coinvolto, come era prassi, specie per importi di tale rilevanza, il Servizio gestione amministrativa degli interventi, ma era stata gestita integralmente dal Servizio affari legali e contenzioso.

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Da qui il procedimento contro il responsabile delle istruttorie Angelo Iermano e il funzionario del servizio affari legali Renato De Simone. Adesso definito dalla sezione giurisdizionale della Corte dei Conti. Secondo il collegio giudicante (presidente Paolo Novelli, componenti Eugenio Musumeci e Marzia de Falco), dall'esame della documentazione e dalle dichiarazioni raccolte nel corso delle indagini, sono emerse gravi anomalie nell'intera procedura che è sfociata nel pagamento indebito. «La vicenda recita la sentenza - è stata caratterizzata da un percorso amministrativo conclusosi con l'ordine di pagamento, solo grazie a due fattori critici: la partecipazione di un dipendente del Provveditorato a un piano fraudolento giudizialmente accertato e la mancanza di un'adeguata azione di controllo da parte della dirigenza di un ufficio interno, azione di controllo che, ove efficacemente esercitata, avrebbe impedito il verificarsi di effetti pregiudizievoli ai danni dell'Erario». Il provvedimento si sofferma poi su «presumibili limiti e smagliature organizzative generali della pur articolata sede centrale del Provveditorato».

Più in particolare, riferendosi all'attività del De Simone, la magistratura contabile parla di una certa «disinvoltura operativa che gli era permessa dalla sua lunga presenza in servizio, ma soprattutto dalla presumibile sciatteria e confusione, sia sul piano organizzativo che funzionale, di quel medesimo ufficio e della complessiva macchina organizzativa della sede del Provveditorato Opere pubbliche della Campania».
Accertata la responsabilità per entrambi i «convenuti», ancorché graduata, De Simone è stato condannato al pagamento, in favore del Provveditorato, della somma di 2,7 milioni di euro (importo rivalutato) e Iermano (per il quale il collegio ha escluso la consapevole partecipazione alla produzione dell'evento dannoso e, quindi, il dolo) al pagamento della somma di 272mila euro.
 

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