Pestaggi in carcere, parla un agente:
«Ecco cosa facevano i detenuti»

Pestaggi in carcere, parla un agente: «Ecco cosa facevano i detenuti»
di Mary Liguori
Giovedì 1 Luglio 2021, 23:01 - Ultimo agg. 2 Luglio, 17:51
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«C’ero, ma non ho picchiato nessuno. Ma ormai è anche inutile giustificarsi: faranno di noi carne da macello. Quel video è stato divulgato e ha gettato discredito su tutti gli agenti che sono stati mandati dal Dap quel pomeriggio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Quel video lì lo hanno mostrato, ma quello in cui si vede quello che è successo prima non lo fanno vedere. Glielo faccio vedere io quel video. Eccolo, li vede i detenuti barricati nel reparto? Vede come brandiscono le mazze? Avevano appena distrutto sgabelli e tavoli per ricavarne dei randelli, capisce che la perquisizione fu necessaria per ripristinare l’ordine?». Parla, ma chiede l’anonimato, proprio come la maggior parte dei detenuti vittime dei pestaggi, uno dei poliziotti presenti nel carcere degli orrori il pomeriggio del 6 aprile 2020.

Con tutta probabilità dice il vero quando sostiene di non aver usato violenza durante le perquisizioni, dal momento che il suo nome non compare nel lungo elenco di indagati per gli abusi nel carcere casertano. Poi spiega, dal suo punto di vista, cosa accadde quel pomeriggio. «Abbiamo ristabilito po’ l’ordine… e la disciplina...non immaginavo nemmeno... ti dico solo questo... ho visto cose che in sette anni mai viste… li abbiamo messi a posto… sezione per sezione». È uno dei messaggi nella chat di gruppo “Uniti per Santa Maria” nella quale si scrivono gli esponenti della penitenziaria. Ma la notizia dei pestaggi valicò le mura dell’Uccella, tramite i poliziotti in missione da altri istituti e della rappresaglia seppero anche i detenuti di Poggioreale e Secondigliano.

Lo seppero nonostante in quel frangente l’Italia fosse in lockdown, i colloqui con i familiari sospesi e a Caserta, il giorno dopo i pestaggi, furono interrotte anche le videochiamate per evitare che i parenti vedessero i volti tumefatti e le teste rasate dei loro congiunti. «Che le devo dire, queste sono cose che quando si fanno bisogna farle sapere...». 

Video



Parla delle botte? «Io non ho colpito nessuno, glielo ribadisco, comunque parlo delle azioni di repressione come quella del 6 aprile. Quel giorno, come ormai tutti sanno, a Santa Maria c’erano agenti provenienti da altre carceri, nei giorni a seguire hanno parlato delle perquisizioni mentre erano in altri istituti… Fu anche un modo per far capire che in Campania non doveva succedere quello che stava accadendo in altre carceri d’Italia, a Foggia per esempio, come crede che si sia mantenuto l’ordine in quelle settimane a Poggioreale, a Secondigliano, a Salerno? Diciamo che fu un’azione esemplare, i carcerati degli altri istituti capirono che non conveniva aumentare le tensioni, fu un segnale del Dap». Dal video, girato secondo l’agente dagli stessi detenuti barricati nel reparto Nilo il giorno prima i pestaggi con uno dei cellulari poi sequestrati nei giorni dopo, si vedono decine di uomini brandire delle mazze, urlare, inveire contro i poliziotti presenti dall’altro lato dei cancelli (il video è visibile su ilmattino.it). Il giorno dopo, il capo del Dap Campania, Antonio Fullone, da quattro giorni interdetto dalla sua funzione, inviò nel carcere di Santa Maria una task force composta da agenti provenienti da Secondigliano e Avellino per eseguire una perquisizione straordinaria del reparto Nilo. In azione entrò il Gruppo di Supporto agli interventi, istituito con decreto il 9 marzo 2020 e alle dirette dipendenze del provveditore regionale. Doveva essere una perquisizione, tuttavia la situazione sfuggì del tutto di mano ai poliziotti: li si vede trascinare fuori dalle celle i detenuti, colpirli a manganellate, a calci, pugni, schiaffi e a testate e spingerli su e giù per le scale mentre i carcerati, inermi, tentano invano di ripararsi la testa con le mani. Una rappresaglia a sangue freddo per la quale la Procura di Santa Maria Capua Vetere contesta, tra gli altri, il reato di tortura.
 

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