Siccità e piogge, danni all'apicoltura ma pesano anche i rincari selvaggi

Sono censiti ufficialmente 238 operatori che si occupano di apicoltura

Siccità e piogge, danni all'apicoltura ma pesano anche i rincari selvaggi
di Antonio Mastella
Mercoledì 28 Dicembre 2022, 09:26
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Dai colpi delle avversità che hanno investito l'agricoltura sannita, neppure l'apicoltura si è salvata. Da un'indagine condotta nei giorni scorsi dalla Coldiretti è emerso che si è raccolto, a fine campagna, il 15% in meno, se non di più, di miele. In cifre, significa che ogni alveare, mediamente, ne ha consegnato all'apicoltore non più di 25 chilogrammi rispetto ai 35/40 ricavati in tempi normali, dal punto di vista atmosferico naturalmente.

«Nel 2022 conferma Angelo Petretta, presidente dell'Apas, associazione che raccoglie oltre 400 operatori campani del settore, 180 dei quali solo nel Sannio le medie produttive sono state maggiori di quelle dei due anni precedenti ma di gran lunga inferiori a quelle che solitamente caratterizzano gli areali beneventani». Il danno che ne è derivato, economicamente, è enorme. Quando le condizioni generali, a cominciare dal meteo, sono ottimali, del preziosissimo nettare si ricavano oltre 900mila chili, che valgono 5,6 milioni. Oggi, causa della siccità prima e delle precipitazioni selvagge poi, non si è andati oltre i 600mila per un importo che veleggia intorno ai 3,5 milioni. Un crollo provocato non solo dal clima.

«Non poco sta contribuendo l'uso improprio ed eccessivo dei fitofarmaci, che avvelenano fiori e piante, le naturali fonti di approvvigionamento delle api», puntualizza Maurizio Luciano, veterinario, referente dell'Asl per il settore.

Pesa, però, anche l'incremento dei costi di produzione. Il candito, uno degli integratori fondamentali utilizzati per il nutrimento degli insetti costava 1 euro; oggi occorrono 40 centesimi in più per procurarsene un chilo. Ancora più consistente il rincaro di uno zucchero specifico da sciogliere nell'acqua. «Sino a marzo scorso ricorda Antonio Carrelli, tecnico dell'Apas - bastavano 65 centesimi al chilogrammo; ora bisogna sborsarne 1,45». Senza contare, poi, le spese in più per il gasolio agricolo. Il combinato disposto, dunque, delle calamità naturali e dell'azione dell'uomo, rischia di ridimensionare drasticamente un comparto notevole dell'agroalimentare locale. Secondo uno studio curato dalle Asl campane, «sono censiti ufficialmente puntualizza Luciano 238 operatori». Un numero che, dal punto di vista statistico, colloca il Sannio al quinto posto in una graduatoria in cui Salerno risulta prima grazie ai suoi 701 apicoltori. Segue Caserta con 424 unità.

Terza è Napoli con 356 imprenditori. Quarta, infine, Avellino (289)». Se però si prende in considerazione la quantità degli alveari, si scopre che il Sannio balza al terzo posto potendo contarne 23.460. Primo è sempre il salernitano che ne ha 29.908. A ruota, Terra di Lavoro con 27.093. In quarta pozione l'Irpinia, che ne annovera 20.481. Ultima è Napoli e la sua provincia con 8.282. Il Sannio, infine, è quarto per numero di laboratori di trasformazione con le sue 14 aziende. Prima è sempre Salerno con 25, che precede Avellino (20) e Napoli (16). Chiude Caserta con 8. Tenuto conto della dimensione del territorio sannita, «si tratta osserva il funzionario dell'Asl di una notevole concentrazione, tra le più alte sul territorio regionale».
 

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