Svolta nell'agricoltura, la linea della sostenibilità fa crescere il Pil sannita

Svolta nell'agricoltura, la linea della sostenibilità fa crescere il Pil sannita
di Antonio Mastella
Sabato 2 Luglio 2022, 08:31
4 Minuti di Lettura

Diminuisce il numero delle aziende agricole. È quanto emerge da primi dati del settimo censimento del settore primario dell'economia condotto dall'Istat, alla cui elaborazione hanno lavorato gli uffici territoriali della Coldiretti. Il fenomeno riguarda ogni regione del Pase, a cominciare dalla Campania. Nel 2010, nel complesso delle cinque province campane, le imprese del comparto ammontavano a 136.872 unità; sono scese a 79.353 dieci anni dopo.
Il Sannio ha contribuito al decremento perdendone per strada, in due lustri, 2.157. In termini percentuali, è sparito il 16% netto del mondo produttivo agricolo sannita. Un calo che non si è arrestato negli ultimi due anni. Dalla lettura delle indagini sulla natalità-mortalità delle aziende realizzato da InfoCamere per conto di Unioncamere, si scopre che nel 2021, al 31 dicembre, si contavano 11128 imprese, diventate 11014 nei primi tre mesi dell'anno in corso. Si è ridotta, di pari passo, la Sau (superficie agricola utilizzata, ndr). I circa 100mila ettari del 2010 coltivati nel beneventano sono diventati poco più di 96mila.



«A incidere su queste cifre -  spiega Gennarino Masiello, vicepresidente nazionale della Coldiretti - è stata in particolare l'eliminazione dal rilevamento statistico dei terreni agricoli gestiti dagli hobbisti, che non sono, di tutta evidenza, classificabili come vere e proprie aziende guidate da imprenditori».

E allora, come interpretare il quadro così definito dall'Istituto nazionale di statistica? È da dirsi negativo? «No di certo. Va colto è la risposta - come la conseguenza di una crescita progressiva di realtà produttive più innovative e con più terreno da coltivare a disposizione. La loro dimensione media è passata da 4 a 6,5 ettari». È da cogliere come un segnale positivo di un mondo economico determinante per l'economia locale, che va avanti, a dispetto di pandemie e guerre. «È senza dubbio così», conferma il leader dell'organizzazione datoriale. L'affermazione trova solido conforto nei numeri.

Il contributo che l'agricoltura fornisce alla formazione del Pil provinciale, che è di 4 miliardi e 200milioni circa, è del 18%; in euro, ammonta a 750 milioni, 200 dei quali sono garantiti dall'export di eccellenze come vino, pasta ed olio, soprattutto. «Se aggiungiamo l'agroalimentare puntualizza la percentuale sale a non meno del 25. Considerando poi tutto l'indotto, enorme, che vi ruota attorno, conti alla mano, non ho alcuna difficoltà a dire che arriviamo a poco meno del 40%». A produrre tanto valore aggiunto ci pensano circa 11mila addetti, che costituiscono il 18,3 per cento della popolazione attiva del Sannio.

«Da questi primi numeri - evidenzia ci è permesso cogliere un trend interessante, che fotografa un cambiamento in atto negli ultimi due decenni. Ma se una tendenza esiste, ed è confermata, bisogna che si ancora e sempre più accompagnata e sostenuta». Intanto, un primo passo da compiere, preliminare, è di smuovere l'eccessiva rigidità nella vendita e nei fitti dei terreni. «È urgente ammonisce, perché il messaggio sia chiaro un riordino fondiario, che sblocchi l'acquisizione della terra a favore della produzione agricola, indirizzando, evidentemente, gli incentivi economici solo a chi vive di agricoltura, crea occupazione e sviluppo e non certo a chi coltiva l'orto per hobby». È la sfida, insomma, che bisogna affrontare per rafforzare tutto il sistema agricolo, tanto sannita quanto regionale. Ma non finisce qui. «Intanto bisogna lavorare sollecita per essere al passo coi tempi rispetto alle energie alternative funzionali ai bisogni dei nostri imprenditori in chiave di rispetto dell'ambiente con linee produttive sempre più ecocompatibili. Allo stesso tempo, si deve perseguire un obiettivo non meno strategico per ottimizzare costi e ricavi con la creazione di filiere strutturate. In questa ottica, va favorito, in altre parole, un legame strettissimo tra chi produce e trasforma». Per farlo «va adeguato a tali esigenze uno strumento fondamentale come il Psr (piano di sviluppo rurale, ndr). Va bene acquisire mezzi e attrezzi; è ancora meglio, tuttavia, cominciare a destinare risorse crescenti alla formazione, alla acquisizione delle giuste, aggiornate competenze per chi lavora i campi. Occorrono professioni e professionalità conclude - dotate del giusto know-how perché il cibo Made in Italy come quello Made in Sannio, riconosciuti per la loro eccellenza in ogni angolo del mondo, sia sempre più appetibile».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA